L’Atletica è stata la grande protagonista del Festival dello Sport organizzato dalla Gazzetta dello Sport a Trento. Il capoluogo trentino è stato il punto di incontro di grandi campioni del passato e del presente di ogni disciplina sportiva, che hanno raccontato le loro storie in una serie di incontri emozionanti e ricchi di spunti interessanti.

Il momento clou del Festival è stato l’incontro con Gianmarco Tamberi e Mutaz Barshim denominato “Saltiamo sul mondo”, che ha concluso la quattro giorni trentina.

Barshim e Tamberi hanno condiviso la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Tokyo 2021 con 2.37m nella finale del salto in alto al termine di una gara con sei salti senza errori. I due campioni intervistati dal giornalista della Gazzetta dello Sport Andrea Buongiovanni hanno raccontato sul palco la storia della loro amicizia iniziata durante i Mondiali under 20 di Moncton del 2010.

Gianmarco Tamberi: “Io e Mutaz ci siamo conosciuti nel 2010 ai Mondiali di Moncton. Io avevo cominciato da un anno. Lui era già un mito. Il doppio oro olimpico non sarebbe stato possibile con altri atleti. Non è solo una questione di condividere un oro, ma dipende da ciò che era successo prima. Nel 2016 e nel 2018 abbiamo avuto entrambi gravissimi infortuni molto simili. Stavamo saltando entrambi al nostro massimo livello e ci siamo fatti male in un modo dal quale sembrava impossibile tornare.

Entrambi eravamo in un angolo buio. Siamo stati per mesi più dai medici che su una pista di atletica. Sapevamo che sia io sia lui non meritavamo l’argento per tutto quello che era successo per la nostra storia, le nostre famiglie, i nostri Paesi. Non rifaremmo la stessa cosa anche a Parigi. E’ stato talmente unico, che rifarlo rovinerebbe il passato. Vorremmo che rimanesse un momento unico. Non avrei condiviso l’oro olimpico non nessun altro atleta”.

Mutaz Barshim: “Il mio primo ricordo di questo pazzo che ho a fianco è di lui che mi viene ad abbracciare. Mi dice: ‘Mutaz, sei grande. Sei il mio idolo. L’oro condiviso a Tokyo è qualcosa che non può venire replicato. Non puoi creare una nuova Mona Lisa. Ce n’è una sola”.

Tamberi ha ricordato i momenti più duri dell’infortunio di Montecarlo del 2016 che gli ha precluso le Olimpiadi di Rio de Janeiro.

Non credo che dimenticherò: E’ impossibile. E’ stata durissima e se ci sono riuscito è stato grazie a Mutaz. Ricordo il giorno in cui sono tornato a gareggiare a Parigi nel 2017 dopo l’infortunio. Ero molto emozionato e sbagliai tre prove alla misura d’ingresso a 2.20m. Quel giorno ero distrutto. Pensavo di aver buttato via un anno. Ho girato per Parigi da solo. Non rispondevo al telefono. In camera non aprivo a nessuno.

Poi venne a bussarmi alla porta Barshim. Voleva parlarmi. Aprii la porta. Sapevo che era la persona che poteva svoltare la situazione. Mutaz mi disse: ‘Puoi tornare a volare. Devi solo capire che non devi farlo per gli altri. Lo devi fare per te stesso’ Quel giorno Mutaz fu la mia mamma. Se quelle parole le avesse dette un altro non avrebbero avuto lo stesso effetto. La gara successiva a Szekesfehrvar saltai 2.28m. Io e Mutaz siamo gli opposti. Ci accomuna il modo in cui intendiamo lo sport”, ha affermato Tamberi.

Barshim, che conduce per 22-7 nel computo degli scontri diretti con Tamberi, più la sfida delle Olimpiadi di Tokyo finita in parità, ha superato la barriera dei 2.40m 11 volte in carriera con la punta massima raggiunta in occasione del record asiatico di 2.43m stabilito a Bruxelles nel 2014. Tamberi ha realizzato il record italiano con 2.39m a Montecarlo nel 2016.

