Alex Schwazer, salvo clamorosi, imprevedibili, futuri colpi di scena, ha chiuso oggi, definitivamente, la sua carriera da atleta professionista.
Il Tribunale Federale di Losanna ha, infatti, respinto la richiesta di annullamento della squalifica di otto anni comminata al marciatore per la sua positività al testosterone.
A quattro anni e cinque mesi dai fatti (correva il 1° gennaio 2016, giorno di un controllo antidoping a sorpresa) la vicenda giudiziario-sportiva del marciatore altoatesino sembra giunta alla fine.
La notizia è stata diramata oggi ma, in realtà, si riferisce a una sentenza dello scorso 17 marzo, in cui il Tribunale Federale di Losanna ha respinto la richiesta di annullamento della squalifica di otto anni, comminata al marciatore per la sua positività al testosterone, accertata nell’estate 2016, la seconda in carriera dopo quella all’Epo del 2012.
Questa sentenza arriva dopo quella che, nel dicembre 2019, aveva decretato la non accettazione della sospensione della pena da parte del Tribunale di Arbitrato Sportivo, sempre di Losanna, contro la cui decisione ci si poteva, appunto, appellare solo al Tribunale Federale che ha definitivamente respinto la richiesta, confermando la condanna di Schwazer.
Non sono state, dunque, accolte le tesi dei difensori del marciatore, secondo i quali negli ultimi mesi (grazie alle indagini della Procura di Bolzano) sarebbero emersi “fatti nuovi” tali da mettere in discussione quanto giudicato.
Le motivazioni dei giudici svizzeri, infatti, partono proprio dal concetto di “fatto nuovo” che va inteso come elemento di cui l’imputato, dopo la pronuncia della sentenza, viene a conoscenza e che costituisce un fatto rilevante, o una prova decisiva, che non si è potuta produrre nel procedimento precedente.
In tal senso, la documentazione acquisita a Bolzano, relativa alla tesi secondo cui il campione di urina che ha condotto alla squalifica sarebbe stato manipolato, non viene ritenuta elemento nuovo in quanto punto fondamentale su cui si era basata la difesa di Schwazer negli altri gradi di giudizio.
L’atleta bolzanino, poi, lamentava pure il fatto di non avere avuto il tempo di allestire la sua difesa in modo completo, avendo scelto di essere giudicato alla sezione speciale del Tas allestita ai Giochi Olimpici di Rio, con un procedimento istruttorio molto veloce.
Anche questo punto è stato, però, ritenuto non rilevante perché, secondo la visione dei giudici svizzeri, la difesa dell’atleta non spiega perché non avrebbe potuto chiedere ulteriori misure peritali, durante la procedura arbitrale davanti al Tas, al fine di provare la manipolazione.
In tal senso, sempre per il Tribunale Federale, la procedura di revisione non può essere utilizzata per ovviare posteriormente a eventuali limitazioni causate dalla procedura scelta dalle parti o ad ottenere una perizia effettuata da un ben preciso perito.
Certo, è ancora in corso il procedimento del Tribunale di Bolzano ma si basa, ormai, su una serie di complicate indagini scientifiche ed epidemiologiche in merito alla presunta manipolazione dei campioni di urina e, solamente il riconoscimento, con assoluta certezza, della presunta manipolazione, potrebbe dare una piccolissima ulteriore speranza, al momento realmente utopistica.
Si chiude qui, dunque, una vicenda che ha realmente diviso il mondo sportivo italiano con tanti colpevolisti ma altrettanti innocentisti, tra cui vari giornalisti, oltre naturalmente a normali tifosi.
Il mio personale pensiero è sempre quello che bisogna necessariamente attenersi ai fatti e che, forse, la linea difensiva scelta, da subito, sia stata troppo aggressiva, in una sorta di muro contro muro perché, scontrarsi con le istituzioni giudiziarie, non è certo semplice, specie con dei pregressi di carattere disciplinare.
Forse sarebbe stato meglio cercare delle altre strade, come la richiesta di una parziale riduzione della pena sulla base di una possibile alterazione delle provette per cause accidentali.
La teoria del dolo da parte delle istituzioni è, invece, troppo forte e se si voleva sostenere, laddove fosse stata vera, doveva basarsi su prove talmente schiaccianti e inconfutabili da non lasciare il minimo dubbio.
Alex Schwazer nel 2024 avrà 39 anni, Justin Gatlin l’anno prossimo pure e ha dichiarato che punta, come minimo, a un podio olimpico in una gara quale i 100 metri, dove gli atleti finiscono di dare il meglio non oltre i 33/34 anni.
Nelle gare di resistenza, invece, gli atleti sono molto più longevi e possono ottenere grandi prestazioni anche intorno ai 40 anni.
Credo che la miglior risposta di Alex potrebbe essere questa perché, se realmente fosse innocente, disputando le Olimpiadi del 2024 dimostrerebbe a tutto il mondo, la sua verità, nel più convincente dei modi.