Federica Del Buono

A oltre tre anni dall'ultima sua gara non vi è ancora nessuna certezza sul suo ritorno alle competizioni. Questa volta il titolo deve essere solo un nome e un cognome insieme a tutto l'affetto dei veri appassionati di Atletica.

Ho parlato ieri, delle decisioni in merito alle liste definite dal Consiglio Federale sugli atleti che faranno parte, per la stagione 2020, del progetto AEC: Atletica Elite Club.

Tra le atlete presenti l’anno scorso, non c’è più Federica Del Buono, a dire il vero inserita nel 2019 per una scelta tecnica, totalmente condivisibile visto il talento straordinario della ragazza, e questo mi da lo spunto per parlare di lei, cosa che purtroppo non sono mai riuscito a fare, sinora, vista la sua lunga assenza dalle gare.

Erano le 11,15 circa del 25 settembre del 2016, a Cinisello Balsamo, durante la finale oro degli 800 metri, ai campionati assoluti di società, e Federica correndo in un buon 2’03″45 giungeva seconda dietro l’italo-cubana Yus Santiusti Caballero, vincitrice con 2’02″63.

Il giorno prima, peraltro, l’atleta vicentina aveva dominato la gara dei 1500 metri, vincendo con estrema facilità ed ampio margine con il tempo di 4’12″06, molto buono visto che era di fatto l’ultima manifestazione della stagione. Un mese prima, a Cles, aveva corso la stessa distanza in 4’08″94, stabilendo il suo PB dell’anno.

Ricordo che i suoi primati sugli 800 metri 2’00″58 e sui 1500 metri 4’05″32, entrambi ottenuti nel 2014, rappresentano per ambo le distanze, la settima miglior prestazione italiana di sempre.

Da quel giorno di inizio autunno, però, di Federica si è sentito parlare poco, specie a livello agonistico dove mi risulta solo che venne annunciata, dal sito ufficiale della Fidal, la sua iscrizione, il 12 novembre sempre del 2016, a un cross di Gubbio dove poi non partecipò.

In realtà, anche prima del 2016, la carriera della Del Buono era stata spesso costellata da problemi fisici di vario genere e, a partire dal 2013, leggo di una frattura da stress al perone destro, un edema al metatarso, una tendinite al flessore dell’alluce (che ne aveva impedito la partecipazione ai mondiali di Pechino del 2015), una frattura al sesamoide, problemi alla tibia, un nuovo edema al perone fratturato ed altro, non sempre ben specificato.

Tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019, l’abbiamo vista sorridente e fiduciosa, a Roma, prima durante un’intervista al Colosseo per il lancio di una manifestazione su strada e poi, durante l’inaugurazione del campo sportivo intitolato al grande Paolo Rosi, all’Acqua Acetosa, dove dichiarava che si sarebbe allenata, avendo deciso di trasferirsi definitivamente a Roma, per proseguire la sua attività agonistica.

Come scritto all’inizio, il suo inserimento nelle liste AEC del 2019 lasciava, certamente, presagire che questo sarebbe stato l’anno del ritorno e invece, purtroppo, così non è stato e nelle nuove liste Federica non c’è più.

Non ho più trovato nulla, on line, su di lei, da febbraio e allora, guardando nel suo profilo Instagram ho visto dei filmati, postati da poco, l’ultimo il 25 ottobre, in cui l’atleta vicentina dei Carabinieri si allena sulla pista dell’Atletica Union Olmo Creazzo di Vicenza.

Da queste news si intuisce come l’esperimento romano non sia andato a buon fine ma, l’aspetto fondamentale, visto il buon ritmo su cui girava, è che i problemi fisici sembrano superati.

Non saprei cos’altro scrivere, per ora, ma era tanto che volevo farlo su di lei e mi piacerebbe molto poterla intervistare, se se la sentirà, per il nostro quotidiano on line.

Il nostro desiderio è quello di contribuire, anche solo in minimissima parte, nel dare a ogni atleta un piccolo stimolo in più per non mollare mai e, per questo, diciamo a Federica che le siamo veramente vicini e che non vediamo l’ora di vederla nuovamente gareggiare.

La sua gara più bella

Sotto il video della della finale dei Campionati Europei assoluti indoor di Praga del 2015, dove ottenne uno straordinario bronzo per l’Italia, nei 1500 metri, con 4’11″61, in una gara dove, per la cronaca, la vincitrice fu una certa Sifan Hassan, tanto per far capire che non fu certo una medaglia di poco conto.

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