Eyob Faniel

Intervista esclusiva all'atleta azzurro, vincitore il 31 dicembre, della BOclassic di Bolzano, 31 anni dopo Salvatore Antibo. La sua rincorsa verso il Giappone è già cominciata.

Lo ammetto, l’impresa del giorno di San Silvestro, nella BoClassic di Bolzano, da parte di Eyob Faniel, mi ha molto sorpreso ma, a dire il vero, non sono stato il solo, sentito anche il commento del telecronista.

Dell’atleta azzurro, nato in Eritrea ma residente in Italia dal 2004, si sa di fatto relativamente poco anche perché, pur avendo 27 anni, si è posto all’attenzione generale da circa un paio di anni e, in particolare, dal 22 ottobre 2017 quando vinse un importante maratona, come quella di Venezia, a 22 anni dall’ultimo successo azzurro, nel 1995, di Danilo Goffi.

E proprio un vittoria che mancava da tempo, 31 anni per la precisione, lo proietta verso un 2020, anno Olimpico, di cui potrebbe essere l’autentica sorpresa e confermare definitivamente il suo indiscutibile talento.

D’altra parte, Eyob è diventato un atleta professionista solo da metà del 2018 grazie all’arruolamento nel Gruppo Sportivo Fiamme Oro Padova e non si può certo dire che sia stata una scelta sbagliata.

Molto positivi i risultati ottenuti, da allora, tra cui cito l’argento nella mezza ai Giochi del Mediterraneo del 2018 di Tarragona, il 5° posto nella maratona degli Europei di Berlino, l’ottima prestazione cronometrica di 1:00’53 in una mezza del 2019 e il buon piazzamento, 15° posto, nella maratona dei mondiali di Doha.

Ma il capolavoro, l’altro giorno, il 31 dicembre, pur se non in una gara di primissimo piano, in cui ha dominato tutti i concorrenti tra cui, ricordo, l’etiope Telahun Haile Bekele (primatista mondiale stagionale dei 5000 metri) e il keniano Amos Kipruto (bronzo iridato in carica nella maratona).

Ma più di poche note valgono le sue dichiarazioni e sono felice di poterlo intervistare in esclusiva per SprintNews.it

Ciao Eyob ancora tantissimi complimenti per l’entusiasmante vittoria di Bolzano. Sinceramente, te l’aspettavi?

Grazie mille. Ti dico la verità, mi sentivo veramente bene. Pur essendo ancora in una fase di carico, quattro giorni prima della gara avevo fatto 33 chilometri in allenamento, ero reduce da un periodo in altura, sugli altopiani dell’Eritrea e già li avevo avuto ottime sensazioni.

Tra l’altro, vorrei sottolineare come il mio percorso agonistico, dopo gli Europei di Berlino del 2018, sia stato un po’ complicato, avendo avuto un problema di ernia che mi ha tenuto fermo circa 4 mesi e ha un po’ condizionato tutta la prima parte della stagione 2019.

Quindi, ho provato in gara sensazioni ideali che non avevo mai del tutto avuto nel corso dell’anno. Ho cercato di fare una gara di testa, dando anche qualche strappo ma, alla fine, sarei già stato contento del secondo posto, perché credevo che Bekele mi avrebbe battuto in volata.

Invece hai, finalmente, iscritto il nome di un italiano sull’albo d’oro della manifestazione, 31 anni dopo Antibo.

La stessa cosa era successa alla maratona di Venezia di fine 2017 quando, dopo 22 anni dall’ultimo successo italiano di Goffi, hai vinto. Come è cambiata la tua vita da allora?

Diciamo che dopo poco tempo, anche grazie a questo successo, sono stato arruolato nel Gruppo Sportivo della Polizia e, quindi, posso fare Atletica a tempo pieno.

Sono veramente grato a loro per tutto questo e, in particolare, vorrei citare il mio direttore tecnico Sergio Baldo che è stato uno dei primi ad abbracciarmi, l’altro giorno, a Bolzano.

Come è stato il tuo approccio a questo sport e quando hai capito che avresti potuto diventare un ottimo specialista delle distanze lunghe su strada?

Dopo che sono arrivato in Italia nel 2004, per qualche anno ho giocato a calcio ma poi ho avuto seri problemi a entrambe le caviglie e ho dovuto rinunciare. 

Verso i 17 anni sono stato inserito nella squadra di atletica della mia città di residenza, Bassano del Grappa, perché mancava un mezzofondista per fare la finale dei campionati di società allievi e ho coperto le distanze degli 800 e 1500 metri.

