Andrew Howe, per i pochissimi che non lo sapessero, è un atleta di salto in lungo, specialità di cui detiene il record italiano con 8,47 metri, ma anche delle corse veloci e, anche se in carriera non è riuscito a raccogliere quanto il suo infinito talento gli avrebbe permesso, va annoverato certamente come uno dei più grandi dell’atletica italiana di tutti i tempi.
Il prossimo 12 maggio Andrew compirà 36 anni ma lui, che da giovanissimo fu un ragazzo prodigio e ricordiamo, come a soli 19 anni nel 2004, entusiasmò l’Italia e il Mondo con il doppio titolo iridato under20 nel lungo e nei 200 metri, ha ancora voglia e passione da vendere e adesso vuole continuare a stupire, puntando deciso alle sue terze Olimpiadi, dopo quelle del 2004 e del 2008.
Sono estremamente felice, quindi, di poterlo intervistare ancora una volta, nell’ambito della nostra rubrica dedicata agli atleti che stanno preparando l’appuntamento a cinque cerchi, a distanza di pochi giorni dalla sua prima gara stagionale di venerdì scorso, a Rieti, quando per la prima volta dopo 11 anni è tornato, sia pure con un salto ventoso, oltre gli 8 metri, la misura di eccellenza per un lunghista.
Era il primo agosto del 2010, a Barcellona, quando Andrew saltò 8,12 e poi solo un lampo, nel febbraio del 2017, in una gara al coperto in cui arrivò a 8,01, per cui l’8,03 dell’altro pomeriggio reatino, pur se inficiato dal vento, è certamente di ottimo auspicio come ci facciamo spiegare dall’atleta che, come sempre, è di una disponibilità, oltre che simpatia, straordinaria.
Ciao Andrew, un anno fa ci eravamo sentiti e mi avevi detto che non intendevi rinunciare alle gare di velocità, ma possiamo ormai dire che ti dedicherai solamente a quelle di salto in lungo?
Ciao, si potrebbe dire ma non mi piace mai essere troppo assolutista nel senso che certamente la testa è per il salto ma, per andare lontani, bisogna anche essere veloci e questo vale specialmente per me, in quanto le mie caratteristiche mi impongono una rincorsa molto rapida per dare il meglio.
Quindi ti dico che non si sa mai, potrebbe anche succedere che torni a fare qualche gara di velocità in funzione di particolari situazioni.
Dopo la gara di Rieti ti ho visto molto contento e ne avevi tutte le ragioni. Che sensazioni hai avuto e c’era qualcosa di nuovo rispetto al passato?
Si ero soddisfatto, ma sapevo di stare bene perché abbiamo lavorato in maniera ottimale questo inverno, a parte i problemi che ho avuto al tendine destro che mi hanno impedito di fare la stagione al coperto, salvo un’unica gara.
La novità è che con il mio tecnico, Stefano Serranò, abbiamo deciso di cambiare la rincorsa e di tornare ad una un po’ più lunga, 18 passi, dove mi trovo meglio e i risultati credo si siano visti subito.
Però, nell’intervista del dopo gara al Guidobaldi, hai parlato anche dell’introduzione della figura di un mental coach nella tua preparazione. Chi è e come si sviluppa tale collaborazione?
In realtà non è certo la prima volta che provo ad avvalermi del supporto di qualcuno, a livello mentale, ma non ero mai riuscito a trovare nessuno che fosse in perfetta sintonia con me sotto tale aspetto.
Credo, infatti, che sia molto importante che un atleta possa allenare al meglio anche la sua testa, per far si che poi il proprio fisico possa rendere, in gara, al 100%.
Il mio problema, in tal senso, è l’ansia che mi assale prima e durante l’evento agonistico, e devo dirti che è uno stato che non ho avuto sempre nella mia carriera, ma che è subentrato in me dopo il mio infortunio più importante, quello al tendine di Achille sinistro.
Cosa ti succede, in pratica?