Gianmarco Tamberi:Credo che Mutaz sia il più forte di sempre perché ha vinto tutto in tante occasioni. Ha saltato molte volte 2.40m e oltre. Quando riesco a batterlo, mi sembra di aver battuto Bolt.

Tamberi ha vinto il titolo mondiale a Budapest con 2.36m battendo Ju’Vaughn Harrison e Barshim completando il “Grande Slam” dopo l’oro olimpico di Tokyo e il titolo europeo outdoor a Monaco di Baviera.

Mutaz Barshim: “Mi aspettavo che Gianmarco avrebbe potuto vincere. So che è un combattente e un grande agonista.”

La lunga stagione 2023 è appena finita ma l’anno che porterà alle Olimpiadi di Parigi è ormai alle porte.

Barshim: “Con il successo ai Giochi Asiatici in Cina ho terminato la stagione 2023 appena dieci giorni fa. Sarò in vacanza fino a metà Novembre. Pensando a Parigi il primo obiettivo sarà stare bene”.

Tamberi: “Probabilmente sarà la mia ultima Olimpiade e questo mi emoziona. Poi farò una famiglia con mia moglie Chiara”.

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Uno degli incontri più divertenti dell’intero Festival ha visto come protagonisti il primatista mondiale del salto in lungo Mike Powell e il campione europeo under 18 e under 20 Mattia Furlani. Powell detiene da 32 anni il record mondiale con il favoloso salto da 8.95m realizzato ai Mondiali di Tokyo. 1991. Il saltatore statunitense migliorò di cinque centimetri lo storico primato di Bob Beamon stabilito in occasione della finale delle Olimpiadi di Città del Messico nel 1968. Beamon partecipò al Festival dello sport nel 2022.

Mike Powell: “E’ il primato più longevo della storia, ma quel salto nella fase di chiusura non fu perfetto. In condizioni ideali avrei potuto atterrare intorno ai 9.15m, misura realizzata in allenamento. Poco prima delle Olimpiadi di Barcellona nel Luglio del 2012 saltai 8.99m con troppo vento a favore al meeting di Sestriere ma mi procurai un infortunio”.

Powell vinse la finale dei Mondiali di Tokyo 1991 battendo per la prima volta Carl Lewis, che raggiunse 8.91m ventoso e tre salti da 8.87m, 8.84m, 8.83m con vento regolare nella più grande gara della storia di questa specialità. Powell ha vinto un altro oro mondiale a Stoccarda 1993, il bronzo iridato a Goteborg 1995 e due argenti olimpici a Seul 1988 e Barcellona 1992. Prima della finale di Tokyo Powell non aveva mai battuto Lewis nei precedenti quindici scontri diretti con Lewis.

Ho vinto due ori mondiali e due argenti olimpici in un’epoca nella quale Carl Lewis dettava legge. Mi era talmente superiore, che non avrei potuto nemmeno definirlo un rivale. Prima di Tokyo il bilancio degli scontri diretti era di 15-0. Quasi non ci credo ancora adesso di aver battuto Lewis, anche se ho sempre creduto che sarei stato capace di un simile risultato. Da ragazzino sognavo di diventare un campione NBA. Il basket è stato il mio primo amore e mi sono ritrovato stella del salto in lungo.

Ho praticato anche il salto in alto che ha molti aspetti in comune con il basket. Sarò sempre riconoscente all’atletica, al punto da fantasticare una partecipazione ai Trials olimpici statunitensi a 60 anni. Se non ce la farò io, ci riuscirà il mio allievo Jermal Jones, che seguo alla Azusa Pacific University vicino a Los Angeles in California. Quando ho iniziato a seguirlo aveva un personale di 7.77m. Quest’anno si è migliorato fino a 8.10m. L’anno prossimo può arrivare fino a 8.40m”, ha affermato Powell.

