Elena Vallortigara (foto archivio)
Elena Vallortigara (foto archivio)

Elena Vallortigara è la seconda italiana di sempre, con 2,02 metri, in una specialità dell’Atletica, il salto in alto, resa particolarmente celebre dai fasti della pluricelebrata Sara Simeoni, prima azzurra della storia ad essere riuscita a superare la barriera dei 2 metri.

Elena ha superato la mitica Sara e si trova davanti, nelle graduatorie assolute, solo Antonietta Di Martino capace di arrivare a 2,03 metri, il 24 giugno 2007 all’Arena di Milano e, addirittura, a 2,04, in una meeting indoor a Banská Bystrica il 9 febbraio 2011.

Atleta dotata di piedi straordinari, dopo una buonissima fase giovanile che l’aveva portata a due podi mondiali, sia da allieva che da juniores, si era leggermente persa intorno ai 20 anni per poi ritrovarsi, alla grande, quando in molti l’avevano ormai relegata tra le tante promesse mancate della nostra Atletica.

L’idea che mi ero fatto di lei era di una persona di poche parole, e invece posso dire che ho passato un’ora con lei al telefono in cui mi ha raccontato tantissime cose, senza che io dovessi farle troppe domande.

Ciao Elena, grazie veramente per la disponibilità immediata che mi hai riservato e vorrei fare anche un sentito ringraziamento al Gruppo Sportivo dei Carabinieri, di cui fai parte, che mi ha concesso in tempi velocissimi l’autorizzazione a intervistarti.
La prima cosa che mi preme chiederti, innanzitutto, è cosa ci sia di vero su una notizia che, da tifoso, mi ha preoccupato e stupito, vale a dire che pensi di smettere dopo le Olimpiadi di Tokio del 2021?

Permettimi, innanzitutto, di ringraziare anche io il Corpo Sportivo dell’Arma dei Carabinieri di cui mi onoro far parte.

Sul mio ritiro, dopo le Olimpiadi, in realtà è una falsa notizia, semplicemente una mia frase di un’intervista rilasciata a un giornale di Vicenza, che è stata mal utilizzata per fare un titolo che richiamasse attenzione.

Ci si riferiva a quanto da me detto, un paio di anni fa, dopo il 2,02 di Londra, allorché feci una riflessione sul fatto che, magari, dopo Tokio avrei potuto anche pensare di modificare un po’ la mia vita da atleta, in proiezione di quanto vorrò fare dopo.

In realtà sto molto bene, sono motivata e voglio raggiungere traguardi importanti nelle grandi manifestazioni, obiettivo che, sinora, per un motivo o per un altro non ho raggiunto.

La tua carriera, in effetti, dopo l’ottima fase giovanile, è stata un po’ avara di maglie azzurre, in particolare dal 2011 al 2018.
Dopo l’ottimo 2010 in cui avevi fatto il tuo personale di 1,91, proprio nella prima manifestazione assoluta a cui avevi partecipato, il DecaNation, dalla primavera del 2011 sono cominciati un sacco di problemi con, associati, una serie di peregrinaggi in giro per l’Italia. Cosa è successo realmente?

Il 2011 era iniziato molto bene, con un paio di buone prestazioni in competizioni indoor, tra cui un 1,90 a Padova.

Poi è successo di tutto e sono entrata in una spirale di problemi di vario genere, fisici, tecnici e psicologici, laddove non riuscivo più a capire quale fosse realmente preminente rispetto agli altri.

Sono stati oltre 5 anni che mi sono passati via, come in un lampo, ma di cose ne sono indubbiamente successe.

Tra l’altro in quegli anni hai cambiato vari allenatori e avuto ben tre diverse destinazioni di allenamento dove, di fatto, hai vissuto: Modena, Rieti e infine Rimini.

I grossi problemi sono cominciati, appunto, nella primavera del 2011, quando mi sono procurata una serie di distorsioni al piede che, alla fine, mi hanno costretta a farmi operare, con la conseguenza di aver totalmente perso la stagione estiva.