Poi, mi sono dedicato a tempo abbastanza pieno, tra il 2011 e il 2014, sempre a queste distanze, facendo 3/4 allenamenti a settimana ma senza avere grandi risultati cronometrici.

Quale è stata la svolta dunque?

E’ stato l’incontro, molto casuale, con Giancarlo Chittolini, tecnico di tanti talenti tra cui Alessandro Lambruschini, il quale, vedendo la mia corsa, ha capito che sarebbe stato opportuno dirottarmi su distanze più lunghe con il logico sbocco di arrivare a correre la maratona.

Oltre al Prof. Chittolini che ho dovuto abbandonare in quanto, essendo lui di Salsomaggiore, non poteva seguirmi sempre, colgo l’occasione per citare il mio primo allenatore Marco Maddalon.

Dal 2017, quindi, sono allenato da Ruggero Pertile che, giorno dopo giorno, mi sta trasmettendo la sua grande esperienza.

In ogni caso il tuo futuro mi sembra di capire sia solo la strada, la pista non ti piace proprio?

Direi proprio di si, per il modo di correre ed anche la mia testa, preferisco non avere vincoli davanti come sono, ad esempio, le curve continue del giro dell’anello. Chiaro che, se necessario e richiesto, in qualche occasione, posso tranquillamente correre un 10.000 anche in pista, ma sono concentrato fondamentalmente su maratona e mezza.

Già la mezza maratona, quest’anno hai fatto un grande tempo, 1:00’53, quinta prestazione italiana di sempre. Il record non è lontano 1:00’20 di Rachid Berradi, nel 2002 a Milano. Questo potrebbe essere l’anno giusto?

Certo è un mio sogno e ci credo ma spero anche di poter fare un grande tempo nella maratona e soprattutto di poter andare alle Olimpiadi di Sapporo, dove sarà molto impegnativo ottenere l’accesso in quanto possiamo accedere solamente in tre italiani, e già in tre hanno ottenuto il minimo.

Infatti, ricordo che il minimo è 2 ore 11 e 30 ed è stato già ottenuto da: Yassine Rachik 2:08’05, Daniele Meucci 2:10’52, Yassine El Fathaoui 2:11’08.

Per andare alle Olimpiadi devi quindi fare meglio, cronometricamente, e poi convincere il Direttore Tecnico La Torre di essere in condizione, nei mesi immediatamente precedenti.

Da dove comincerai questa rincorsa verso il Giappone?

Hai detto bene e, oltretutto le possibilità per fare il tempo non sono tante perché, in un anno, a mio avviso, il numero giusto di maratone da correre, per rendere al massimo, sono tre e quindi, prima di Sapporo, ho fondamentalmente una sola occasione.

Sono però pronto, come ho dimostrato a Bolzano e comincerò a fare una mezza, il 26 gennaio a Siviglia, per fare un primo importante test sulla mia condizione e, poi, dopo 4 settimane, il 23 febbraio correrò, sempre a Siviglia, la maratona per cercare di ottenere il minimo e, possibilmente, anche un grande tempo.

Dopo, a marzo, farò probabilmente i mondiali di mezza maratona in Polonia e, nei mesi successivi, l’idea è di fare qualche altra mezza per mantenere alta la condizione ed arrivare all’appuntamento Olimpico al massimo della forma.

A proposito, ai recenti mondiali di Doha è andata piuttosto bene, direi. Oltretutto, voi maratoneti siete stati abbastanza fortunati perché, proprio quella notte, è cambiato il clima e c’era decisamente un’aria più fresca.

Sei contento del tuo quindicesimo posto ottenuto?

In realtà ritengo di aver avuto sfortuna, per il clima, perché ero andato in Qatar due settimane prima dell’evento e mi ero allenato, la notte, in quel periodo, nelle peggiori condizioni possibili che mi aspettavo di trovare.

Il cambio del meteo mi ha quindi un po’ destabilizzato, avrei preferito nettamente quello dei giorni precedenti ma, in ogni caso, sono abbastanza contento anche se credo di essere stato troppo prudente nella prima metà della gara.

Eyob grazie veramente della tua disponibilità e un grande in bocca al lupo per la tua stagione. C’è qualcuno, in particolare, oltre ai tuoi tecnici e al tuo Gruppo Sportivo delle Fiamme Oro, che vuoi particolarmente ringraziare?

Grazie a te e naturalmente il mio ringraziamento più grande va alla mia famiglia e, in particolare alla mia compagna che mi ha regalato, da tre anni, la nostra splendida bambina che si chiama Wintana, nome eritreo che vuol dire gioia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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