Powell ha abbracciato sul palco la giovane stella dell’atletica azzurra Mattia Furlani arrivato quest’anno a 8.44m con vento a favore oltre la norma a Savona e a 8.24m con vento regolare al meeting di Hengelo. Il diciottenne reatino ha avvicinato il record personale in occasione della vittoria agli Europei under 20 a Gerusalemme. Powell è rimasto impressionato nel vedere il salto da 8.44m. Furlani e Powell sono accomunati dal fatto di aver praticato entrambi il basket prima di dedicarsi all’atletica.

L’ho visto in azione. Mattia sembra me da piccolo. L’ho incontrato l’anno scorso per la prima volta ai Mondiali under 20 di Cali dove ero presente come ambasciatore di World Athletics. L’ho visto saltare 8-44m. E’ un risultato pazzesco. Non tarderà ad arrivare a 8.60m-8.70m. Basta che non si spinga fino al mio record. Se poi vorrà venire in America ad allenarsi con me, sarò contento”.

Powell è ancora in perfetta forma e non è cambiato molto rispetto a quando gareggiava sulle pedane di tutto il mondo.

Sono nella fase in cui cerco di far stare bene il mio corpo visto che tra poco compirò 60 anni. Per questo sembro così in forma. L’eredità del mio record del mondo è una storia per gli “underdog”, i piccoli Davide che pensano di poter battere i Golia, come ho cercato di fare io con Carl Lewis. Alla fine ho fatto il record del mondo. Se alla fine ho battuto Lewis è perché è una questione personale. Credevo di poterlo battere.

Tanti amici del mondo dell’atletica mi dicevano: ‘Ti stimiamo per quello che hai fatto perché non sei mai stato una stella. Sono partito dal fondo per arrivare in alto e ho lavorato duramente per arrivarci. Sono molto orgoglioso di questo. Vincere il titolo mondiale battendo il record del mondo è qualcosa che mi emoziona ancora. Sono stato detentore più a lungo di Bob Beamon e Jesse Owens

Mattia Furlani ha ringraziato Powell per i complimenti ma ha confermato l’intenzione di rimanere ad allenarsi con sua madre Kathy Seck.

Resto con mia mamma, ma potermi confrontare con un campione come Mike Powell è una soddisfazione impagabile. I suoi consigli sono preziosissimi. Mike ha detto che suo fratello è un musicista. Ho scoperto di avere un aspetto in comune con lui che non sapevo perché anche mio fratello ha la passione per la musica. Mi attende una stagione 2024 ricca di eventi con Mondiali Indoor di Glasgow, Europei di Roma, Olimpiadi di Parigi e Mondiali under 20 di Lima. Gareggiare agli Europei di Roma davanti al pubblico di casa sarà speciale”.

Un altro incontro che ha visto per protagonisti un campione statunitense del passato e un giovane talento italiano è stato quello tra l’ex primatista mondiale dei 400 metri ostacoli Kevin Young e il finalista olimpico Alessandro Sibilio.

Young ha scritto una pagina di storia dell’atletica quando vinse l’oro olimpico dei 400 metri ostacoli in 46”78 migliorando dopo nove anni il record mondiale di Edwin Moses realizzato al meeting tedesco di Coblenza nel 1983 con 47”02. Lo statunitense è diventato il primo atleta della storia ad infrangere la barriera dei 47 secondi.

Il record di Young è rimasto imbattuto per 29 anni fino al Luglio 2021 quando Karsten Warholm corse in 46”70 ai Bislett Games di Oslo. Warholm ha migliorato successivamente il record portandolo ad un sensazionale 45”94 nella finale Olimpica di Tokyo. Young si allenava insieme a Quincy Watts sotto la guida di coach John Smith a Los Angeles. Nella magica stagione 1992 Young vinse tutte le gare disputate, compresa la finale del Grand Prix a Torino.