Al rientro ho pensato fosse opportuno cambiare aria, sperimentare nuove tecniche di allenamento e mi sono trasferita a Modena, ritrovandomi di fatto, per la prima volta nella vita, lontano dalla mia famiglia e dalla mia città: Schio.

Avevo da poco compiuto 21 anni ed ero troppo radicata alle mie origini. La mia testa non ha reagito positivamente e, di conseguenza, anche il mio fisico, con la conseguenza che dopo 1 anno e mezzo, altri continui problemi fisici e ben poche gare fatte, sono tornata a casa.

Quasi subito, però, sei ripartita per approdare prima a Rieti e, qualche tempo dopo, a Rimini.

Sarebbe troppo lungo, ovviamente, raccontare tutto quanto successo in quegli anni che, realmente, sono volati senza che riuscissi bene a capire cosa mi stesse succedendo.

La realtà è che, però, non riuscivo proprio a trovare una mia stabilità interiore che mi desse le giuste motivazioni e, al minimo contrattempo, mi abbattevo per poi cercare di risollevarmi cercando situazioni diverse.

In tutto questo ben poche gare, ma una misura minima che ogni anno saltavi sempre, tra l’1,84 e l’1,86.

Si, ero spesso infortunata, in quegli anni, ma poi mi bastava allenarmi con una minima continuità e riuscivo a imbastire quel briciolo di condizione che mi consentiva, almeno una volta all’anno, di fare misure accettabili come quelle.

Diciamo che questo mi ha sempre consentito di andare avanti, anche nei momenti più bui, perché avevo la consapevolezza delle mie potenzialità da poter esprimere.

Poi però non ti è più bastato e stavi per mollare. E’ noto che l’incontro che ha cambiato la storia atletica della tua vita è stato quello con Stefano Giardi. Prima di lui avevi cambiato molti allenatori, cosa ti ha fatto capire che fosse quello giusto?

Ho conosciuto Stefano a metà circa del 2016 e, in effetti, era un brutto periodo. Avendo avuto tecnici di ambo i sessi ero molto indecisa, perché avevo capito che delle volte per una donna non è semplice farsi allenare da un uomo.

Mentre per le altre mie esperienze lontano da casa mi ero subito trasferita, armi e bagagli, anche dietro suo consiglio abbiamo concordato che facessi una prova di circa un mese, senza trasferire subito la residenza, per capire come mi trovassi a Siena.

Ovviamente l’esperimento è andato benissimo e, al di là della bellezza incredibile della città, che mi piace particolarmente, ho ben presto compreso quanto Stefano fosse una persona straordinaria, dotato di quella sensibilità e trasparenza per me essenziale.

Ci sono dei particolari, che fanno la differenza, difficili da spiegare ma, certamente, per le mie esigenze di atleta Stefano si è rivelato subito perfetto.

Ormai sono circa 4 anni che vivi a Siena. Non ti manca più Schio?

Assolutamente si. Schio è la mia vita, la mia famiglia, la mia infanzia, la meraviglia delle montagne che guardavo quando, svegliandomi, mi affacciavo alla finestra.

Però Siena è un’altra cittadina a dimensione umana e, al di là delle sue costruzioni che sono intrise di storia, mi piace molto la gente, ospitale ma estremamente discreta.

E il Palio sei andata a vederlo?

Il Palio è un’esperienza unica, inimmaginabile che, se solo raccontata, non può minimamente essere compresa. E’ incredibile l’atmosfera che si respira tra le contrade nei giorni precedenti, è fantastico lo spettacolo che si consuma nei due giorni dell’anno in cui si disputa.

Ho avuto l’opportunità di vederlo tre volte, da vari posizioni, tra cui in mezzo alla Piazza e da un balcone sovrastante. Ogni volta è stata un’emozione diversa, anche se la prima volta è stata la più indimenticabile.

Ti piacciono le tradizioni e mi sembra tu non sia molto social, vero?

In effetti è così. Capisco che ci siano delle esigenze dettate dal progresso, dalle nuove forme di comunicazione che impongono la presenza su determinati canali, diversi e alternativi a quelli di un tempo.

Diciamo che non comprendo il bisogno esasperato di chi, ogni giorno, debba postare qualcosa anche se, di fatto, non ha nulla di particolare da mostrare o dichiarare.

