Fabrizio Mori (foto FIDAL)
Fabrizio Mori (foto FIDAL)

Per qualsiasi appassionato di Atletica i ricordi delle vittorie dei propri beniamini sono indelebili nella mente e, ovviamente, quelle che rimangono più radicate sono legate ai massimi eventi quali siano Olimpiadi e Mondiali.

Per tanti motivi, tra cui la grande globalizzazione a livello mondiale, purtroppo gli allori italiani nell’Atletica degli ultimi decenni non sono stati tanti, e nell’ultimo nessuno, per cui l’emozione per quelli meno recenti, ma molto vivi nella nostra memoria, è ancora più forte.

Di questi, personalmente, ce ne sono due che porto dentro con particolare intensità, quello del Campionato Mondiale di Parigi 2003 con la meravigliosa vittoria nel salto con l’asta di Giuseppe Gibilisco, ultimo italiano a ottenere una medaglia d’oro in questa manifestazione, e quello altrettanto straordinario del 1999, quando Fabrizio Mori ci regalò, a Siviglia, l’ultima vittoria sull’anello di pista nei 400 ostacoli.

Ho avuto già il piacere, qualche mese fa, di intervistare Giuseppe ed oggi, scusandomi con lui per il ritardo, sono veramente felice di poter dialogare con l’indimenticato campione livornese.

Ciao Fabrizio, grazie veramente di cuore per la disponibilità e l’onore che mi concedi. La tua popolarità, anche se hai smesso da tanti anni, è sempre alle stelle, ma forse pochi sanno cosa tu faccia adesso.

Ciao, grazie a te, è sempre bello sapere dell’affetto che ancora mi circonda. Alla fine della mia carriera agonistica ho avuto l’opportunità di rimanere nel mio Gruppo Sportivo delle Fiamme Gialle, a cui sono molto legato, e di intraprendere la carriera di tecnico che si è, gradatamente, ampliata anche nell’ambito della Federazione Italiana, con cui collaboro, essendo Tutor del settore giovanile per quanto riguarda l’attività degli Under 23.

A proposito di giovani mi piace ricordare che, qualche settimana fa, abbiamo pubblicato un bellissimo articolo del grande Giorgio Cimbrico dal titolo “La saga dei Mori“, in cui si evidenzia la grande passione e predisposizione per gli sport, di atletica e rugby, di tre giovanissimi che portano il tuo cognome: i tuoi due nipoti Rachele e Federico, e tuo figlio Gabriele.

Che emozioni ti sprigionano questi ragazzi?

Ringrazio Giorgio, che ben conosco, per il bellissimo pezzo e devo dirti che per me, oltre ad essere un’emozione incredibile assistere alle loro performance sportive, è veramente un motivo di grande orgoglio perché so di essere stato parte, con la mia personale attività, della loro passione e dedizione per lo sport.

Consentimi, nell’occasione, di fare un particolare elogio a Federico che ha 20 anni, gioca a Rugby come noto, e dal 1 ottobre di quest’anno è in ritiro fisso con la sua squadra per le precauzioni sanitarie legate al Covid, a dimostrazione di un’enorme capacità di sacrificio che solo i veri sportivi sanno applicare.

Rachele-Gabriele-Federico e Fabrizio Mori (foto Ilaria Cariello)
Rachele-Gabriele-Federico e Fabrizio Mori (foto Ilaria Cariello)
Sei Tutor dei giovani under 23 ed è proprio da loro che sono partiti i maggiori segnali di ripresa, a livello risultati, in particolare dopo gli Europei Juniores di Grosseto del 2017.

Come vedi il futuro dell’Atletica Italiana?

In effetti dai giovani stanno arrivando le migliori soddisfazioni e, come tutti, spero vivamente che vengano mantenute le aspettative che tanti di loro stanno generando.

Io ho sempre creduto, in ogni caso, che non bisogna mettere loro fretta e sia necessario farli maturare nel migliore dei modi perché, alla lunga, il lavoro e il sacrificio pagano certamente.

Guarda, io vedo gli Europei Assoluti di Roma 2024 come un grande traguardo da puntare, e penso che quella potrebbe essere l’occasione per ottenere tantissimi risultati positivi che possano dare a tutto il movimento la definitiva risonanza e far si che l’Atletica possa essere realmente uno dei principali sport individuali in Italia.

Dammi un tuo consiglio su qualche ambito da migliorare per far si che, quanto hai appena auspicato, possa realizzarsi.

Nessuno ha ovviamente la ricetta magica in tasca ma, se proprio devo evidenziare qualcosa che mi convince poco, trovo che si creino troppo poche occasioni di aggregazione, specie tra i giovani, intese come raduni.

Credo che il confronto, infatti, sia fondamentale, sia tra gli atleti che tra i tecnici stessi, per cui io sarei favorevole che si organizzassero più raduni possibili e per più tempo, nei grandi centri Federali che abbiamo, Formia e Tirrenia in particolare.

Ho letto che allenerai Robert Grant, un atleta americano, naturalizzato italiano, specialista dei 400 ostacoli ma anche dei piani. Com’è la situazione in questo momento, l’atleta è già in Italia?

Robert è un bel talento e con lui si potrà certamente fare un buon lavoro, sia con gli ostacoli che senza e, in tal senso, il suo contributo potrebbe essere importante in una staffetta 4×400 che ha già dentro ottimi elementi.

