Il trionfo dell’Atletica Italiana

L'inimmaginabile successo dei nostri atleti alle Olimpiadi

Si è concluso, con la maratona maschile corsa nella notte italiana, il ricchissimo programma olimpico dell’Atletica ed è già tempo di consuntivi che sono, a dir poco, stupefacenti per il numero straordinario di risultati ottenuti dai nostri e dalle nostre atlete.

Un’edizione da record, sotto tutti i punti di vista a cominciare dalle 5 fenomenali medaglie d’oro conquistate, e ricordiamo che l’ultima era stata vinta nei giochi di Pechino del 2008, ma anche per tutta una serie di piazzamenti e riscontri in termini di prestazioni che, il più ottimista dei tifosi, non avrebbe potuto immaginare a cominciare da noi che quotidianamente ci occupiamo di promuovere e raccontare questo meraviglioso sport.

Le cinque vittorie, di Gianmarco Tamberi nell’alto, Marcell Jacobs nei 100 metri, Massimo Stano e Antonella Palmisano nei 20km di marcia, e l’ultima della staffetta 4×100 maschile composta da Lorenzo Patta, Marcell Jacobs, Eseosa Desalu e Filippo Tortu, sono la punta dell’iceberg, in ogni caso, di tutto un movimento che da circa tre/quattro anni aveva cambiato decisamente passo e, oggi, possiamo orgogliosamente dire si è ripreso quel posto nel panorama mondiale che gli mancava da vari decenni.

In realtà, peraltro, mai la squadra azzurra dell’Atletica aveva registrato, nella storia dei giochi olimpici, un simile storico risultato, risultando addirittura alla fine delle 10 giornate di gare al terzo posto assoluto nel medagliere degli ori, alle spalle della solita corazzata statunitense e del Kenia che ci ha superati proprio nell’ultimo giorno, considerando poi che, prima di quest’anno, il massimo numero di successi ottenuti si erano registrati nelle edizioni del 1980 a Mosca e del 1984 a Los Angeles.

In quelle due occasioni furono tre gli ori per manifestazione (Maurizio Damilano, Pietro Mennea e Sara Simeoni nell’allora capitale dell’Unione Sovietica, Alberto Cova, Alessandro Andrei e Gabriella Dorio sotto il sole della California), ma va ben ricordato come vi fossero stati, in entrambe le circostanze, vari boicottaggi incrociati che avevano notevolmente ridotto i paesi partecipanti, per non parlare del fatto che, allora, l’Atletica non era certo così globalizzata e che la concorrenza era nettamente inferiore.

Tra l’altro, volendo citare qualche altro dato statistico, erano 37 anni che un’azzurra non vinceva un oro olimpico, Gabriella Dorio nei 1500 di Los Angeles 1984, per cui la vittoria di Antonella Palmisano assume dimensioni ancor più significative, anche perché è solo la quarta donna a vincere in 32 edizioni delle Olimpiadi Moderne, dal 1896, dopo la stessa Dorio, Sara Simeoni e Ondina Valla (1936).

Un’altra curiosità che ci deve inorgoglire, e che dimostra ancor di più, se mai ce ne fosse bisogno, di cosa è accaduto in questi 10 epici giorni, sta nel fatto che dal 1988 al 2016, vale a dire in 8 edizioni dei Giochi Olimpici dell’Atletica, erano state vinte meno medaglie d’oro (4 in tutto) di quelle vinte in questa unica leggendaria occasione.

E per chiudere gli infiniti motivi di esaltazione che derivano da queste giornate, non possiamo non ricordare che la metà dell’intero bottino di ori di tutta la spedizione azzurra alle Olimpiadi (5 vittorie su 10 totali) deriva proprio dall’Atletica.

Antonella Palmisano (foto Colombo/FIDAL)
Antonella Palmisano (foto Colombo/FIDAL)

10 azzurri o azzurre nei primi 8 posti

In fase di pronostico, prima dell’inizio di questi incredibili 10 giorni che hanno cambiato l’Atletica Italiana, avevamo ipotizzato per la spedizione azzurra la possibilità di portare una decina di nostri atleti nei primi otto posti delle loro gare, quelli che poi danno un punteggio finale, sperando in un massimo di due podi e siamo ovviamente molto felici di essere stati smentiti nettamente, nel senso che mai avremmo potuto immaginare che di questi 10, poi effettivamente ottenuti, la metà sarebbe stata rappresentata da una vittoria.

