Trayvon Bromell: una storia da Araba Fenice

La rinascita del velocista statunitense grande favorito per i 100 metri delle Olimpiadi

L’Araba Fenice è un uccello mitologico, presente nel folklore di vari popoli, considerato in grado di controllare il fuoco e di rinascere dalle proprie ceneri dopo la morte.

La storia di Trayvon Bromell, vincitore ieri dei 100 metri ai Trials Olimpici Statunitensi in corso di svolgimento a Eugene, in Oregon, è certamente quella di un grande talento dello sprint mondiale, capace di vincere titoli importantissimi tra il 2014 e il 2016, per poi sparire nell’anonimato per alcuni anni a causa di vari problemi.

L’infanzia di Bromell, nato il 10 luglio 1995, è stata molto difficile. E’ cresciuto in uno dei quartieri più poveri di St. Petersburg in Florida. La madre Shri Sanders allevò quattro figli tra mille difficoltà economiche. Il futuro campione dimostrò il talento per eccellere nello sprint. A 12 anni si ruppe il ginocchio sinistro facendo un salto mortale all’indietro. L’anno successivo si infortunò gravemente giocando a basket.

Trayvon salì sulla ribalta giovanissimo quando eguagliò il primato mondiale under 20 con 10”01 alle Texas Relays di Austin rappresentando la celebre Baylor University, l’ateneo per il quale avevano gareggiato due leggende dello sprint statunitense come Michael Johnson e Jeremy Wariner.

Nello stesso anno Bromell vinse la finale NCAA in 9”97, migliorando il suo record del mondo juniores e diventando il primo “freshman” (studente al primo anno) a vincere il titolo dei college americani sui 100 metri dal 2005, quando si impose Walter Dix ma conquistò anche l’argento, a Eugene sempre nei 100 metri, ai mondiali under 20.

Nel 2015 Trayvon migliorò il personale con 9”90 in batteria ai Campionati NCAA e si qualificò per i Mondiali di Pechino 2015 grazie al secondo posto alle selezioni statunitensi in 9”96 alle spalle di Tyson Gay.

Vinse la medaglia di bronzo, nella finale dei 100 metri ai mondiali cinesi, a pari merito con Andrè De Grasse con 9”92 nella gara vinta da Usain Bolt davanti a Justin Gatlin.

L’anno successivo conquistò il titolo mondiale indoor sui 60 metri in 6”47 a Portland ma all’inizio della stagione estiva 2016 iniziarono i guai fisici che hanno condizionato la sua carriera fino all’anno scorso.

Al Golden Gala avvertì un problema ad un tallone ma riuscì nel miracolo di qualificarsi per le Olimpiadi di Rio de Janeiro grazie al secondo posto in 9”84 dopo un mese trascorso ad allenarsi in piscina e sui tapis roulants.

Alle Olimpiadi di Rio arrivò fuori condizione e terminò la finale dei 100 metri all’ottavo posto in 10”06 ma l’infortunio al tendine d’Achille si aggravò dopo la finale della staffetta 4×100.

Fu l’inizio di un periodo molto difficile con due operazioni e continue ricadute. L’allenatrice ed ex lanciatrice di peso Garlynn Boyd, una sorta di seconda mamma per Trayvon, si ammalò gravemente di diabete e ipertensione, e dovette farsi amputare la gamba destra. Nel Giugno 2020 la signora Boyd morì per Covid.

La rinascita sportiva di Bromell è coincisa l’anno scorso con il trasferimento a Jacksonville per allenarsi con il coach Rana Reider, allenatore di André De Grasse, Christian Taylor e Jimmy Vicaut. Nell’anno difficile del lockdown Bromell è tornato a correre sotto i 10 secondi con 9”90 nel Luglio 2020.

Ieri Trayvon ha rispettato perfettamente il ruolo di favorito ai Trials olimpici statunitensi di Eugene, vincendo l’attesissima finale dei 100 metri in 9”80.

Gli altri due pass olimpici sono andati a Ronnie Baker (secondo con 9”85) e Fred Kerley (terzo con 9”86). E’ stata una finale straordinaria con quattro velocisti in grado di scendere al di sotto dei 10 secondi. Prima di questa finale era successo soltanto quattro volte in occasione di Giochi Olimpici e Campionati del Mondo.

Il quarto classificato Kenny Bednarek è rimasto fuori dai 100 metri olimpici con 9”89 ma farà parte della staffetta 4×100 e avrà ottime possibilità di qualificarsi sui 200 metri, dove vanta un personale stagionale di 19”88.

L’emergente studente universitario Micah Williams ha migliorato il record personale con 9”91 precedendo Cravon Gillespie (10”00). Noah Lyles ha terminato al settimo posto in 10”07 ma si giocherà le sue carte sui 200 metri, la distanza dove vanta il quarto miglior tempo della storia con 19”50.

Justin Gatlin ha terminato all’ottavo posto ma si è infortunato alla coscia

Trayvon Bromell: “E’ stata una gara straordinaria. Conoscevo il valore dei miei avversari. Sapevo che erano tutti un po’ stanchi dopo le batterie e le semifinali. Sapevo che Dio mi avrebbe aiutato”.

Bromell si era imposto in precedenza nella semifinale in 9”90 con vento leggermente contrario di -0-3 m/s precedendo Bednarek (9”96) e Justin Gatlin (10”00). Kerley ha vinto l’altra semifinale in 9”92 davanti a Ronnie Baker (9”94) e a Noah Lyles (9”97).

Noah Lyles: “Sono partito molto male. Speravo in un piazzamento tra i primi tre anche sui 100 metri ma questa gara è ormai alle spalle. il mio stato d’animo non cambia in vista dei 200 metri”.

Justin Gatlin: “Mi sono fatto male al bicipite femorale. Volevo assolutamente giocare le mie carte in finale. Sono triste. Era la mia ultima partecipazione alle selezioni olimpiche. Non so ancora quale sarà il mio futuro in pista. Avrei voluto correre al 100% delle mie possibilità”.

Bromell guida le liste mondiali dell’anno con 9”77 e diventa il favorito per le Olimpiadi.

Sono fiducioso per Tokyo. Sarò il favorito ma devo rimanere umile. Dovrò tornare ad allenarmi duramente. Nulla è stato facile nella mia infanzia. Tutti conoscete la mia infanzia difficile. Non voglio ripensare a tutto quello che mi è successo nel 2016. Cinque anni fa non sapevo cosa sarebbe stato di me.

Nel 2018 mi chiedevo se la mia vita avesse ancora un senso. Mia madre mi consigliò di ascoltare la voce di Dio. Da allora la mia vita ha avuto una svolta”, ha affermato il velocista.

Da applausi anche il terzo posto di Fred Kerley, che ha vinto la scommessa di rinunciare ai 400 metri e di tentare la qualificazione olimpica sui 100 e sui 200 metri.

I risultati ufficiali

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