Negli ultimi mesi la maggior parte dei runners, dall’amatore al professionista, si è fatta la stessa domanda: “come faccio a conservare la condizione se non posso correre come al solito?”.

E in effetti il problema non è di poco conto e richiede una risposta molto qualificata. Per questo motivo mi sono rivolto al mio amico Tobia Beltrame, che prontamente ha accettato di condividere con me e con tutti gli amanti della corsa una serie di spunti molto interessanti, da cui partire per orientare la nostra attività.

Ve lo presento. Tobia è un ragazzo classe ’94, che vive l’atletica, e in particolare la corsa, davvero a tutto tondo.

Tesserato per la Trieste Atletica, oltre a essere un mezzofondista prolungato di valore (1h07 nella mezza maratona, ottimi risultati sia nel cross che nella corsa su strada, nonché un 14’54” nei 5000 metri in pista), si è laureato all’Università di Udine in scienze motorie, con ulteriori due anni di specialistica in scienze dello sport (di cui uno di Erasmus a Madrid), con una tesi intitolata: “Differenza dell’economia di corsa tra scarpe leggere e scarpe chiodate ad intensità sotto-massimali”.

Fra le sue esperienze professionali, ha lavorato a Siena dove ha potuto seguire da vicino nei loro allenamenti una serie di atleti professionisti africani (in preparazione per i Mondiali di Doha), e soprattutto un’esperienza come visiting researcher a Lovanio (Belgio), dove si è trasferito e ha avuto modo di svolgere un tirocinio presso l’OHL (squadra di calcio locale prossima alla Pro League, massimo campionato belga).

Tobia, la preoccupazione di molti runners è quella di non riuscire a “salvare” la preparazione invernale fatta finora; quali tipologie di allenamento, quali mezzi, quali accorgimenti in generale ritieni possano essere utili per affrontare una situazione del genere?

Nella fase iniziale dell’epidemia, un periodo di riposo sicuramente non ha pregiudicato la nostra preparazione, anzi. Per molti atleti l’appuntamento clou erano i campionati italiani di cross di Campi Bisenzio, che sono stati annullati; ma mettendo che si fossero disputati, noi runners ci saremmo comunque presi almeno una settimana di recupero prima di tornare agli allenamenti di routine.

Quindi, almeno per le prime settimane di marzo, l’aver fatto poco non ci ha assolutamente danneggiato. Nella fase successiva, che è quella che stiamo tutt’ora attraversando, è bene invece cercare di curare la nostra componente aerobica, con allenamenti a intensità medio-basse come il fondo lento, o al limite anche lavori intervallati, ma senza esagerare, focalizzandosi più sulle sensazioni che sui tempi, perché di fatto obiettivi nell’immediato non ce ne sono.

In tutto questo dobbiamo essere bravi a sfruttare gli spazi che abbiamo, e in caso avvalerci di mezzi come la cyclette, o la bici con i rulli, o il tapis roulant, tenendo monitorata la nostra attività con strumenti come il cardio.

Ritengo infine che una situazione come questa possa essere l’occasione per concentrarci sui nostri punti deboli, ricapitolando un po’ quelli che sono stati i disturbi fisici, gli infortuni delle ultimi stagioni, per poi lavorarci su in un’ottica di prevenzione.

In questo senso ben si prestano ad essere inserite nel nostro programma sedute di potenziamento e forza, specie a corpo libero, che talvolta si trascurano.

In generale, comunque, la nostra attuale attività deve essere orientata più al fitness che alla prestazione: quindi nel fare le cose è bene usare sempre buonsenso.

Hai accennato ad alcuni mezzi alternativi di allenamento. Cosa puoi dirci in particolare della cyclette e di quanto serva, nello specifico, per l’allenamento di un runner?

Rispetto a questo tema credo sia bene fare una premessa richiamando il principio di specificità del training: ogni allenamento porta degli adattamenti specifici per la disciplina in cui ci stiamo allenando. Da ciò deriva, ad esempio, che quello di potenza aerobica della bici è inevitabilmente diverso da quello di potenza aerobica della corsa.

