Alessandro Talotti

Intervista in esclusiva con JJ che, nell'attesa della nascita del suo primo figlio, ci ha raccontato della sua salute, del suo passato e del suo futuro.

Alessandro Talotti, per gli amici e ormai per tutti JJ, è una di quelle persone che qualsiasi cosa faccia non si può non apprezzare, per la sua classe, la sua eleganza e la sua estrema signorilità nell’esprimere qualsiasi opinione.

Alessandro, che ha 40 anni compiuti il 7 ottobre scorso, è un ex saltatore in alto, con un personale di 2,32 indoor, che fu primato italiano assoluto per circa 8 anni, e 2,30 all’aperto.

La sua ottima carriera agonistica lo ha visto, tra l’altro, partecipare a due Olimpiadi, ma l’enorme passione per il suo sport e i protagonisti, come lui, l’ha anche portato ad essere eletto, ancora in attività, nel 2012, a consigliere della FIDAL come rappresentante degli atleti stessi.

Poi nel 2016 non si è ricandidato e, nel 2017, ha fatto gli ultimi salti dopo essersi congedato nel 2015 dal suo Gruppo Sportivo dei Carabinieri, per iniziare una professione nel mondo della massofisioterapia, specialità in cui si era laureato nel corso degli anni agonistici.

Ma l’impegno di Alessandro nel mondo dell’atletica e dello sport è sempre rimasto molto elevato, essendo diventato anche delegato provinciale CONI per la sua città Udine, ed essendo molto attivo nel’ambito della sua specialità più amata, il salto in alto, con la creazione e l’organizzazione di eventi dedicati molto importanti tra cui, su tutti, ricordiamo l’Udin Jump Development, che aveva visto, nell’edizione di questo inverno, la partecipazione quale testimonial addirittura del primatista del mondo Javier Sotomayor.

Purtroppo, proprio pochi giorni dopo questo riuscitissimo evento del 29 gennaio scorso, per Alessandro sono esplosi dei grossi problemi, a poco più di 39 anni e nel momento più bello che qualsiasi uomo possa provare, la scoperta della futura paternità.

Credo che quel che è successo sia ben noto a tutti ma, con grande gioia personale, ho potuto fare adesso con Alessandro una lunga chiacchierata di cui gli sono particolarmente grato.

Ciao Alessandro, a febbraio avremmo dovuto sentirci dopo il vostro bellissimo evento, ma poi non è stato possibile per cui ti sono particolarmente grato per la tua disponibilità. Come stai innanzitutto?

Ciao Ferdinando, grazie a te, anche io ci avrei tenuto molto a sentirti prima. Io mi sento abbastanza bene e sto continuando a curarmi con cicli continui di chemioterapia che durano ciascuno due/tre giorni, e che faccio a distanza di circa due settimane gli uni dagli altri.

Sinceramente, dopo averli fatti mi sento abbastanza a pezzi per una settimana, ma poi quella dopo sto molto meglio e riesco a fare sempre di più, tante cose come uscire, vedere gli amici, insomma riesco a ricaricarmi prima del ciclo seguente che, qualche volta, è capitato fosse anche dopo due settimane.

A metà gennaio ti avevo visto in un’intervista fatta da un quotidiano locale in cui raccontavi del tuo meeting e mi sembravi in condizioni normali. I problemi sono sopravvenuti, quindi, all’improvviso dopo?

In realtà no, era da dopo l’estate, verso ottobre, che avevo cominciato a sentirmi particolarmente stanco, poi una serie di sintomi di vario genere, gonfiore alla pancia, dolori localizzati, dormivo male, insomma mi sentivo un po’ sottosopra, ma sinceramente non credevo fosse nulla di particolare, salvo magari problemi legati a un po’ di stress e poi gli esami del sangue, di base, andavano bene.

Ho preso anche qualche medicinale per il gonfiore dell’intestino e tutto sembrava migliorato. Poi sono stato molto assorbito dalla preparazione dell’evento di fine gennaio e l’adrenalina che avevo in corpo ha forse nascosto tante cose.

Infatti, a inizio febbraio ho avuto come un crollo, ho fatto degli esami più approfonditi e la situazione si è subito mostrata molto delicata al punto che, dopo aver avuto un certo esito, i dottori mi hanno voluto tenere subito in ospedale, il Policlinico di Udine, per fare un’operazione che ho fatto ai primi di marzo.

Poi l’inizio dei cicli di terapia e una delle cose che ricordo con reale piacere è che, quando ho cominciato, il mio primo giorno, reduce dalla convalescenza post operazione, mi sentivo a pezzi veramente con lo stomaco sottosopra, ma una sola seduta di chemio mi aveva fatto stare meglio, anche se ovviamente dopo ho avuto delle reazioni negative di altro tipo.

Ad aprile, però, hai cominciato gradatamente ad uscire dal tunnel e tutti quelli che non facevano parte della tua ristretta cerchia, hanno scoperto quanto ti fosse successo dalla tua toccante lettera aperta a un giornale.
Ricordo, in particolare, di essere stato colpito dalla frase “riscoprire il piacere di bere liberamente un bicchiere d’acqua”. Come mai hai voluto fare questa lettera aperta?

A un certo punto, per i motivi che ben sai, sono come sparito e tanta gente che mi conosceva non ha più avuto notizie di me. Poiché avevo, comunque, poche forze e facevo anche fatica a parlare, non sarei mai riuscito a mettermi in contatto con tutti.

