Dallo scorso 6 agosto scorso si sono susseguite, in tutti i modi, le celebrazioni della straordinaria e inaspettata vittoria della staffetta azzurra 4×100 maschile alle Olimpiadi di Tokyo, ottenuta grazie alle straordinarie frazioni dei nostri 4 uomini d’oro, Lorenzo Patta, Marcell Jacobs, Fausto Desalu e Filippo Tortu che, negli ultimi giorni, sono stati oggetto di infinite attenzioni mediatiche.
Ma c’è un quinto uomo che è stato fondamentale nel successo di questa storica vittoria del quartetto azzurro, un successo ancora più forte in quanto di squadra, e stiamo parlando di Filippo Di Mulo, responsabile nazionale di tutte le staffette azzurre perché, in queste particolari gare, specie quelle più veloci del giro di pista, i cambi sono fondamentali e riuscire a farli nel migliore dei modi, passando il testimone in maniera rapida e perfetta, è un’arte difficile che solo pochi sanno insegnare nel migliore dei modi.
Di Mulo,in tal senso, è sempre stato considerato il Re dei cambi, quelli veloci intendiamo e, prima di venerdì scorso, la sua più grande soddisfazione da allenatore l’aveva avuta nel corso degli Europei di Barcellona 2010 quando, il quartetto maschile della 4×100 da lui gestito aveva sfiorato una clamorosa affermazione, perdendo l’oro negli ultimi metri a favore della favoritissima Francia, ma realizzando un record italiano di 38″17 che ha avuto ben 9 anni di vita ed è stato battuto solo a Doha 2019, in semifinale, da una squadra che aveva in pista sia Tortu che Jacobs, ma non gli altri due eroi di Tokyo.
L’uomo dietro alla staffetta dei sogni è un professore mite, misurato, un catanese orgoglioso, un perfezionista, l’esaltazione stessa dello studio, del lavoro e del metodo.
Nato a Catania il 6 gennaio 1960, ha sempre vissuto nel mondo dell’Atletica, in particolare della velocità in pista, essendo stato un buon velocista da atleta agonista ma, in realtà, era anche appassionato di calcio, seconda sua grande passione sportiva, a cui però a un certo momento ha rinunciato per dedicarsi totalmente alla Regina degli Sport olimpici.
In ogni caso la sua personale carriera agonistica non ha mai avuto degli acuti a livello nazionale assoluto e si è interrotta nel 1992, ma nel frattempo si era diplomato
all’Isef nel 1982 e poi laureato in Scienze Motorie presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Tor Vergata, diventando a tutti gli effetti allenatore dal 1989.
Dagli Anni Novanta crea una scuola di velocisti a Catania che, nel tempo, riesce a far emergere atleti di un certo valore quali su tutti Francesco Scuderi prima e, successivamente, Emanuele Di Gregorio uno dei 4 staffettisti della staffetta d’argento degli Europei di Barcellona 2010 insieme a Simone Collio, Roberto Donati e Maurizio Checcucci.
Dopo alcuni anni, dal 2012 al 2016 in cui si è dedicato solo alla sua scuola di Atletica, nel 2017 è tornato nella Direzione Tecnica della FIDAL fortemente voluto dal Presidente Alfio Giomi.
Da allora è stato creato un progetto specifico per le staffette fatto di raduni costanti, almeno 7/8 all’anno, in cui è nato innanzitutto il necessario spirito di squadra e poi, soprattutto, si sono perfezionati sempre di più i meccanismi dei cambi nelle prove veloci.
Vogliamo, tra l’altro, ovviamente evidenziare anche l’ottimo risultato di tutte le 5 staffette presenti a Tokyo che, per il solo fatto di essersi qualificate, avevano già raggiunto un soddisfacente traguardo ma poi, in particolare, grande è stata la prestazione delle ragazze della 4×100 che, pur eliminate in semifinale, hanno battuto ancora una volta il record italiano, e ancor meglio hanno fatto gli azzurri della 4×400 maschile, che hanno raggiunto la finale battendo un record vecchio di oltre 35 anni.
Ma riviviamo, attraverso il racconto del Prof. Di Mulo, così viene chiamato dai suoi ragazzi e dalle sue ragazze, i giorni e le ore del trionfale oro della 4×100 maschile.
“Prima della batteria ho chiesto ai ragazzi di avere fiducia nei compagni. Quando infondi certezze nei tuoi uomini, quando li convinci che tutto andrà bene, che i cambi riusciranno, è tutto più semplice per loro poi, dopo la batteria, mi sono detto che era l’occasione della vita: con un quartetto nuovo, con il quasi debuttante Patta in prima frazione, con cambi sicuri, avevamo già battuto una barriera storica, quella dei 38 secondi (37″95, ndr). A quel punto devi ballare.