Insomma tu vivresti bene anche senza?

Ti faccio una confidenza. Mi piacerebbe molto tornare indietro nel tempo, anche solo di un paio di decenni, quando si usavano solo i telefoni fissi, magari con i gettoni.

Apprezzo la tecnologia per la comodità e i lati positivi che sicuramente ha ma, fosse meno presente, ci spingerebbe a pensare e ragionare di più senza affidarci subito al cellulare e altro, consentendoci anche, forse, di godere maggiormente quello che ci sta intorno.

Come tutto il troppo diventa controproducente e sta in ognuno di noi trovare un equilibrio.

Una bellissima visione romantica della vita che testimonia, se mai ce ne fosse bisogno, i grandi valori che hai dentro di te.
Ma tornando ai nostri tempi, forse troppo tecnologici, purtroppo funestati ora da questa tremenda epidemia, come ti senti adesso?

Molto bene direi, nei limiti del momento di lockdown totale appena passato in cui non ho potuto andare in pista, come tutti.

L’anno era iniziato in maniera soddisfacente, benché avessi avuto qualche piccolo problemino a una caviglia a Dicembre, ma i riscontri in allenamento erano molto buoni e infatti, per la prima volta nella vita, avevo anche saltato, una volta, 1,90.

Quindi aver superato 1,96 non ti ha stupito, benché si dicesse in giro che avevi qualche acciacco che, addirittura, sembrava ti avrebbe fatto rinunciare alla stagione indoor?

Sinceramente no. Io e Stefano avevamo programmato la stagione al coperto per ottenere il minimo Olimpico il prima possibile e poter poi proseguire, senza questa preoccupazione, il resto della preparazione.

Tutto è andato per il meglio, dopo l’infortunio iniziale, le sensazioni poi, in gara, sono state molto buone ma, purtroppo, è successo qual che nessuno avrebbe potuto immaginare.

Come l’hai presa quando hanno rinviato i giochi Olimpici?

Sarei bugiarda se non ti dicessi che ci sono rimasta malissimo e ci ho messo qualche giorno a riprendermi dalla grandissima delusione provata.

Chiaro che lo sport viene dopo la salute, ma dopo anni di sacrifici, cadute e rinascite, sarebbe stata la mia prima Olimpiade e contavo realmente i giorni che mancavano al suo inizio.

Purtroppo hanno cancellato anche gli Europei di Parigi e la stagione è totalmente da riscrivere. Che aspettative hai, a questo punto?

Nessuna. Se è vero che ho provato, a marzo, una grande delusione, è anche vero che mi sono subito ritrovata e ho ripreso, nei limiti imposti in certi periodi, a continuare la mia normale vita di atleta professionista, in attesa di avere delle informazioni certe.

Quando ci saranno, io e il mio allenatore ci confronteremo e decideremo cosa fare esattamente.

Facciamo un’ipotesi allora. Domani esce un comunicato ufficiale di una gara importante da fare al 30 Giugno. Saresti pronta per quella data?

Certamente, sto bene e non vedo l’ora di leggere una simile notizia.

Un’ultima domanda, riallacciandomi alla prima. Non hai nessuna intenzione di smettere dopo le Olimpiadi, ma stai certamente preparandoti per il tuo futuro.
Hai già una laurea triennale in Scienze e Tecniche Psicologiche e adesso stai facendo i due anni della magistrale di Psicologia Clinica e Dinamica. Da grande vuoi fare la psicologa?

Non lo so, non ho ancora ben deciso. Devo confessarti che ho scelto questa strada universitaria quasi per caso, in realtà io ho una passione per le lingue e dopo il liceo linguistico avrei voluto fare una facoltà più attinente.

Quello che sto facendo mi apre certamente più possibilità e quanto studio mi piace. Preferisco, però, non fare troppi programmi, per ora, ne devo fare già troppi per la mia attività agonistica.

Grazie Elena, veramente, e un arrivederci a presto, possibilmente vicino a una pedana del salto in alto.

Elena Vallortigara (foto archivio)
Elena Vallortigara (foto archivio)
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