Trento è stata per alcuni giorni la capitale del mondo sportivo con la quinta edizione del Festival dello Sport, evento di elevata importanza mediatica che, anche quest’anno, ha visto la presenza di tanti grandi campioni del presente e del passato di ogni disciplina sportiva, che si sono raccontati davanti al numeroso pubblico presente nel capoluogo trentino.
L’atletica ha avuto un ruolo di primo piano nell’edizione conclusa domenica scorsa con protagonisti giovani e meno giovani che si sono raccontati, a cominciare dal campione olimpico dei 100 metri Marcell Jacobs, presente nella giornata inaugurale, per proseguire con il leggendario saltatore in lungo, lo statunitense Bob Beamon, con la prima donna italiana capace di superare i 2 metri nell’alto, Sara Simeoni, con il campione europeo dei 10.000 metri a Monaco di Baviera, Yeman Crippa, e con altri due campioni a cinque cerchi del Giappone quali Massimo Stano per la marcia e Filippo Tortu per la staffetta 4×100.
Grande attenzione è stata riservata nella giornata conclusiva di domenica al velocista lombardo, di origini sarde, primo italiano ad abbattere il 22 giugno 2018 la barriera dei 10 secondi nei 100 metri, che nella stagione ormai conclusa si è dedicato più assiduamente ai 200 metri con un intenso lavoro ripagato dai grandi risultati realizzati nel corso dell’estate quando, ai Mondiali di Eugene, ha sfiorato per tre millesimi di secondo la finale battendo il personale con 20”10 in semifinale, per poi vincere il bronzo sempre sul mezzo giro di pista agli Europei di Monaco di Baviera con 20”27.
Ricordiamo che una medaglia sui 200 metri in pista agli Europei mancava all’Italia dall’oro di Pietro Mennea a Praga nel 1978.
Tortu ha parlato lungamente ai giornalisti, davanti al folto pubblico presente, facendo un consuntivo del suo 2022 ma con la testa già proiettata a quelli che saranno i suoi obiettivi per la prossima stagione, e naturalmente il discorso non è potuto non tornare anche sulla sua vittoria olimpica nella staffetta 4×100 a Tokyo, che ha voluto mimare con il celebre tuffo che ha regalato all’Italia l’oro a cinque cerchi e il record italiano con 37”50.
A seguire tutte le sue principali dichiarazioni e quelle degli altri grandi atleti presenti che abbiamo citato sopra.
“La vittoria alle Olimpiadi è stata talmente bella che ancora non ci credo. Nessuno di noi quattro ci credeva. Ogni volta che ripenso a quella vittoria mi emoziono perché ripenso a cosa significhi lo spirito olimpico. Ho pianto tanto per quello che ha sempre rappresentato per me l’Olimpiade.
Fin da quando ho iniziato a fare atletica all’età di sei anni, ho sempre desiderato di poter correre in uno stadio olimpico a giocarmi una medaglia. Quando mi chiedevano alle elementari cosa volevo fare da grande scrivevo che il mio sogno era vincere una medaglia alle Olimpiadi. Ho pianto tanto dopo quella vittoria ed ero stupito perché non sono uno che si commuove normalmente e ho scoperto un aspetto del mio carattere che non pensavo di avere.
Mi sono sempre tuffato e spesso mi hanno preso in giro ma ho ribadito agli altri tre ragazzi della staffetta che, se a Tokyo non mi fossi tuffato sulla linea del traguardo, forse non saremmo campioni olimpici. Quel tuffo è il mio modo di intendere l’atletica e sono stato ripagato. Nell’atletica ogni millesimo è fondamentale.
A Madrid sono sceso sotto i 10 secondi per un centesimo. A Doha sono entrato nella finale dei Mondiali per un millesimo di secondo. Eugene non sono entrato in finale per tre millesimi e forse avrei potuto tuffarmi meglio. Questa è l’essenza di come io concepisco l’atletica. L’anno scorso è andato tutto troppo bene con la staffetta.
Quest’anno tutto nel verso sbagliato, ma è arrivata la soddisfazione per il bronzo agli Europei di Monaco, una distanza per me nuova. Ho preso l’eliminazione della staffetta ai Mondiali e agli Europei molto male. Volevamo dimostrare che la vittoria alle Olimpiadi non è stata frutto del caso. A Tokyo non eravamo una squadra da medaglia mettendo insieme i singoli tempi ma siamo riusciti a vincere perché abbiamo fatto un grande lavoro provando e riprovando i cambi. Abbiamo creato una base solida già qualche anno prima.