“Dopo la delusione dei 100 metri Filippo Tortu era a pezzi, non voleva più correre, la testa vagava. Gli sono stato vicino, in quelle ore difficili. Messaggi continui. Con lui, con il coach Salvino. Gli ho ricordato che è un grandissimo atleta, un talento enorme. E che il suo contributo era essenziale per la staffetta.
Gli sarebbe servita per mettere da parte quell’amarezza. È la colonna del gruppo dal 2017, sempre presente, sempre disponibile, e non poteva fermarsi proprio ora: era il momento di raccogliere tanti sacrifici. Alla fine si è convinto. ‘Prof, ci sono. Più carico che mai’ mi ha detto.
Sì, due giornate interminabili. Abbiamo lavorato sulla testa, più che sulla tecnica. Tranquillità, consapevolezza, focalizzarsi sull’obiettivo. Giorgio Frinolli in questo mi ha aiutato tanto. Si è presentato al campo un vero gruppo, non un quartetto di singoli. In riscaldamento tutte le altre nazioni volevano intimidirci, provavano mille volte i cambi. In mezzo a tutti quei muscoli, Patta sembrava un cadetto alle prime armi. Noi li abbiamo provati una sola volta, un cambio a testa. Sapevamo già cosa fare.
In batteria si era scelto di usare una relativa cautela, di non forzare nulla. In finale però ho dovuto alzare l’asticella, era l’unico modo per vincere. Parlo del cambio tra Jacobs e Desalu. Sulla base di tutti gli studi e le analisi fatte, ho deciso di far arretrare il ‘segno’ (il riferimento per la partenza del frazionista che riceve il testimone, ndr) dai 29 passi e mezzo della batteria ai 35 passi della finale.
Era il modo per sfruttare il più possibile la frazione di Jacobs, facendolo correre più a lungo, e per far sì che Desalu, partendo prima, avesse una velocità più alta al momento della ricezione del testimone. Ma era rischiosissimo, perché con un segno così indietro, con una partenza di Desalu così anticipata, il passaggio del bastoncino sarebbe avvenuto soltanto ai 25 metri (sui trenta disponibili della zona cambio), quindi al limite, a differenza dei 18-20 metri della batteria.
Fortunatamente è riuscito. E soltanto lì abbiamo guadagnato 17 centesimi, perché in finale, in quei trenta metri, il testimone ha viaggiato in 2 secondi e 71 rispetto ai 2.88 della batteria.
Patta era una mia scommessa e sono felice di averla vinta Dopo il 10.13 di Savona, a fine maggio l’abbiamo portato agli Europei a squadre e si è comportato bene. Da quella esperienza è uscito lievemente infortunato, ha saltato tutti i campionati italiani, poteva preparare gli Europei U23 ma ho chiamato il suo allenatore Garau e gli ho detto che lo avrei portato alle Olimpiadi, se si fossero fatti trovare pronti.
Serio, determinato, parla poco ma capisce tanto. È sembrato un atleta navigato. Ai blocchi di partenza contro il mondo non ha fatto una grinza. ‘Fai arrivare il testimone a Marcell’, è l’unica cosa che gli ho detto. Quel cambio lo avevamo provato in aprile al Paolo Rosi e poi nel raduno pre-olimpico di Formia: era totalmente a digiuno di staffetta, ho investito tanto tempo con lui”. In quanto al campione olimpico dei 100 metri, Marcell Jacobs, la sfida era riuscire a fargli mantenere lucidità e concentrazione
Poteva essere scarico dopo l’oro dei 100, allora gli ho spiegato che poteva essere l’uomo della storia, tornare a casa con due medaglie d’oro come i miti Carl Lewis e Usain Bolt. In batteria non lo vedevo sereno, aveva degli acciacchi, doloretti dietro al ginocchio. L’ho tranquillizzato. È stato indispensabile.
Desalu è stato eccezionale come tutti. A lui ho detto che era l’unico in grado di raccordare Marcell e Filippo. Non c’è altro atleta in Italia. In batteria si è difeso bene e in finale ha sciolto le briglie. Sui 130 metri della curva ha pochi rivali al mondo. Va come un treno. Lo sognavo in terza frazione. Anche grazie a lui, Tortu ha preso maggiore sicurezza. E poi Filippo, con quella rimonta stupenda, è uscito vincente e galvanizzato”.