Fabrizio Schembri è un grande triplista azzurro che il 27 gennaio prossimo compirà 40 anni ma, nonostante abbia cominciato con l’Atletica da oltre vent’anni, la sua voglia e la sua passione sono talmente inalterate da aver chiuso la scorsa stagione, in cui ha avuto vari problemi fisici che gli hanno impedito di gareggiare nelle manifestazioni più importanti, con due gare riservate ai master.
Ma, al di là di queste partecipazioni, che certamente avranno onorato coloro che si sono trovati a gareggiare con un atleta così importante, Fabrizio è proiettato verso il 2021 con delle idee ben precise e la determinazione di sempre.
Per me, in particolare, è un grande piacere intervistarlo, perché mi ricordo le tante volte che l’ho incrociato sulla pista di Rovellasca dove si è sempre allenato e dove è spesso intervenuto, come partecipante o semplice ospite, ai meeting serali estivi regionali dove ho gareggiato tantissime volte.
Ciao Fabrizio, è un piacere conoscerti perché, di fatto, non ci siamo mai parlati nonostante le tante volte che ti ho visto a Rovellasca. Come stai innanzitutto?
Ciao, grazie a te veramente per l’attenzione. Adesso sto bene e mi sto allenando senza problemi dopo una stagione, in effetti, abbastanza problematica per vari guai avuti, in particolare, alla coscia sinistra.
Per i Campionati Italiani di Padova di fine agosto non mi ero sentito nella condizione di poter gareggiare, ma poi ho avuto, in allenamento, qualche buon riscontro e ho voluto provare le sensazioni della gara andando, tra fine settembre e inizio ottobre, a Bellinzona al meeting internazionale master e poi, ad Arezzo, ai campionati italiani master, dove ho ottenuto discrete prestazioni, 15,65 e 15,52.
Che impressione ti ha fatto disputare due gare master e, che atmosfera si respirava?
Devo dirti, sinceramente, che è stato molto bello e spero di aver dato, a tante persone che praticano sport per pura passione, la voglia di trovare ulteriori stimoli ai loro sacrifici nell’allenamento.
Sicuramente, in ogni caso, si percepiva grande agonismo, da parte di tutti, e questo vuol dire che l’atletica master è certamente una realtà importante.
Raccontaci della tua carriera e di come sei arrivato al triplo che, di fatto, non è stata la prima scelta agonistica precisa, visto che sei stato anche un buon saltatore in alto.
Diciamo che la natura mi ha dotato di piedi molto reattivi, ma ci ho messo un po’ per capire quale fosse il modo migliore per utilizzarli.
Il salto triplo mi è sempre piaciuto tantissimo e, sicuramente, da sempre è stata la mia disciplina preferita, tant’è che a 18 anni avevo saltato 15,55 che non era assolutamente male per quell’età.
Però ero portato anche per il salto in alto e quindi mi sono dedicato anche a tale specialità, arrivando a saltare 2,18 outdoor e 2,17 indoor.
Dal 2005, però, ho deciso di dedicarmi totalmente al triplo e, infatti, dal 2016 ho migliorato di oltre 50 cm il mio personale, portandolo da 16,31 a 16,86 ed è iniziata la mia ascesa agonistica che mi ha portato, nel 2009, al personale di 17,27 e a mantenermi, per tanti anni, su misure vicino ai 17.
Qual è stato il momento più bello della tua carriera?
Sarebbe scontato dire l’ottavo posto dei Mondiali di Mosca 2013, ma invece ti dico la vittoria ai Campionati Italiani Assoluti di Pescara del 2018.
Ero reduce infatti da un periodo difficile in cui avevo avuto i soliti, per un atleta, problemi fisici, ma anche un leggero calo di motivazione e fui molto aiutato, in quel momento, da una persona che voglio ringraziare, Enrico Chicco Porta, riprendendomi alla grande e vincendo quel titolo.
Come vedi il movimento del triplo maschile, in Italia, e qual è il tuo rapporto con Fabrizio Donato?
Sicuramente è una delle specialità che ha sempre avuto dei grandi campioni, a cominciare ovviamente da Donato che è, inutile dirlo, un atleta immenso per cui nutro grande ammirazione.
Di lui posso dirti, però, che non riesco mai a viverlo totalmente come un avversario, ma fondamentalmente come un amico e compagno di nazionale e tutte le volte che gareggiamo contro siamo entrambi reciprocamente felici delle prestazioni dell’altro.
Per quanto riguarda i giovani sicuramente vedo bene Andrea Dallavalle, ma quello che più mi piace, da un punto di vista tecnico e per cui vedo delle grandi potenzialità future, è Tobia Bocchi.
Quali sono state le persone più importanti nel corso della tua lunghissima carriera?
In particolare mi sento di ringraziare tutti i miei tecnici, e adesso più che mai, visto che in pratica mi alleno da solo, avendo raggiunto quella adeguata maturità per poter gestirmi al meglio, cominciando soprattutto dall’ascoltare il mio fisico.
Per fare dei nomi e cognomi, ti dico, innanzitutto, il mio storico tecnico Flavio Alberio, poi Enrico Porta che ti ho già nominato, ma permettimi anche di fare un grandissimo ringraziamento a tutto il Gruppo Sportivo e all’Arma dei Carabinieri, di cui mi onoro far parte dal 2000.
Quanto è stata importante per te l’Atletica?
Tantissimo e, per spiegartelo al meglio, posso solo dirti che ritengo di aver ricevuto da questo meraviglioso sport ben più di quanto io sia riuscito a dargli e, proprio per questo, voglio provare ancora a colmare il mio debito di riconoscenza.
Hai fatto tre mondiali ma, purtroppo, nessuna Olimpiade. Credi che l’obiettivo a 5 cerchi, che hai sempre sfiorato, possa essere alla tua portata?
E’ chiaro che devo essere realista e dirti che non è semplice, ma la mia voglia di riuscirci è altissima e ci proverò, certamente, con tutte le energie possibili e immaginabili.
Ci sono dei minimi alti ma c’è anche un ranking e cercherò ogni strada per poter colmare l’ultimo tassello della mia carriera.
Cosa pensi di fare dopo la fine della tua carriera?
Sicuramente voglio rimanere nell’Arma e, in tale direzione, sto anche finendo il mio percorso di studi in Giurisprudenza per cui, una volta smesso di fare l’atleta professionista, mi piacerebbe intraprendere una carriera in qualche ambito del Corpo dei Carabinieri.