Detto questo, le utilità della cyclette anche rispetto alla corsa, e alla salute in generale, non mancano. Principalmente essa ci permette di allenare la funzione cardiaca dell’organismo: durante l’attività, infatti, aumenta la capacità del cuore, aumenta la gittata sistolica, quindi la gittata cardiaca, e di conseguenza si determina un abbassamento della frequenza cardiaca, che è sinonimo di migliore condizione.

Una ulteriore considerazione sulla cyclette riguarda l’aspetto della forza. La richiesta di forza muscolare che richiede la cyclette è infatti superiore rispetto a quella della corsa, e questo spiega perché il podista, non essendovi abituato, faccia molta più fatica.

Tutto questo, ad ogni modo, emerge con tutta evidenza anche solo raffrontando le maggiori masse muscolari che hanno i ciclisti rispetto ai podisti, appunto.

Quali sono, però, i limiti sull’utilizzo della cyclette da parte di un runner?

Venendo ai “punti deboli” di questa tipologia di allenamento, torna in ballo il principio di specificità, che ci dice che quando usiamo la cyclette lavoriamo solo su aspetti locali: in altre parole, il miglioramento della capacità ossidativa dei muscoli (che si traduce in miglioramento della vascolarizzazione, aumento delle dimensioni dei mitocondri, incremento degli enzimi) riguarda solo i muscoli che utilizziamo per andare in bici, che non sono esattamente gli stessi che usiamo nella corsa, anche se può sembrare.

In altre parole, mentre pedaliamo i muscoli che traggono il maggiore beneficio non sono esattamente quelli che usiamo per correre. E questo perché nella cyclette è proprio il gesto meccanico che cambia: sei seduto, le braccia non lavorano essendo appoggiate al manubrio, e non hai un impatto a terra.

Ulteriori considerazioni sono che sulla cyclette si suda molto, e la disidratazione può diventare un problema: quindi bevete frequentemente. Infine la questione della postura: passare dal non andare mai in bici all’andare ogni giorno è rischioso, e può causare problemi posturali; quindi regolate bene l’altezza del sellino, le distanze di pedali e manubrio, specie quando la seduta è piuttosto lunga.

E veniamo al tapis roulant: uno strumento che non tutti hanno ma che ha spinto molti a procurarselo negli ultimi mesi. Pro e contro in generale?

Di grossi contro non ne vedo. Aspetti negativi minori, se proprio vogliamo trovarli, sono anche in questo caso il fatto di sudare molto, nonché la difficoltà psicologica del correre in un ambiente solitamente chiuso, restando relativamente “fermi”. Questo si ripercuote sulla durata dell’attività: io tendenzialmente eviterei di andare oltre i 40/50 minuti di corsa sul tapis.

È chiaro poi che se sei un maratoneta devi correre di più, ma appunto se prepari distanze più corte non è il caso di abituarsi troppo a questo tipo di corsa. A questo proposito, infatti, alcune ricerche dimostrano che quando corriamo sul tappeto tendiamo ad avere un appoggio di mesopiede, quindi con il piede parallelo alla superficie: cosa che non tutti fanno nella corsa outdoor, vuoi perché corrono sull’avampiede, vuoi perché corrono “di tallone”.

Venendo ai pro, il primo è che il tappeto corre per certi versi al tuo posto, e tu devi solo “seguirlo”.

Dopodiché il tapis ti permette di fare una gamma di lavori piuttosto ampia: corsa continua, alle diverse intensità; corsa intervallata (il classico fartlek); corsa in progressione, molto utile specie se non si è abituati (perché il tappeto ti “costringe” a chiudere forte); lavori in pendenza, che ti permettono di lavorare sulla parte muscolare, riproducendo il fondo collinare, e sono anche utili per conservare proprio la preparazione invernale di cui si parlava prima; cronoscalate.

Anche in questo caso vale quanto detto per la cyclette: non serve esagerare, correte soprattutto a sensazione sulla base del lavoro che programmate.

