Sara Dossena le rinascite non finiscono mai

Chiacchierata da brividi con la grande maratoneta azzurra che, reduce dalla sfortunata prova ai mondiali di Doha, è in ottima condizione e pronta per un 2020 ricco delle soddisfazioni che merita.

Come abbiamo sempre scritto, il nostro principale obiettivo è raccontare le storie dei protagonisti dell’Atletica e ogni storia racchiude dentro di se motivi di riflessione e di forte emozione.

Certamente la vita agonistica di Sara Dossena non è da meno ed anzi, devo ammettere che, nel corso della chiacchierata avuta con lei, sono rimasto particolarmente colpito dal racconto di certi momenti difficili della sua vita.

Non ho il piacere di conoscerla personalmente ma ho voluto scegliere un’immagine molto dolce perchè quello che mi ha trasmesso, per telefono, è stata propria tanta tenerezza.

Ciao Sara, sono passati circa 70 giorni da quella infernale notte di Doha. Prima di tutto, quindi, vorrei congratularmi per la grande signorilità mostrata in quella circostanza, dove non hai accampato alcuna scusa di carattere fisico, ma hai solo fatto riferimento alle condizioni climatiche che, come abbiamo più volte scritto, essendo presenti, erano impossibili, in particolare la sera della tua gara.
Sappiamo, però, che c’erano altri problemi. Hai voglia di raccontarci qualcosa?

Si certo, in effetti poche settimane prima di Doha ho accusato un problema a un piede che ha un po’ condizionato gli ultimi giorni di preparazione. Inoltre ho avuto dei miei problemi personali, questa estate, che non mi hanno fatto arrivare alla gara con l’animo totalmente sereno.

Però, devo dirti che realmente il problema fondamentale è stata l’umidità tremenda che non mi faceva quasi respirare. Come sai, sono anche svenuta e, quando mi sono ripresa, nell’aggirarmi confusa tra i vari tecnici ai margini della strada, ascoltavo solo notizie degli abbandoni di tante altre atlete.

Sara, ho voluto scrivere di rinascite, nel titolo, in onore del tuo libro “Io, Fenice”.
Non serve leggerlo, anche se a breve lo farò con grande interesse, per capire come la tua vita sia stata piena di momenti bui a cui hai saputo reagire con estrema determinazione.
Raccontaci come sono stati i tuoi inizi da atleta?

Pur non venendo da una famiglia di sportivi, ho sempre avuto una grande passione per lo sport, inizialmente per quelli di squadra. Solo che la parte che mi piaceva di più era il riscaldamento prima dell’allenamento o della partita e, lì, ho capito che la mia strada era un’altra.

Ho cominciato, allora, a correre veramente, come attività principale, ed essendo io di Clusone mi riusciva facile trovare bellissimi paesaggi montani che mi hanno portata da Juniores a fare varie competizioni di corsa in montagna e a vincere un paio di titoli italiani di categoria.

Quindi neanche all’inizio della carriera hai frequentato tanto le piste di atletica?

La pista non è mai stato il mio luogo preferito di allenamento ma, da promessa, tra i 20 e i 22 anni, ho fatto tante esperienze di gare nell’anello, correndo dai 1500 sino ai 10000 metri, fermo restando che, durante la stagione invernale, mi dedicavo molto alle competizioni di corsa campestre.

Un primo assaggio di quella che, poi, sarebbe diventata la mia destinazione finale la ebbi alla fine della categoria under 23, quando corsi una mezza maratona a Pavia, nell’ottobre del 2006, e poi subito dopo, nel gennaio del 2007, ne corsi un’altra a Osaka in Giappone.

Ecco, il 2007 avrebbe potuto essere la prima svolta della mia carriera agonistica perchè, dopo una serie di buoni risultati, in pista e fuori, stavo per essere presa da un Gruppo Sportivo Militare, arruolamento che mi avrebbe permesso di dedicarmi a tempo pieno all’attività sportiva.

La sfortuna è stata che c’erano due Gruppi che erano interessati a me ed io ho avuto qualche esitazione nella scelta ma, nel frattempo, ho cominciato ad avere una serie di infortuni importanti e tutto è saltato.

Stai parlando degli anni 2008/2009?

Infatti, in quel periodo sono rimasta totalmente ferma e ho dovuto cercarmi un lavoro come commessa, perché nel frattempo ero andata a vivere da sola, a Gallarate.

Il mio desiderio di fare sport era, però, sempre grandissimo e, appena risolti i miei problemi fisici, ho deciso di provare nuove esperienze in cui ci fosse la corsa, ma non solo.

E qui parte la prima rinascita con le tue affermazioni nel duathlon e nel triathlon?