Capita che vado in gara con mille pensieri, soprattutto con l’idea di essere giudicato per quello che farò e poi, soprattutto, il giorno e la notte prima sono sopraffatto dalla tensione che non mi permette mai di riposare al meglio al punto che, spesso, mi è capitato di addormentarmi verso le 4, le 5 di notte, e ti garantisco che quando magari sei in camera con un tuo compagno di squadra, è ancora più frustrante perché devi anche far finta di dormire per non disturbarlo.
Adesso devo dirti che il sia pur breve lavoro fatto con Francesco (Riccardo ndr), con cui collaboro da un paio di mesi, mi sta facendo sentire meglio, e per me è molto importante sapere di poter contare anche su di lui che mi serve molto a livello di “attivazione mentale”, nel senso che mi conferisce la giusta sicurezza delle mie potenzialità.
L’obiettivo Tokyo, per la tua terza Olimpiade, non è più un’utopia ma una reale possibilità da cercare sino al 29 giugno, con lo scopo di avvicinare il più possibile quel limite di 8,22 e salire nel ranking mondiale.
Quali sono i tuoi prossimi programmi agonistici?
Innanzitutto ci tengo a dire che mi sento veramente ottimista. A Rieti venerdì scorso c’erano condizioni non ideali, freddo, nuvole basse e il vento, anche se mi ha favorito al tempo stesso mi infastidiva, oltre al fatto che ho riprovato la rincorsa più lunga che sento nella mia natura e con cui mi trovo benissimo.
Non c’è ancora una precisa programmazione ma posso dirti che molto probabilmente salterò a Savona, al meeting Giulio Ottolia e, dopo, in funzione del risultato vedremo di cercare la gare migliori da fare, considerando ovviamente che, anche se sono un giovane ragazzo, devo sempre convivere con il fatto di non poter saltare in troppe competizioni, nel senso che devo ben recuperare tra una e l’altra.
Tutti gli appassionati di atletica, e non solo visto che sei uno sportivo conosciuto da tutti, sperano che tu possa coronare il desiderio della partecipazione olimpica. Ma dopo, quali sono i tuoi programmi?
Io sto molto bene, e anche dopo le Olimpiadi non voglio certo smettere per cui sicuramente punto almeno a disputare la prossima stagione, che vede appuntamenti importanti quali i Mondiali in Oregon e gli Europei a Monaco di Baviera.
Poi, alla fine del 2022, vedrò le mie condizioni e deciderò, ma intanto posso dirti che ho appena preso il brevetto di primo livello FIPE, la Federazione Italiana di pesistica, perché un giorno finita la carriera agonistica mi piacerebbe fare anche il personal trainer.
E la musica, non suoni più?
Quella passione, per ora, l’ho abbandonata mentre ti confesso che ora sono molto coinvolto nelle attività di gaming e, infatti, quando torno a casa dopo gli allenamenti mi piazzo davanti alla console e non mi schiodo per ore, e poi chissà un giorno potrei dedicarmi anche all’attività di streamer.
A proposito di casa e famiglia, so che pur essendo molto aperto e disponibile, non ami quasi mai parlare delle tue vicende personali. Posso chiederti, però, se la tua lunghissima storia d’amore va sempre a gonfie vele e se pensi di coronarla con il matrimonio?
Io e Giuseppina (Palluzzi ndr) stiamo insieme da 20 anni e viviamo insieme da tempo. Stiamo benissimo e quel che posso dirti è che, magari, dopo le Olimpiadi potremmo pensare di far nascere un piccolo Andrew.
Dopo questa tenerissima novità non posso che incrociare fortissimo le dita e farti il mio personale più grande in bocca al lupo perché, veramente, vederti alle Olimpiadi sarebbe, oltre a un’enorme soddisfazione per te, un grande spot per tutto il movimento dell’Atletica.
Per chiudere so che ci tieni sempre a ringraziare il tuo Gruppo Sportivo dell’Aeronautica.
La parola “grazie” nei loro confronti mi sembra quasi riduttiva, perché mi hanno sempre sostenuto e aiutato in ogni momento, anche quelli più difficili e sai bene come ce ne siano stati tanti.