Caster Semenya continua la sua battaglia

    Il Governo Sudafricano a sostegno totale della propria atleta

    Caster Semenya è una mezzofondista sudafricana specialista degli 800 metri, in cui ha vinto ben due Olimpiadi, 2012 e 2016, e tre titoli Mondiali, 2009, 2011 e 2017.

    Caster, all’inizio della sua carriera, è subito apparsa visivamente diversa dalle altre donne e, in tal senso, sono stati fatti esami accuratissimi che hanno, in sostanza, portato alla conclusione che la donna ha dei livelli di testosterone naturali totalmente fuori dalla media di qualsiasi soggetto di sesso femminile: iperandrogenismo femminile.

    In ogni caso, anche in seguito a varie lamentele legate al fatto che non ci fosse una pari opportunità per le atlete che correvano contro di lei, la IAAF (ora World Athletics) aveva introdotto, già nel 2011, una nuova normativa tendente a limitare lo strapotere della Semenya.

    Tale disposizione prevedeva che le atlete, con un valore superiore a 5 nanomoli di testosterone per litro di sangue, dovessero ridurlo facendo delle apposite cure ormonali, se avessero voluto gareggiare in competizioni dai 400 metri sino al miglio.

    In realtà, da allora ci sono stati vari ricorsi e sospensioni al punto che Semenya ha potuto vincere quanto sopra indicato sino al 2019 quando, il TAS (Tribunale Arbitrale dello Sport), ha definitivamente sancito la validità della disposizione, e tale decisione è stata confermata qualche mese dopo nell’ultimo appello possibile, inappellabile, dal Tribunale Federale Svizzero.

    Caster non potrà, dunque, mai più gareggiare dai 400 ai 1609 metri del miglio, se non si sottoporrà a delle cure, o addirittura a un intervento chirurgico, per ridurre i suoi livelli naturali di testosterone.

    Ciononostante l’atleta e i suoi avvocati non si vogliono arrendere e, subito dopo l’ultima inappellabile sentenza, hanno annunciato che avrebbero preparato un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

    A totale sostegno della Semenya, considerata un orgoglio nazionale sportivo del Sudafrica, è intervenuto adesso anche il Governo del suo Paese, che ha deciso di finanziare la costosa difesa per la preparazione di un adeguato ricorso.

    Secondo il quotidiano The South African, infatti, il Dipartimento per lo sport, le arti e la cultura del governo sudafricano ha promesso 12 milioni di rand sudafricani (circa 675.000 euro) e questo è stato, proprio in questi giorni, confermato dal Ministro per lo Sport.

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    Nathi Mthethwa, intervenendo ieri in Parlamento per rispondere a delle interrogazioni sulla questione, ha confermato l’impegno per finanziare gli sforzi di Semenya per cercare di presentarsi alle Olimpiadi per difendere il suo titolo olimpico sugli 800 metri, e ha evidenziato come anche DIRCO, un’organizzazione sudafricana molto attiva nell’ambito della difesa dei diritti umani, si stia impegnando a tutela dell’atleta.

    Alcune dichiarazioni di Nathi Mthethwa

    “La speranza che l’appello alla Corte europea dei diritti umani possa avere successo è ampiamente motivata anche dall’interesse del DIRCO e, come governo rinomato per la protezione e la promozione dei diritti umani, daremo ampio sostegno per tutelare la grande immagine sportiva della nostra atleta Caster Semenya”.

    Semenya sarà supportata da un team legale guidato dagli avvocati Norton Rose Fulbright, Gregory Nott e Patrick Bracher a Johannesburg, nonché da Christina Dargham a Parigi.

    Anche gli avvocati di Londra Schona Jolly e Claire McCann, e gli avvocati di Toronto James Bunting e Carlos Sayao fanno parte del team legale di Semenya.

    Le ultime dichiarazioni di Caster Semenya

    Spero che la Corte europea metta fine alle violazioni di lunga data dei diritti umani da parte di World Athletics contro le atlete.

    “Tutto ciò che chiediamo è di poter correre libere, una volta per tutte, come le donne forti e senza paura che siamo e siamo sempre state“.

    World Athletics ha costantemente affermato che le regole sono necessarie per garantire che le atlete possano partecipare in condizioni eque e paritarie e, sinceramente, con tutto il rispetto per l’ambito umano della persona e dell’atleta, riteniamo che tale disposizione avrebbe dovuto essere applicata, con fermezza, già della sua iniziale predisposizione, in quanto l’atleta sudafricana trae dalla sua incolpevole, ma indiscutibile, situazione biologica, un vantaggio che è assolutamente ingiusto nei confronti di tutte le altre atlete che, magari, si impegnano e si sacrificano anche meno di lei.

    Caster Semenya è certamente una donna, ma deve accettare le regole che la mettano nella condizione di competere, ad armi pari, con le sue avversarie oppure, in alternativa, se non se la sente di fare delle cure che possano essere, in qualche modo, invasive, può impegnarsi e puntare a correre una distanza diversa, quale i 200 metri dove lo scorso anno ha fatto 23″49, e dove potrebbe ottenere il minimo olimpico di 22″80.

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