Kevin Young: “Edwin era un mito dell’atletica. Fare meglio del suo primato mondiale in un’occasione così prestigiosa fu il massimo. Ricordo tutto di quel giorno e di quella gara. Quando tagliai il traguardo sentii lo speaker gridare record del mondo in spagnolo e in francese. Ero abbonato ai quarti posti delle Olimpiadi di Seul 1988 e dei Mondiali di Tokyo 1991. Sulla pista di riscaldamento il mio allenatore John Smith mi cronometrò dei tempi clamorosi in una delle ultime sedute di rifinitura. Era la conferma che la condizione di forma era eccezionale. Dopo aver corso con una ritmica da 12 passi tra il terzo e il quarto ostacolo ero già davanti a tutti i miei avversari. Era come se volassi. Il rettilineo finale fu una cavalcata trionfale. Anche se incocciai sull’ultimo ostacolo e incominciai ad esultare prima del traguardo, la prestazione fu sensazionale. Se avessi avuto a disposizione i materiali e le metodologie di adesso, avrei potuto correre in 45”90. Sono comunque soddisfatto di dove sono arrivato e delle esperienze che ho maturato. L’atletica mi ha dato tanto e ancora oggi vivo di sport. Ora sono laureato in Etica dello Sport e vivo a Zurigo. In Europa la gente mi riconosce per strada e mi acclama più che negli Stati Uniti. L’accoglienza che ho trovato qui a Trento è stata fantastica.

Trento è una città meravigliosa. Karsten Warholm è un atleta straordinario. Lo vidi gareggiare nel 2019 a Zurigo. Già quel giorno lui e Raj Benjamin andarono vicini al mio record. Corsero i primi 200 metri in modo incredibile. Ho capito che sarebbe stata solo una questione di tempo perché il mio record cadesse. Karsten corse gli ultimi due ostacoli con 15 passi e chiuse in 46”92 mentre Benjamin fece segnare 46”98. Il record rimase ancora mio. La dinamica della gara è cambiata negli ultimi 30 anni. Io distribuivo con intelligenza la gara, mentre Karsten corre forte fin dal primo ostacolo. L’unico che faceva come lui è stato Danny Harris. E’ molto ben allenato e mentalmente è una persona fortissima”.

Sibilio è stato brillante finalista alle Olimpiadi di Tokyo con l’ottavo posto in 48”72 nella più grande gara di 400 metri ostacoli della storia dopo aver migliorato il record personale con 47”93 in semifinale.

Alessandro Sibilio: “Ho avuto la fortuna di essere protagonista nella gara dell’attuale record del mondo. I primi tre classificati scesero sotto il precedente record di Young. Quando vidi il tempo di Warholm sul tabellone elettronico rimasi stupito. Pensavo che ci fosse stato un errore nel cronometraggio. Sono reduce da due stagioni nelle quali avrei voluto fare di più, ma gli infortuni non me l’hanno permesso. Sentir parlare di Moses e poter chiacchierare con Young mi stimola molto. Spero che il 2024 con gli Europei di Roma e le Olimpiadi di Parigi possa essere l’anno della seconda svolta”.

Tre dei quattro “moschettieri” della staffetta 4×100 azzurra Filippo Tortu, Lorenzo Patta e Roberto Rigali hanno ripercorso i momenti più emozionanti vissuti dopo la conquista della medaglia d’argento ai Mondiali di Budapest dietro gli Stati Uniti 40 anni dopo il secondo posto del quartetto composto da Stefano Tilli, Pierfrancesco Pavoni, Carlo Simionato e Pietro Mennea nella prima edizione dei Mondiali di Helsinki 1983 alle spalle di una formazione statunitense guidata da Carl Lewis.