Ricordiamo, quindi, oltre alle 5 medaglie d’oro, anche il quinto posto di Zane Weir nel getto del peso, il settimo di Nadia Battocletti nei 5000 metri e della staffetta 4×400 maschile (con il quartetto composto da Davide Re, Vladimir Aceti, Edoardo Scotti e Alessandro Sibilio), l’ottavo di Filippo Randazzo nel salto in lungo e di Alessandro Sibilio nei 400 ostacoli.

Nadia Battocletti (foto Reuters / Phil Noble)
Nadia Battocletti (foto Reuters / Phil Noble)

11 primati italiani assoluti

Tanti i record nazionali realizzati in tale contesto, vale a dire nell’occasione più importante della vita agonistica di un atleta.

I tre di Marcell Jacobs nei 100 (9″94 in batteria, 9″84 in semifinale, e 9″80 in finale, gli ultimi due anche record europei), i due della staffetta 4×100 maschile (37″95 in batteria, 37″50 in finale), i due della staffetta 4×400 maschile (2’58″91 in batteria, 2’58″81 in finale), quello della staffetta 4×100 donne (42″84, con Irene Siragusa, Gloria Hooper, Anna Bongiorni e Vittoria Fontana), il 12″75 di Luminosa Bogliolo nei 100 ostacoli, il 63,66 di Daisy Osakue nel disco (eguagliato il limite di Agnese Maffeis), il 3’13″51 della staffetta 4×400 mista (con Edoardo Scotti, Alice Mangione, Rebecca Borga e Vladimir Aceti).

Poi, tre migliori prestazioni nazionali under 23, due delle quali ottenute da Nadia Battocletti nei 5000 metri (14’46″29 in finale, 14’55″83 in batteria) ed anche il 47″93 nei 400 ostacoli realizzato da Alessandro Sibilio.

Jacobs-Tamberi (foto Colombo/FIDAL)
Jacobs-Tamberi (foto Colombo/FIDAL)

Il messaggio per il futuro prossimo

Una spedizione trionfale, quindi, oltre ogni ulteriore considerazione di qualche risultato magari non all’altezza delle attese, ma solo un dettaglio perché poi tutti i 76 atleti volati in Giappone hanno dato sino all’ultima goccia di energia che avevano dentro, facendo si che l’Italia intera si innamorasse come non mai delle loro imprese.

L’entusiasmo, il diluvio social, le copertine dei giornali, gli ascolti fatti registrare in TV (il 37,8% con 5,5 milioni di telespettatori nelle due ore della domenica di Tamberi e Jacobs, con picco di quasi sette milioni e 46% durante i minuti del doppio oro; il 40,7% nei 16 minuti del successo della staffetta 4×100) rappresentano uno straordinario ulteriore successo, la certezza assoluta che da oggi per l’Atletica Italiana sarà tutta un’altra storia, e che tanti ragazzi e ragazze vorranno avvicinarsi a questo meraviglioso sport.

Jacobs-Desalu-Patta-Tortu (foto Colombo/FIDAL)
Jacobs-Desalu-Patta-Tortu (foto Colombo/FIDAL)

La maratona maschile

Parlando delle pochissime prestazioni che sono state leggermente inferiori alle attese non possiamo non citare quella di Eyob Faniel, il primatista italiano della maratona, che non è riuscito a fare la gara che si era prefissato nella prova finale dei giochi olimpici, i 42,195 chilometri corsi a Sapporo nella notte italiana.

La vittoria finale è andata a Eliud Kipchoge, il re di maratona, di nuovo campione olimpico dopo il titolo conquistato cinque anni fa a Rio de Janeiro, stavolta con il tempo di 2h08’38.

Il keniano primatista del mondo (2h01’39 a Berlino nel 2018), unico uomo sotto le due ore in maratona nell’esperimento di Vienna del 2019, si conferma il miglior interprete mondiale della specialità.

La lotta per le altre medaglie si risolve in una volata a tre: l’olandese Abdi Nageeye (argento, 2h09’58) e il belga Bashir Abdi (bronzo con 2h10’00) portano l’Europa sul podio e negano al Kenya la doppietta.

Per Eyob la ventesima posizione finale con il crono di 2h15’11, in una gara in cui l’azzurro non è riuscito sin da subito a trovare le giuste sensazioni, pur rimanendo per circa 27 km attaccato, nelle posizioni di retrovia, al gruppo di testa.

Poi sul primo attacco secco non è riuscito a tenere il ritmo ed è stato inesorabilmente staccato, cosa che era già accaduta agli altri due azzurri, almeno 10 chilometri prima,  con Yassine Rachik, poi ritiratosi intorno al 30esimo km, mentre ha finito 47esimo Yassine El Fathaoui con 2h19’44.

Eyob Faniel (foto correre.it)
Eyob Faniel (foto correre.it)

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