Questo significa che la nostra forza è il gruppo e non i singoli. Nulla è il frutto del caso. Alle Olimpiadi ho imparato che vittorie e sconfitte vanno trattate allo stesso modo. A Tokyo sono passato in cinque giorni dalla grande delusione per la prova individuale alla gioia più grande. Anche la staffetta sta facendo la stessa cosa. Ci siamo parlati dopo Eugene e Monaco.
Dobbiamo archiviare la delusione e continuare a lavorare. Sono convinto che siamo sulla strada giusta. Quest’anno sono entrati alcuni ragazzi giovani e questo sembra strano perché mi sembra ormai di essere uno dei veterani del gruppo. C’è un ricambio generazionale. La velocità italiana non è mai stata così competitiva e questo significa che il movimento della velocità azzurra è cresciuto molto. Nei prossimi anni avremo una staffetta competitiva in tutte le manifestazioni. Tanti ragazzi vogliono trovare il loro spazio.
Erano anni che provavo a preparare i 200 metri, ma per un problema fisico o l’altro non riuscivo. Avevo sempre qualche problema fisico a metà stagione. L’anno scorso ho deciso di correre due gare di 200 metri per provare a qualificarmi per i Mondiali di Eugene su questa distanza senza una preparazione specifica.
Mi sono tolto il peso del minimo in questa stagione e mi sono concentrato sulla preparazione. Mi aspettavo di andare anche più veloce ma i 200 metri vanno costruiti gara per gara. Dopo l’esordio che non sembrava molto incoraggiante ero sicuro che avrei corso il mio miglior 200 metri della stagione nel momento clou della stagione.
Ero abbastanza soddisfatto però qualche ora dopo la gara ho capito che dovevo essere felice di questa medaglia. Sono orgoglioso di essermi giocato una finale mondiale al primo anno in cui preparavo i 200 metri. Non era mai successo ai Mondiali che con 20”10 si rimanesse fuori da una finale iridata. Mi fa piacere che mi ricordino che sono il primo escluso dalla finale più veloce di sempre.
Questo non toglie che vorrei ricorrere quella finale e non vedo l’ora degli Europei di Roma del 2024, dove voglio vincere la medaglia d’oro sui 200 metri. L’obiettivo per l’anno prossimo è preparare bene sia i 100 sia i 200 metri. Nel 2023 punterò sui Mondiali di Budapest ma il mio vero obiettivo è puntato sugli Europei di Roma e sulle Olimpiadi di Parigi”.
Bob Beamon incontra Andrew Howe
Non solo campioni di oggi, ma anche una leggenda del passato come Bob Beamon, che vinse l’oro nel salto in lungo alle Olimpiadi di Città del Messico 1968 con la sensazionale misura di 8.90m, rimasta record mondiale per 23 anni fino al salto da 8.95m di Mike Powell in occasione della sfida con Carl Lewis ai Mondiali di Tokyo 1991.
L’atleta, nato a South Jamaica nel quartiere del Queens a New York, è stato accompagnato a Trento dalla moglie Rhonda conosciuta ai tempi del liceo.
Le parole di Beamon: “Non mi resi subito conto di quello che avevo fatto. Ci volle un po’ di tempo per capirne la portata. Ricordo che dovettero uscire dallo stadio per trovare una fettuccia metrica che fosse sufficiente per misurarlo. Sono contento di essere entrato nel vocabolario con la parola “beamonesco”, che significa un’impresa oltre i limiti”.
Beamon ha raccontato alcuni aspetti extra sportivi meno conosciuti della sua vita, come la sua profonda passione per la musica.
“Raccolgo dischi in vinile fin dagli Anni 50. Ne posseggo oltre 7000. I brani che più mi coinvolgono sono It’s a mad world interpretato da James Brown e Luciano Pavarotti e Human Nature di Michael Jackson”.
In sala era presente anche Andrew Howe, che ha confermato di voler provare a tornare in pedana per un’altra stagione.
Andrew Howe: “Ho avuto momenti bui ma non smetto. Vado avanti. Ho cambiato modo di pensare. C’è gente che ha fatto la metà di me ed è contenta. Devo essere fiero di quello che ho fatto”.
Beamon ha incoraggiato Howe a provarci ancora: “La mente è importante. A volte ti rende insicuro. Forse non sei forte come pensi, ma bisogna reagire. L’importante è amare quello che si fa. E’ bello che tu riprenda a saltare, Andrew”.
Sara Simeoni
La campionessa olimpica di salto in alto di Mosca 1980 Sara Simeoni ha ripercorso i momenti più importanti della sua lunga e straordinaria carriera e, certamente, uno dei ricordi più belli legati alla grande campionessa veneta è il doppio record del mondo a 2.01m a Brescia e agli Europei di Praga nel 1978, suo anno magico.
Le parole di Simeoni: “Il 1978 è stato il mio anno clou. Ho fatto due volte il record del mondo. Ho capito solo quando ho smesso la portata di quel salto da 2.01m. Quel record non ha cambiato me, ma le persone che mi stavano intorno.