Tortu, Patta e Rigali sono legati da un forte rapporto di amicizia e proprio la sintonia perfetta all’interno del gruppo ha permesso agli azzurri di salire ancora sul podio in una grande manifestazione internazionale due anni dopo la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Tokyo.

Filippo Tortu: “Nei raduni e alle gare ci prendiamo continuamente in giro, ma quando arriva il momento più importante, lavoriamo duro e non lasciamo nulla al caso. Arrivare a questo risultato non è stato facile. Dopo una stagione 2022 complicata, abbiamo fatto fatica a qualificarci per i Mondiali, ma quando è arrivato l’appuntamento clou, abbiamo dimostrato di essere all’altezza della situazione grazie a cambi di qualità, che sono la nostra arma in più. Abbiamo fatto le vacanze insieme a Golfo Aranci in Sardegna, dove Patta ha pescato pesci con il secchiello. Poi siamo stati a Copenaghen da un amico di Rigali. Ogni volta che rivedo le immagini della gara di Budapest mi sembra di rivivere le stesse emozioni. Il mio ricordo più bello è stato quando Roberto Rigali si è lanciato addosso per abbracciarmi. E’ stato bellissimo ma dobbiamo essere già concentrati su quello che ci aspetta l’anno prossimo. Dobbiamo essere consapevoli che è stato un grande risultato ma dobbiamo fare meglio l’anno prossimo. Ci attende una stagione 2024 lunghissima. Il prossimo Maggio abbiamo in programma i Mondiali di staffette alle Bahamas, che qualificheranno per le Olimpiadi di Parigi. Abbiamo un titolo da difendere.

Anche se sono cinque o sei le nazionali in grado di arrivare lontano, noi non potremo fallire. Non dimentichiamo l’appuntamento casalingo con gli Europei di Roma (7-12 Giugno). L’entusiasmo in quei giorni sarà alle stelle. Mettere gli Europei sullo stesso piano delle Olimpiadi è strano ma avranno un valore incredibile perché si svolgeranno in casa. L’obiettivo sarà vincere la medaglia d’oro e scendere sotto i 20 secondi e vincere il titolo europeo con la staffetta. A Parigi cercherò di andare in finale sui 200 metri. Sarà una grande sfida e sono consapevole di poterlo fare. Ho ripreso ad allenarmi lunedì scorso. In marzo ci rivedremo per la staffetta”.

Rigali ha rappresentato una delle storie più belle di questa stagione perché è uno dei pochi atleti della nazionale italiana non appartenenti ad un gruppo sportivo militare essendo tesserato per la Bergamo Stars. L’allievo di Alberto Barbera ha migliorato i record personali sui 60 metri indoor con 6”62 e sui 100 metri con 10”25.

Roberto Rigali: “Sono il solo a non appartenere ad un gruppo sportivo militare. Per arrivare fin qui ho faticato il doppio. Non ho mai smesso di crederci, nemmeno nei momenti più difficili. Dopo la conquista della medaglia ho fatto festa per due-tre settimane. Dopo la medaglia non ho dormito per tre giorni. Ora ho realizzato quello che ho fatto, ma inizialmente non avevo capito quello che stava succedendo. E’ stato uno spettacolo che spero di rivivere. Volendo fare un paragone con la Formula 1 siamo stati come una McLaren

Lorenzo Patta è passato dalla prima alla terza frazione. Il velocista sardo ha corso in 10”08 con vento a favore oltre la norma al meeting di Savona.

Lorenzo Patta: “Ognuno ha il suo carattere e le proprie caratteristiche. Sommandole, emerge un gruppo dalle idee e dagli obiettivi chiari. Siamo un gruppo di amici. Trascorriamo insieme 24 ore su 24 e stiamo bene insieme. Questa medaglia vale anche di più rispetto a quella di Tokyo per come è arrivata. Il giorno dopo mi sono svegliato tardi e ho perso la navetta per andare all’aeroporto e ho dovuto prendere un taxi”.