Ha ottenuto, dapprima, la doppia cittadinanza e poi, a fine luglio, l’autorizzazione da World Athletics ad indossare la maglia azzurra.

Adesso il ragazzo è ancora nel suo college, “Arizona University”, ma sono spesso in contatto con lui e sto cominciando a dargli qualche consiglio tecnico, specie ovviamente per quanto riguarda gli ostacoli.

Vista la situazione sanitaria si è ritenuto opportuno lasciarlo allenare negli States, ma dovrebbe fare delle veloci sortite in Italia nel periodo delle indoor per disputare qualche gara e testare la condizione sui 400 piani.

Dalla primavera penso che si trasferirà definitivamente da noi e si sta valutando il posto migliore dove farlo risiedere ed allenare, che potrebbe essere il CPO di Tirrenia.

Palando di te, autentico fenomeno, hai raggiunto il top della tua condizione nelle due gare più importanti della vita, due mondiali, ma alle Olimpiadi non sei mai riuscito a esprimerti al massimo. Hai dei rimpianti in tal senso?

In effetti non sono mai riuscito ad arrivare, all’appuntamento a 5 cerchi, all’apice della condizione, per vari motivi fondamentalmente fisici, anche se in ogni caso ho fatto 2 finali.

Nella vita di un atleta sono aspetti che si mettono in conto e si sa che, se tutto non è perfetto al 100%, non si possono raggiungere determinati traguardi che, però, ho ottenuto in altre manifestazioni, per cui va benissimo così.

 

Fabrizio Mori (foto archivio FIDAL)
Fabrizio Mori (foto archivio FIDAL)

Tu sei esploso relativamente tardi, pensi che i giovani abbiamo troppa fretta di emergere?

Diciamo che io non ho avuto una carriera juniores brillantissima, poi a 22 anni sono sceso sotto i 49 secondi una volta, e sino ai 26 anni mi sono mantenuto costante poco sopra tale limite, per poi a 27 cominciare ad avvicinarmi alla barriera dei 48.

Credo, ovviamente parlando di una specialità tecnica come i 400 H, che bisogni avere realmente tanta pazienza perché ogni disciplina è fatta anche di sperimentazioni e di maturazione di determinati meccanismi, quali ad esempio, nel mio caso, potevano essere i numeri di passi tra un ostacolo e l’altro.

Ora, senza entrare troppo nello specifico, penso che ci voglia tempo e, probabilmente, in un un modo o in un altro questa regola vale per qualsiasi gara, per cui non si deve avere fretta anche se, con tutto il rispetto per chiunque, spesso tale caratteristica ce l’hanno di più i tecnici che non gli atleti stessi.

E sempre a proposito dei 400 ostacoli, come vedi la disciplina in Italia?

Parlando, ovviamente, per ambo i sessi, è chiaro che la situazione è migliore nell’ambito femminile e, in particolare, Ayomide Folorunso è un bellissimo talento su cui, non credo di dire niente di negativo, si deve un po’ lavorare per sistemare la parte relativa al valicamento degli ultimi ostacoli su cui, specie quest’anno, l’ho vista talora in difficoltà.

Tra gli uomini sicuramente Mario Lambrughi ha delle buone potenzialità, era anche andato sotto i 49, un paio di anni fa, ma sento spesso, nelle sue dichiarazioni e di chi gli sta intorno, che deve allenarsi in maniera misurata, non potendo mai spingere al limite per problematiche fisiche, e questo è un grosso problema perché i risultati si ottengono solo con tantissimo lavoro. 

Personalmente ho avuto modo di seguire Alessandro Sibilio a livello di consulenza, perché il suo tecnico da sempre è Gianpaolo Ciappa, e ti posso dire che ha grandi potenzialità anche se ha avuto un periodo un po’ complicato da gestire, in cui ha perso un po’ di fiducia e motivazione.

L’ho visto, però, in ripresa a fine stagione e, vista l’età e quanto detto prima, penso che abbia tutto il tempo per emergere e mostrare tutto il suo talento.

Fabrizio Mori (foto FIDAL)
Fabrizio Mori (foto FIDAL)

Voglio farti un’ultima domanda su quella che, di fatto, è stata la migliore gara, come crono, della tua vita.

Quel 47″54, attuale primato italiano del secondo posto dei mondiali di Emonton 2001, lo consideri una sconfitta o una vittoria?

Bella domanda a cui, con tutto il rispetto e la gioia per quella medaglia e quel crono che ancora resiste come primato italiano, debbo rispondere che per me è stata certamente una delusione.

Ho provato, negli anni, a dirmi che ero stato battuto da un atleta, Felix Sanchez che, da poche settimane prima di quella finale, per i successivi 3 anni e 43 gare, è rimasto imbattuto, che ha vinto due Olimpiadi e un altro mondiale ma, sinceramente, ero convinto di farcela e mi rimarrà sempre un rammarico per quella gara.

Grazie di cuore Fabrizio, anche per quest’ultima onestissima dichiarazione che ti fa ancora più onore. Per chiudere, al meglio, voglio riproporre sotto la fantastica emozione che ci hai procurato quell’indimenticabile giorno, di fine agosto, di 21 anni fa.

Siviglia 27 agosto 1999

 

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