Mosca è stata una bella esperienza per l’oro, ma la medaglia a cui sono più legata è l’argento di Los Angeles 1984. Avevo problemi ai tendini. Mi sentii una miracolata. Fu una sorta di viaggio premio. Volevo qualificarmi per la finale. Non so cosa sia successo. Qualche giorno prima mi si era gonfiato il ginocchio. Non riuscivo a camminare. Se mi avessero detto che avrei vinto l’argento non ci avrei creduto”.
Yeman Crippa
Un altro incontro molto apprezzato dal pubblico trentino è stato quello con Yeman Crippa, oro europeo dei 10000 metri a Monaco di Baviera oltre che bronzo sui 5.000, che è un atleta di casa e quindi ancor più amato.
Yeman è arrivato piccolo in Trentino da figlio adottato dei coniugi Roberto e Luisa Crippa e ha trovato la sua casa proprio a Trento.
Le parole di Crippa: “Arrivare in Trentino per me è stato come trovarmi in Paradiso. Il Trentino è il posto per praticare tutti gli sport. Ogni paesino ha una pista. Non mancano le palestre e le infrastrutture”.
Crippa ha ripercorso i momenti più importanti della stagione e ha parlato dei suoi obiettivi per la prossima stagione.
“Gli atleti che mi hanno battuto sui 5000m (Ingebrigtsen e Katir) erano di un altro livello, ma sono contento della mia medaglia di bronzo su questa distanza. Il terzo posto sui 5000m mi ha dato la carica e la consapevolezza per affrontare al meglio i 10000 metri. Sapevo che la distanza più lunga era alla mia portata. Per il 2023 l’obiettivo è debuttare in maratona ma non lascerò la pista”.
Yeman ha riscritto la storia dell’atletica italiana battendo i record italiani di Salvatore Antibo sui 5000 e sui 10000 metri.
Crippa: “Ogni tanto mi sento con Antibo al telefono o in videochiamata. Ho grande rispetto per i campioni del passato, anche se ogni tanto affiorano delle discussioni quando ricordano come ai loro tempi le scarpe e le piste fossero tecnologicamente meno avanzate di oggi. Cerco di riscrivere la storia del mezzofondo italiano. Spero tra trent’anni di applaudire i futuri campioni senza fare confronti con la mia epoca”.
Massimo Stano
Il marciatore pugliese, unica medaglia d’oro azzurra ai mondiali di Eugene nella 35 km, dopo quella olimpica sui 20 km di Sapporo in Giappone, ha raccontato dei suoi inizi nel mezzofondo prima di dedicarsi alla marcia per coprire un buco in questa specialità in un campionato di società.
Le parole di Stano: “Da bambino ho iniziato con il mezzofondo ma solo tra i 10 e i 12 anni, poi mi sono innamorato della marcia. Il mio idolo è sempre stato Ivano Brugnetti, che vinse le Olimpiadi ad Atene nell’Olimpo dello sport.
Questa vittoria mi è entrata nella testa. Volevo diventare come Ivano. Anche se ho vinto medaglie importanti, vedrò sempre Brugnetti come un importante punto di riferimento. Prima di ogni gara guardo le immagini della sua vittoria alle Olimpiadi come rito scaramantico”.
Massimo ha anche parlato della situazione difficile degli impianti sportivi nella sua regione.
“Purtroppo nella mia Puglia non ci sono strutture sportive all’altezza, come nel caso del Trentino. Nonostante la mia vittoria olimpica la politica non investe molto nello sport. Non sono riusciti a creare ancora un progetto per costruire una pista di atletica a Palo del Colle.
Una pista di atletica può portare via tanti ragazzi dalla strada e avvicina i ragazzi all’atletica che trasmette tanti valori. Vorrei avere una pista non certo per me ma per i giovani, che crescono nello sport arrivando anche ad alti livelli”.
Stano dedica il suo tempo agli studi di Scienze Politiche e ha superato un esame pochi giorni dopo la vittoria ai Mondiali di Eugene.
“Inizialmente ero uno di quegli atleti che pensava che sarebbe stato difficile conciliare lo sport di alto livello con gli studi. Ora mi sono ricreduto perché ho capito che studiare mi aiuta a spostare le attenzioni dalle pressioni dello sport.
Bisogna organizzare bene la giornata anche perché ho una famiglia e una figlia, ma è importante pensare al futuro quando non farò più l’atleta. Il mio obiettivo futuro è fare il poliziotto cinofilo. Ho finito il primo anno e sono alla pari con i corsi. Ho preparato l’esame di diritto prima di Eugene e al ritorno dagli Stati Uniti ho preso 30”.