Sono stati anni molto intensi, ma specialmente nei primi due, il 2010 e 2011, facevo molta fatica a gareggiare perchè il mio lavoro mi portava, spesso, a fare turni anche durante il fine settimana.

Devo ringraziare il mio allenatore, Maurizio Brassini, che mi diede, a un certo punto, la possibilità di lavorare nel suo negozio di vendita di biciclette perché, in quel modo, riuscii ad essere libera nei w.e. facendo gare con maggior continuità.

Immagino che avrai dovuto affrontare grandi sforzi, in quegli anni, per riuscire ad allenarti su due o tre discipline?

In effetti un impegno enorme, fatto di sacrifici di ogni genere per riuscire ad allenarsi e devo ammettere che, varie volte, ho pensato di mollare tutto.

Poi, dal 2012 e, in particolare, dal 2013, sono arrivate le prime affermazioni nel duathlon e, mentre facevo questo tipo di gare, ho ricominciato anche a fare una mezza maratona.

Finalmente, quindi, hai potuto diventare un’atleta professionista?

Si, in maniera graduale, nel senso che più ottenevo successi o partecipavo a manifestazioni, più avevo la possibilità materiale di staccarmi dal mio lavoro e poi, a un certo punto, sono riuscita a potermi dedicare definitivamente all’allenamento e alle competizioni.

Come è stato il percorso di avvicinamento alla maratona che poi è stata la svolta definitiva della tua carriera?

Gli anni tra il 2014 e il 2017 sono stati veramente molto densi e, in quel periodo, ho gareggiato in varie discipline, spaziando tra duathlon, triathlon, corse campestri, mezze maratone e, addirittura, competizioni in pista, vincendo, tra l’altro, nel maggio del 2017, un titolo italiano assoluto sui 10000 metri.

In tutto questo, in ogni caso, ho avuto ancora momenti molto complicati come quando, nel febbraio del 2016, ebbi una brutta frattura da stress al perone, da cui però mi ripresi prontamente nel giro di quattro mesi.

A parte questo fastidioso inconveniente devo, però, dirti che sono stati anni pieni di soddisfazioni solo che io, non accontentandomi mai, coltivavo dentro di me il sogno di correre una maratona, ovviamente a buon livello, e in particolare la più famosa del mondo: quella di New York.

Sappiamo tutti come è finita, un sesto posto all’esordio sulla distanza. Che emozione hai provato?

Qualcosa di indescrivibile, talmente forte che poi ho voluto fermamente che fosse l’oggetto di una serie di miei scritti, su quanto avevo provato, che sono poi diventati, grazie all’aiuto di Francesca Grana e Maurizio Brassini, un bellissimo libro che tratta appunto quella mia esperienza.

La particolarità del racconto è l’essere narrato da un duplice punto di osservazione: quello dell’atleta e quello dell’allenatore, fermo restando che parla anche di come ho preparata la gara, con il dettaglio dei miei programmi di allenamento.

Un gran tempo all’esordio ma poi, l’anno dopo, un’altra ottima maratona con il  sesto posto degli Europei di Berlino e poi, quest’anno, a Nagoya, un tempo incredibile che ti ha fatto sfiorare il record italiano, portandoti al terzo tempo di sempre.
Possiamo dire che ormai la tua carriera è solo orientata alle corse su strada, maratona e mezza?

Direi proprio di si, ma mi piace sempre, nei momenti di scarico o di preparazione lontana dalla competizione, andare in bici e anche nuotare. Però la maratona, sicuramente, è il mio obiettivo principale, chiaramente pensando alle Olimpiadi.

Senti Sara, premesso che io non ritengo assolutamente il tuo ritiro a Doha come un caduta, per i motivi che tutti sappiamo, è comunque stata certamente una grande delusione da cui, in men che non si dicesse, ti sei subito ripresa, come sempre, correndo dopo poco più di un mese un’ottima mezza a Milano.
Dove trovi questa forza per risalire sempre?

Passione, determinazione e, credimi, anche l’entusiasmo e l’affetto di tutte le persone che, in un modo o nell’altro, mi seguono e che mi danno quella forza ulteriore per andare avanti, sempre, e per cercare di dare, ogni volta, qualcosa di più.

Sara Dossena è veramente una straordinaria atleta ma anche una donna dotata di eccezionale sensibilità. E’ stato un onore parlare con lei e poter raccontare, in estrema sintesi, la sua vita agonistica che tutti dovrebbero prendere ad esempio.

Sara Dossena - New York (foto Pierluigi Benini)
Sara Dossena – New York (foto Pierluigi Benini)
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