Cerchiamo di chiarire un dubbio comune: quanto è fedele la riproduzione sul tapis di certi allenamenti “dal vivo”?

Qui cominciamo a guardare la parte scientifica. La riproduzione sul tapis di certi allenamenti dal vivo non è affidabile al 100%. Di conseguenza, non possiamo basarci sul tapis per predire la nostra prestazione outdoor effettiva. Faccio un esempio: se la scorsa settimana ho fatto un fondo sul tapis a una media di 3’10”/km, con 170 pulsazioni/min, e due settimane dopo, sempre sul tapis, ho corso a 3’10”/km, con 166 pulsazioni/min, molto probabilmente sono migliorato, ma non posso pensare che all’aperto, per una sorta di proprietà transitiva, riuscirò a tenere la media dei 3’10”/km a 166 battiti.

Questo perché c’è una differenza di ambiente anzitutto. Differenza che si apprezza soprattutto in un fattore: quello della resistenza dell’aria alla corsa, che nella corsa outdoor c’è, mentre nella corsa sul tapis no.

Alcune ricerche sostengono allora che, al fine di riprodurre con maggiore fedeltà la corsa all’esterno (in termini di costo energetico), sia necessario impostare la pendenza del tapis all’1%. Ma questa ricerca si basa su una velocità massima di 18 km/h.

A ritmi superiori, cui corrispondono resistenze superiori nella corsa outdoor, la precisione del tapis sarà dunque diversa. Dalla teoria alla pratica, poi, le cose cambiano, anche perché è bene ricordare che in tutti questi studi sono stati utilizzati tapis roulant “avanzati”, di cui dispongono università e altri ambienti di ricerca. Insomma, mezzi di cui noi generalmente non disponiamo.

Ecco perché i risultati e i dati della ricerca devono essere calibrati rispetto al caso pratico, perché sono dati relativi. Questo ad ogni modo è un discorso prettamente energetico, non riguarda la biomeccanica della corsa.

Quello che ci interessa capire è che, dal punto di vista energetico, per velocità minori il tapis è assimilabile alla corsa outdoor. Per altri punti di vista invece no: ad esempio la questione dell’appoggio del piede che abbiamo visto prima.

Ferma restando questa considerazione, il tapis resta un’ottima soluzione, oltre che per tenersi il più allenati possibile, anche per lavorare sulla tecnica: non dovendo pensare troppo al ritmo ci si può infatti concentrare meglio sulla postura e sulle braccia.

Per completare il quadro, il mantenimento della forma in questo periodo passa anche da una giusta nutrizione: che consigli ti senti di dare in questo senso?

Come atleta che studia queste cose più che come professionista posso dire questo: mangiate in maniera equilibrata, includendo in ogni pasto sempre carboidrati, proteine e grassi. Uno dei rischi è che essendo a casa, e avendo meno cose da fare, ci venga la tentazione di mangiare: niente di più sbagliato.

A maggior ragione in questo momento non dobbiamo rompere la routine. Importantissimo invece idratarsi, e anzi bere di più e integrare con sali minerali perché l’allenamento indoor provoca una maggiore sudorazione. In generale bisogna poi ricalibrare l’apporto di calorie, perché è chiaro che un’ora di cyclette richiede meno calorie dell’ora di corsa che facevamo. Infine molta frutta e verdura, che sono essenziali per il sistema immunitario.

Tobia, grazie per aver condiviso tutte queste conoscenze e consigli. Chiudiamo con un messaggio finale: come ne usciremo una volta che tutto questo sarà finito?

Io lancerei una provocazione: sarà impossibile uscire più forti dal punto di vista fisico, dobbiamo metterci il cuore in pace su questo.

Potremo però uscire molto più forti dal punto di vista psicologico, della mentalità, e io confido che sarà così. E in tutto questo sono sicuro che i mezzi di cui abbiamo parlato ci aiuteranno sicuramente a limitare i danni, a patto di riuscire ad usarli nel modo giusto.

Tobia Beltrame
Tobia Beltrame
Sport OK Junior