Ho pensato fosse giusto fare così e poi volevo anche dare un messaggio, in un momento così complicato per il paese, come quello del lockdown, che nella vita ci sono cose anche molto peggiori del dover rimanere chiusi in casa per motivi di sicurezza.

Tra qualche giorno nascerà il tuo bambino. E’ vero che hai saputo della sua esistenza proprio nel giorno in cui hai scoperto di essere malato?

Praticamente si, ed è stata una cosa terribile e stranissima però, perché da un lato c’era la grande preoccupazione per quel che mi stava capitando ma, dall’altra, anche l’enorme gioia per quella notizia e credimi, averlo saputo è stato per me un stimolo fuori dal comune che ha moltiplicato all’infinito le mie forze di reazione, e continua a farlo.

Tu sei stato un grande saltatore in alto e sei sempre molto legato al mondo dell’atletica. Ricordo che, ancora in attività, sei stato consigliere federale nel primo mandato Giomi dal 2012 al 2016. Come mai non ti sei ricandidato?

Tanti motivi, tra cui quello che per fare il consigliere che non può, dal mio punto di vista, essere considerato un lavoro, devi comunque dedicare tanto tempo per esprimerti al meglio e non sempre, per tanti motivi, è possibile. 

Per questo ho preferito non ricandidarmi, perché sentivo di non riuscire a dare quello che avrei voluto, ma sono rimasto in ottimi rapporti con tutti e ovviamente anche con il Presidente Giomi.

Ti faccio una confidenza, però, se stessi bene come prima e non avessi in programma ancora delle cure abbastanza lunghe, che non so quando finiranno, un pensierino a ricandidarmi per le prossime elezioni lo farei.

Sinceramente Alessandro sarebbe una cosa fantastica, l’atletica a mio avviso non può prescindere, a livello dirigenziale, da una persona come te, competente, misurata e strapiena di passione.
Tralasciando però gli aspetti dirigenziali, non hai mai pensato di allenare?

Sino a prima della malattia, sinceramente no, assorbito com’ero da tutte le mie attività, intendo quelle relative al mio lavoro di massofsioterapista, al mio insegnamento all’università di Gemona e a tutte le altre attività per il Coni e organizzative di eventi.

In questo periodo però sto facendo tante riflessioni, considerazioni, sino a qualche tempo fa pensavo solamente a stare meglio, ma adesso che le forze, gradatamente, stanno aumentando, comincia a subentrarmi qualche preoccupazione anche a livello professionale ed allora l’idea di poter allenare mi accarezza la mente, perché certo di cose ne potrei insegnare.

Pur con la competenza globale che hai per tutta l’atletica, credo che la tua passione più intrinseca tu la riserva sempre per il salto in alto e per i suoi protagonisti. Cosa pensi, al riguardo, del suo maggior rappresentante Tamberi?

Gianmarco è un grande talento, questo è ovvio. Quel che posso dirti, a sensazione, è che non lo vedo più felice come un tempo e che, dietro la sua naturale esuberanza, si nasconde sempre una certa agitazione interiore.

Credo che lui da ogni gara si aspetti sempre più di quel che poi ottiene e questo è un problema perché, poi, alla fine, quasi sempre appare deluso e inevitabilmente ciò si ripercuote sulla sua testa.

Diciamo che, purtroppo, è stato sfortunato nel 2016, quando certamente valeva, perennemente, misure che gli avrebbero potuto far vincere le Olimpiadi, ma adesso gli anni sono passati e deve cercare di accettare quel che ottiene, di volta in volta, con maggior serenità, perché poi il salto giusto può sempre arrivare ed anche nell’occasione più importante.

Parlando di Gimbo, mi viene in mente Alessia Trost che, peraltro, è di Pordenone, friulana come te. Pensi che possa tornare ad altissimi livelli?

Alessia è una carissima ragazza che considero un talento straordinario. A mio avviso, lei era impostata tecnicamente molto bene e, infatti, era arrivata a due metri ma poi, per varie ragioni, si è deciso di modificare delle cose con risultati non alla sua altezza.

Sicuramente, quindi, ha fatto bene a cambiare allenatore, ma quest’anno c’è stato il lockdown e poi, per ricambiare determinate tecniche, ci vuol del tempo ma sono convinto che il lavoro svolto in questa stagione le farà bene e che, l’anno prossimo, sia pronta per spiccare di nuovo il volo ed arrivare dove si merita.

Io credo, veramente, che possa ancora ampiamente superare l’asticella dei 2 metri.

C’è un’altra atleta delle tue parti che tu ben conosci, Desirée Rossit, che sembrava anche lei avviata verso i due metri, ma poi ha subito una brusca involuzione.

Desirée è certamente un altro bel talento a cui auguro ogni bene, ma forse le manca qualche volta quello spirito di sacrificio estremo indispensabile per un’atleta di massimo livello.

Questa è una sintesi delle tante cose che io e Alessandro ci siamo detti in circa due ore di chiacchierata, certamente la più lunga e la più emozionante di tutte quelle da me fatte per realizzare un’intervista.

Ci siamo lasciati con la promessa, da parte sua, di risentirci molto presto ed anche, appena possibile, di incontrarci.

Sicuramente, la prossima volta, la prima cosa che gli chiederò e che questa volta non ho fatto, sarà il perché tutti lo chiamano JJ, laddove certamente una J sarà quella di Jump (saltare), arte che lui sa esprimere in maniera perfetta.

Alessandro Talotti (foto Javier Soriano/Getty Images)
Alessandro Talotti (foto Javier Soriano/Getty Images)
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