Silvia Stibilj e Alessandro Talotti

    Il ricordo del grande campione attraverso le parole della moglie

    La scomparsa di Alessandro Talotti, straordinario uomo in ogni manifestazione della sua vita, ha colpito profondamente tutti coloro che l’avevano conosciuto anche solo per un attimo, ma ovviamente anche tutti i suoi tifosi e le persone che conoscevano il suo dramma umano da cui erano state inevitabilmente coinvolte.

    Ho letto decine e decine di messaggi di cordoglio, in giro sui social, dove in tanti hanno cercato di esprimere il proprio dolore con un breve ma significativo ricordo ma, certamente, nulla più della testimonianza della moglie, Silvia Stibilj, può far capire la grandezza interiore di una persona che non sarà mai dimenticata e che dovrà, sempre, essere di insegnamento per tutto quello che ha fatto in ogni momento della sua vita.

    Ho letto oggi, un bellissimo articolo di Marco Bonarrigo su Corriere della Sera e, per quei pochissimi, spero, che l’abbiamo perso, voglio riproporre integralmente le parole di Silvia sul marito che, proprio pochi giorni fa, aveva sposato.

    “Alessandro aveva deciso di sospendere tutte le cure sperimentali tre settimane fa, rendendosi conto che l’asticella era ormai troppo alta per le sue condizioni fisiche. La sua è stata una scelta, non una resa.
    Se n’è andato a casa nostra, non in ospedale, se n’è andato senza soffrire e soprattutto senza rabbia, dopo aver affrontato la malattia con lo stesso spirito con cui gareggiava alle Olimpiadi. Ti alleni per vincere, sai che puoi perdere ma se hai lottato con tutte le tue forze devi soltanto accettare serenamente il risultato.
    Ci siamo conosciuti a una premiazione a Udine e Alessandro il giorno dopo ha cominciato a scrivermi dei messaggi. Il resto è arrivato velocemente: giovedì prossimo avremmo festeggiato i nostri primi tre anni assieme. All’inizio di febbraio del 2020 eravamo entrambi in ambulatorio per degli esami medici. Io scoprii di essere incinta di Elio, nostro figlio, lui di avere un tumore raro e già diffuso all’intestino.
    Mi tenne nascosta la cosa per mesi, si inventava piccoli malesseri allo stomaco causati allo stress e dal tanto lavoro. Spiegava che tutto si sarebbe risolto presto. Era il suo modo di proteggere la mia gravidanza. Faceva la chemio e poi andava a dormire a casa di sua madre perché io non mi accorgessi che stava male.
    La scusa era che non voleva rischiare di contagiarmi con il Covid che in quei giorni dilagava in tutta Italia. Mi ha detto la verità solo quando non poteva più nasconderla, quando io ormai avevo capito tutto vedendo come stava.
    Poi sono arrivati i lunghissimi ricoveri in ospedale, senza poter ricevere visite e a volte senza aver nemmeno la forza di parlare al telefono. Ha sofferto in solitudine per proteggermi: l’ho amato e lo amerò sempre anche per questo.
    Alessandro affrontava la malattia con lo spirito del saltatore, di chi sa che per andare oltre l’asticella bisogna curare ogni dettaglio, soprattutto sul piano mentale. Quando pattinavo avevo tre minuti per esibirmi, potevo sbagliare e correggermi e comunque venivo valutata da una giuria. L’Alessandro atleta non aveva questa possibilità, per lui la vita era fatta di tentativi di andare oltre l’ostacolo: o lo sorpassi o sei fuori. Invidiavo l’enorme lavoro mentale che aveva imparato a fare su se stesso per giocarsi una gara in un attimo, lo stesso che poi ha usato per gestire il dolore con grandissima dignità.
    Elio, nostro figlio, è nato lo scorso ottobre e Alessandro l’ha riempito di coccole fino all’ultimo momento mentre io ho fatto mille fotografie di loro due assieme. A nostro figlio racconterò chi era suo padre, non come atleta, perché quello potrà leggerlo nei ritagli di giornale o impararlo dai video, ma come promotore instancabile dello sport nelle scuole e tra i ragazzi del Friuli-Venezia Giulia che voleva strappare dai videogiochi e dal divano.
    Era dalla fine dei primi cicli di chemio che continuava a chiedermi di sposarlo ma ogni volta che lui stava un po’ meglio e tornava la speranza di guarire rimandavamo la data, immaginando una cerimonia serena con tanti amici e tanta musica. Abbiamo deciso di sposarci due settimane fa, nell’ultimo momento in cui era possibile farlo con lui cosciente, con rito civile e religioso qui a casa nostra. Alessandro quel giorno era felice come un bambino perché al nostro matrimonio teneva tantissimo. Non credo che possa esistere un’altra persona pura e leale come lui”.
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