Franco Sar
Franco Sar

Un anno fa ci lasciava uno dei giganti dell’Atletica Italiana, Franco Sar. Lo ricordiamo grazie alla testimonianza del poeta e scrittore (nonché ex Campione Italiano Allievi 1968 degli 80 piani): Angelo Cherchi.

È passato un anno dalla scomparsa di Franco Sar, ma la sua memoria rimane ben viva.

Non poteva essere altrimenti: Franco è stato uno degli ultimi personaggi che hanno contrappuntato il mondo dell’Atletica e dello Sport in generale suscitando sentimenti sempre più rari. Sino agli ultimi giorni Franco era amatissimo e rispettatissimo da tutti.

I tuoi primi ricordi di Franco?

Il mio è un libro di ricordi: parto da lontanissimo, perché il nostro è un legame quasi familiare. Il padre di Franco, Domenico, fu uno di quei pionieri del nord-est dell’Italia che fondarono la città di Arborea, dove Franco nacque. Arborea, allora Mussolinia, nacque sotto la spinta del Duce, che volle bonificare l’allora palude malarica, rendendola l’area più fertile della Sardegna.

Mio prozio fu un grandissimo amico di Domenico Sar e a loro devo l’intreccio della mia vita con quella di Franco. I primi ricordi personali di Franco sono legati a quando veniva a prendermi a casa con la sua Vespa per andare al campo sportivo Monteponi di Iglesias, dove lui si allenava: fu allora che conobbi il suo allenatore, Angelo Defraia, che divenne, negli anni successivi, anche il mio allenatore.

Successivamente alla sua partenza da Iglesias ci perdemmo un po’ di vista. Fu l’Atletica a riunirci: quando veniva in Sardegna, Franco era sempre molto attento e interessato ai miei allenamenti e alle mie prestazioni.

Ma il ricordo più forte è legato al 29 settembre 1968, quando divenni Campione Italiano Allievi negli 80 piani: all’arrivo, Franco mi abbracciò così forte che mi sollevò da terra. Volle accompagnarmi, per la partenza, alla stazione centrale, dove inviò un telegramma alla mia famiglia per raccontare la mia vittoria e complimentarsi.

Nelle settimane in cui Franco è scomparso, stavate lavorando a un progetto sportivo e culturale. Ce ne puoi parlare?

Devo fare una premessa. Anni fa, nel 2006, con Pietro Mennea, Gianfranco Dotta e Paolo De Angelis, decidemmo di impegnarci per promuovere lo Sport pulito. Con Gianfranco e Paolo abbiamo continuato a farlo, nel ricordo di Pietro, anche dopo la sua morte.

Franco condivideva idealmente il nostro impegno e nel 2017 abbiamo deciso di organizzare insieme un grande evento sul tema dello Sport pulito. Avevamo contattato grandi campioni di numerosi sport: da Sara Simeoni a Eddy Ottoz, Deborah Compagnoni, Franco Baresi, Javier Zanetti e tanti altri.

Franco è mancato a pochi giorni dalla realizzazione dell’evento che si sarebbe dovuto tenere all’Arena di Milano.

Che carriera fu quella di Franco?

Franco iniziò tardi con l’Atletica, attorno ai 19 anni. Aveva un fisico possente, ma al contempo, grazia nel gesto tecnico. Inizialmente fu seguito dal fratello Orlando, che gli insegnò alcuni rudimenti dello sport.

Successivamente, nel 1954, mio zio, che era capo-servizio presso la società mineraria Monteponi, lo convinse a trasferirsi a Iglesias, trovandogli un lavoro come operaio.

Allora la società mineraria Monteponi rappresentava la più importante industria estrattiva del comparto piombo/zincifero italiano ed europeo ed era quotata alla Borsa di Londra. Già dalla fine del XIX secolo, infatti, la presenza della società mineraria, aveva assunto un titolo fondamentale nel tessuto sociale iglesiente, sostenendo attività di tipo culturale e finanziando grandemente e, in maniera diretta, le attività sportive.

Franco iniziò così ad allenarsi al campo della Monteponi sotto la guida di Angelo Defraia, che fu il primo sardo a scendere sotto il muro degli 11 secondi nei 100 metri e forgiò numerosi atleti di livello nazionale. Il loro era un rapporto profondissimo di amicizia fraterna: condividevano uno stile e una signorilità di altri tempi.

Sotto la sua guida, Franco iniziò a preparare le prove multiple, arrivando a conquistare l’accesso alle Olimpiadi di Roma 1960, nelle quali si classificò sesto nel decathlon. Tale fu il successo a livello nazionale, che Franco, seppur a malincuore, lasciò la Sardegna per trasferirsi a Milano, con i colori della Pirelli.

Vestì poi la canotta della Snam, per poi fondare e consacrarsi con la Lilion Snia Varedo. A Milano conobbe e si allenò con uno dei più grandi allenatori che l’Italia abbia mai avuto, Sandro Calvesi. Franco entrò così in contatto con i più forti atleti italiani come Morali, Frinolli, Cornacchia ed Eddy Ottoz. Migliorò enormemente negli ostacoli e divenne un punto di riferimento in quel gruppo.

A Tokyo 1964 andò meno bene: c’erano tante aspettative su Franco, addirittura visto come uno dei favoriti; ma la sfortuna ci mise del suo perché si causò una frattura al piede che ne pregiudicò le prestazioni. Franco resse alla grande nella prima giornata di gare, per poi crollare alla seconda. Tuttavia guadagnò un onorevolissimo tredicesimo posto.

Dopo la vita di atleta, Franco si dedicò all’aspetto dirigenziale oltre che a quello tecnico.

Con la fondazione della Lilion, Franco ebbe modo di esprimersi ad altissimi livelli anche in queste nuove figure. Tra gli atleti più importanti della Lilion Snia di Varedo, ricordo: Sergio Bello, Claudio Trachelio, Angelo Sguazzero, Ennio Preatoni, Laura Fogli etc., sino ad arrivare, in tempi più recenti, a Marisa Masullo e altri.

Successivamente fondò, con successo, l’Atletica 2000 e poi l’ABC Progetto Azzurri. Questi esempi danno la cifra dell’importanza del suo contributo. Senza dimenticare il suo ruolo di Consigliere Anziano del CONI. Ma al di là degli incarichi formali, la cifra dell’uomo è data dall’affetto con cui Franco è ben ricordato da tutti e dal fatto che ovunque andasse a bussare trovava porte aperte: Franco era la signorilità dello sport.

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