Samuele Ceccarelli ha vinto la medaglia d’oro sui 60 metri agli Europei Indoor di Istanbul 40 anni dopo la vittoria di Stefano Tilli nell’edizione della rassegna continentale al coperto di Budapest 1983. Ceccarelli e Tilli hanno ricordato le loro imprese in un incontro molto divertente.

Ceccarelli si è rivelato lo scorso Febbraio con la vittoria ai Campionati Italiani indoor di Ancona in 6”54 davanti al campione olimpico Marcell Jacobs prima di vincere l’oro agli Europei Indoor di Istanbul in 6”48 dopo aver migliorato il record personale con 6”47 in semifinale. Nella stagione estiva lo sprinter toscano ha migliorato il record personale con 10”13 sui 100 metri al Golden Gala di Firenze prima di eguagliarsi in occasione della vittoria nel Campionato Europeo per nazioni di Chorzow, dove l’Italia ha conquistato la prima storica vittoria.

Samuele Ceccarelli: “Il più sorpreso di quello che mi è successo negli ultimi mesi sono io. Sapevo che prima o poi sarei arrivato a questi livelli, risolti finalmente i problemi fisici. E’ stata una stagione fantastica, anche se non ho problemi ad ammettere che avrei voluto fare meglio ai Mondiali di Budapest. L’obiettivo era arrivare in semifinale e l’ho fallito. Ho pagato forse qualche acciacco fisico anche per via delle tante gare svolte sin da Gennaio. Da Luglio in poi ho perso un po’ di smalto. Lunedì ho cominciato la preparazione per la stagione 2024. Dopo tre settimane di vacanze ho un po’ di ruggine da eliminare. Il prossimo anno sarà ricco di appuntamenti importanti: i Mondiali indoor di Glasgow, i Mondiali di staffette alle Bahamas, gli Europei di Roma, per i quali non oso immaginare la passione e il calore della gente, e naturalmente le Olimpiadi di Parigi. La mia vita è cambiata di più di quanto mi aspettassi. Non avevo idea di quello che avrebbe potuto succedere. Sono grato delle opportunità che si sono presentate. Ho avuto la caparbietà di sfruttarle al meglio. Non aver mai mollato mi ha portato a raggiungere questi risultati. Sono contento di essere entrato nella squadra della staffetta. Siamo un bel gruppo. Fuori dalle gare si ride e si scherza, ma lavoriamo duro quando facciamo sul serio. Siamo allo stesso modo intercambiabili.

Quello che conta è portare il più in alto possibile il nome dell’Italia. Cambiano solo i nomi e i cognomi, ma per il resto siamo tutt’uno. Non chiamatemi l’anti-Jacobs. Mi sembra una definizione eccessiva. La vedo più come una rivalità sana. Quando siamo ai blocchi di partenza, conta arrivare in fondo il prima possibile. Non importano il background e le medaglie del passato. Può succedere di tutto. Mettermi in gioco con dei grandi campioni è soltanto uno stimolo per fare meglio. Non ho parlato con Jacobs della sua scelta di trasferirsi negli Stati Uniti, ma se ha fatto questa scelta, credo che sia giusto che lui possa giocarsi le sue carte. Se si è aperta questa opportunità, credo che potrà sicuramente coglierla. La sua scelta ha il suo perché”.

Stefano Tilli: “L’augurio per Samuele è che possa tornare tra 40 anni nel 2063 a celebrare i suoi successi di un’intera carriera. Come primo anno Samuele ha già fatto molto battendo il campione olimpico Jacobs. Ha corso bene al Golden Gala di Firenze. Può sempre migliorare e arrivare intorno ai 10 secondi netti, che è sempre un bel correre. È un peccato che Jacobs abbia fatto la scelta di allenarsi negli Stati Uniti. Io l’avrei coccolato qui da noi. In Italia abbiamo una grande tradizione nello sprint e mi sarebbe piaciuto vederlo sfrecciare sulle piste italiane.

