Era da 32 anni, dal lontano 1987 ai campionati del mondo di Roma, che non si vedeva un italiano in finale, nei 100 metri di una rassegna iridata, secondo in ben 17 edizioni.
Dopo la giornata in chiaroscuro nelle batterie, con un tempo di 10″20 che aveva lasciato un po’ di amaro in bocca, oggi il nostro Filippo si è riscattato con una bella semifinale, dove nonostante il tempo di reazione superiore alla batteria, grazie ad uno dei suoi splendidi lanciati, ha conquistato una storica finale piazzandosi al terzo posto di una gara di altissima qualità.
Determinazione e grinta sono stati più forti di tutto e tutti.. tutti quei tecnici (veri o presunti) e commentatori illuminati che si erano lanciati negli ultimi tempi in disamine tecniche per analizzare il perché di questa o quella prestazione, quasi fosse obbligatorio trovare un neo, quasi fosse obbligatorio fare il PB ad ogni gara..
Nella finale di stasera, con nomi stratosferici, l’orgoglio di avere un italiano in gara, a dimostrazione che il lavoro di Filippo e papà Salvino è più forte di ogni cosa e che la concentrazione ed il focus sull’obiettivo portano sempre al successo.
Unico bianco in finale, tra i primi otto al mondo, senza alcun timore reverenziale tra veri mostri sacri della velocità, Brown, Gatlin, Blake, Coleman, Hughes, Simbine, De Grasse, ha saputo interpretare al meglio la SUA finale, con un fantastico 10”07 (0.158 la reazione allo sparo) che lo consacra nell’Olimpo della velocità mondiale.
Ecco qual’è il condensato, la summa, la morale che tutto ciò deve insegnarci: testa bassa e lavorare, duramente, senza ascoltare nessuno se non i segnali del corpo e del cronometro.
Spesso, troppo spesso, l’atletica italiana è pervasa da una distruttiva, oltremodo invasiva, autocritica che porta a farsi del male da soli e, soprattutto, non porta a medaglia.. forse più che parlare bisognerebbe correre.. le chiacchiere da bar le lasciamo ad altri..