Gli auguro tutto il meglio ma un pizzico di dispiacere c’è. Filippo Tortu ha ambizioni importanti. Ambisce a scendere sotto i 20 secondi. Il suo talento ci autorizza ad aspettarcelo. Quest’anno non ci è riuscito ma può farcela l’anno prossimo nell’anno delle Olimpiadi. Nella mia carriera ho avuto tanti momenti belli. Ricordo che 40 anni fa vinsi l’oro agli Europei indoor sui 60 metri e poi conquistai l’argento con la staffetta 4×100 ai Mondiali di Helsinki. Come inizio non è stato male e lo ricordo con grande piacere. Ero compagno di stanza di Pietro Mennea. Ricordo ancora che Pietro mi leggeva il Sole 24 Ore fino alle 2 di notte. Gli dicevo che era meglio se lo leggesse in giornata. Lui mi rispondeva che durante la giornata bisognava allenarsi.

Marcello Fiasconaro ha festeggiato quest’anno il cinquantesimo anniversario del suo storico record del mondo sugli 800 metri stabilito il 26 Giugno 1973 in una magica serata di inizio estate all’Arena Civica, quando fermò il cronometro in 1’43”7 durante l’incontro internazionale tra Italia e Cecoslovacchia. Il tempo di Fiasconaro resiste tuttora come record italiano a pari merito con il 1’43”74 realizzato da Andrea Longo con cronometraggio automatico a Rieti nel 2000.

Fiasconaro migliorò di sei decimi di secondo il precedente record del mondo detenuto in comproprietà da Peter Snell (doppio campione olimpico sugli 800 metri a Roma 1960 e a Tokyo 1964), da Ralph Doubell (oro olimpico a Città del Messico 1968) e Dave Wottle (campione olimpico a Monaco di Baviera 1972). Il primato di Fiasconaro rimase imbattuto per tre anni e fu migliorato da “El Caballo” Alberto Juantorena con 1’43”5 nella finale delle Olimpiadi di Montreal 1976.

Marcello Fiasconaro: “Fu una notte magica. Non partii con l’intenzione di battere il record del mondo, ma avevo l’obiettivo di portare punti alla nazionale per la classifica dell’incontro tra Italia e Cecoslovacchia. All’indomani dell’impresa il capitano del volo Milano-Roma, preso per imbarcarmi per Johannesburg e tornare a casa, annunciò che a bordo c’era il primatista del mondo. L’applauso fu corale e fragoroso.

Ancora adesso mi sorprendo di quanta gente mi riconosca e mi chieda autografi e selfie. Ho il rimpianto di non aver mai potuto partecipare ad un’Olimpiade a causa dei continui infortuni, ma, guardando indietro, non posso non ritenermi soddisfatto per tutte le esperienze che ho potuto fare. Conservo alcune amicizie durature con alcuni atleti del passato Franco Fava, Franco Arese e Carlo Grippo”.

Fiasconaro iniziò la sua carriera giocando a rugby (sport popolarissimo in Sudafrica) nelle file della squadra giovanile di Western Province.

Lo sport, includendo anche il rugby che è sempre stato la mia passione, mi ha insegnato tanto, mi ha aiutato anche nella vita professionale e tuttora, grazie al golf che pratico con continuità, è parte integrante delle mie giornate”.

La nuova generazione degli ottocentisti guidata da Simone Barontini, Catalin Tecuceanu e Francesco Pernici ha dimostrato di avere le potenzialità per battere il record italiano di Fiasconaro in un futuro non troppo lontano.

Spero che il mio record italiano venga presto battuto. Ai giovani ottocentisti italiani suggerisco di lavorare duro, di lavorare tanto, magari facendo un po’ meno palestre, e di correre di più ma soprattutto di non prendersi troppo sul serio”.

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