Il 5 ottobre 2019 si è svolta, durante i campionati mondiali di Doha, una delle gare di atletica più incredibili mai disputate, con ben tre atleti che si sono contesi il titolo del getto del peso, stabilendo ciascuno il proprio personale, nello spazio di 1 centimetro.
- Joe Kovacs 22,91
- Ryan Crouser 22,90
- Tomas Walsh 22,90
Una finale dai contenuti tecnici mai visti con un altro atleta capace di superare i 22 metri, Darlan Romani 22,53 e ben quattro che superarono i 21 metri.
Pensate che Kovacs, nelle qualificazioni di due giorni prima, lanciò 20,92, pure se al primo e unico lancio, mentre Leonardo fece due nulli con l’unico lancio valido, il secondo, di 20,75 che sino all’ultimo dei tre lanci previsti lo poneva all’11° posto delle qualifiche.
Dopo, purtroppo, sia Tomas Stanek con 21,02 che Tim Nedow con 20,94, lo relegarono al primo degli esclusi dalla finale.
Insomma, un bel momento storico quello di questa specialità dove un giovane talento azzurro di soli ventitre anni, Leonardo Fabbri, sta precorrendo i tempi in una disciplina dove l’età ha un suo peso, in tutti i sensi.
Si, perché il getto del peso è una specialità composta di vari elementi fra cui la forza fisica è certamente importante ma, ancor di più, la tecnica e, per impararla molto bene ci vogliono anni e anni di allenamento che fanno si che la reale esplosione agonistica avvenga dopo i 25 anni, con una potenzialità di rendimento ottimale ben più lunga di quella di un atleta di altre discipline.
Ed è per questo che, al di là di un inizio di stagione strepitoso, con l’ottenimento del record italiano indoor di 21,59, tolto addirittura ad Alessandro Andrei, Leonardo ha preso con grande filosofia il rinvio delle Olimpiadi, pur rimanendo estremamente concentrato nell’attesa delle decisioni delle varie Federazioni su quanto potrà essere di questa strana, drammatica stagione.
Ciao Leo. Finalmente da lunedì 4 maggio potrai tornare a frequentare regolarmente un impianto sportivo. Sei riuscito, in questo periodo, ad allenarti con una certa continuità?
Ciao. La mia vita delle ultime settimane è stata certamente improntata all’attività fisica, con una serie di allenamenti di mantenimento della condizione e di ripasso della tecnica di lancio.
Purtroppo non ho una palestra in casa e ho un giardino non grandissimo, per cui non ho potuto lanciare, ne fare specifici allenamenti di forza, ma mi sento molto bene e, compatibilmente con le normative in essere, credo che dalla settimana prossima ritornerò a Bologna, presso il Centro Sportivo dei Carabinieri, dove vivo e mi alleno tutto l’anno, quando non sono in giro per gare o ritiri.
Pur utilizzando la bellissima struttura del Gruppo Sportivo dei Carabinieri, tu sei un Atleta dell’Aeronautica. C’è un motivo particolare?
Ti ringrazio della domanda perché ci tengo particolarmente a dire che, entrare in questo Gruppo Sportivo, era sempre stato il mio sogno da bambino.
Anche se non sono certo un pilota, trovo affascinante tutto quello che appartiene al mondo dell’aereonautica e farne parte mi riempie di grandissimo orgoglio, in particolar modo quando posso indossarne la divisa.
Già un’uniforme su misura! Ci siamo incontrati solo una volta, in un ascensore a Doha e, come poche volte mi è capitato nella vita essendo io 1,92, per guardarti ho dovuto alzare nettamente la testa. Quanto sei alto esattamente?
2 metri esatti, non so perché da qualche parte c’è scritto 1,98, ma è un dato sbagliato come quello del peso che è un po’ di più di quello che c’è scritto in giro.
Ho letto che i tuoi genitori erano dei buoni sportivi. Tuo padre in particolare era un velocista. Non tutti sanno che per essere un grande lanciatore del peso bisogna anche essere molto veloci. E’ stato lui che ti ha spinto all’Atletica?
Si, mio padre era un cento metrista da circa 10″90. Lui è, in ogni caso un grande sportivo, come mia madre e ci teneva molto che praticassi uno sport a livello agonistico.
Ho provato tante specialità tra cui basket ed anche ginnastica artistica, a livello di un miglior coordinamento fisico, ma poi, ben presto, ho capito che la mia strada erano i lanci.
Come mai proprio il peso e non il martello il disco o il giavellotto?
Il martello non mi è mai piaciuto, a dire il vero, anche se qualche lancio l’ho fatto, da cadetto, come anche per il giavellotto.
Con il disco, invece, ho sempre continuato e ogni tanto faccio qualche gara, magari per scaricare le tensioni delle competizioni che contano. L’anno scorso ho fatto anche il mio personale con 53,02 ad Arezzo.
Tornando al peso diciamo che ho capito subito, ma soprattutto chi mi allenava, che era la specialità in cui avrei potuto ottenere i migliori risultati, anche in relazione al mio sviluppo fisico.
Il tuo primo allenatore è stato Franco Grossi ma, poi, da circa due anni, dal 2018 sei passato sotto la guida di Paolo del Soglio. Che importanza ha avuto per te questo cambio?
Con tutto l’affetto, ovviamente, per Franco che è stato colui che mi avviato all’Atletica agonistica, il passaggio con Paolo è stata per me la svolta fondamentale a 360 gradi.
Lui è sempre stato un punto di riferimento come atleta e pensa che, nell’ultima gara della sua vita, disputata a ben 46 anni a Cinisello Balsamo il 25 settembre 2016, mi battè per 6 cm, lanciando 17,18 metri contro i miei 17,12 che rappresentarono, però, il mio personale di allora.
Per me Paolo è veramente tutto, ormai, un secondo padre, un amico, uno straordinario maestro di vita ma, soprattutto, un grande allenatore capace di migliorarmi tecnicamente,in maniera fondamentale, con tutti i progressi che ne sono seguiti.
Tra l’altro, devo dire che l’incontro con lui ha segnato anche una mia maggiore responsabilizzazione su quella che deve essere la vita di un atleta e, infatti, per seguire delle regole sempre più precise, mi sono anche trasferito alla caserma dei Carabinieri di Bologna dove lui si è sempre allenato.
Senti Leo raccontami brevemente il fondamento della preparazione di un lanciatore del peso. Quale è l’aspetto più importante da seguire e sviluppare?
Ovviamente le doti fisiche naturali sono importanti ma, sicuramente l’aspetto fondamentale e primario di ogni buon lanciatore del peso deve essere la tecnica.
Senza entrare troppo nel dettaglio ricordo che esistono due tecniche di lancio, una lineare, che presuppone il semplice caricamento su una gamba che spinge poi il corpo e il braccio verso lo slancio, e quella rotatoria, che presuppone invece una rotazione velocissima del corpo per circa due volte prima di effettuare il lancio stesso.
Questo secondo stile è quello, ormai, adottato quasi da tutti ed è quello che ha permesso, negli ultimi anni, un graduale aumento del livello medio mondiale top. Quanti anni di lavoro ci vogliono per affinare al meglio questa tecnica?
Tanti, e infatti il grosso del lavoro che svolgiamo è proprio questo. Senza le dovute coordinazioni non si va da nessuna parte e questo ormai è ben stampato nella mia mente.
Farai anche tanta palestra immagino e credo anche un po’ di velocità pure intesa come ripetute su distanze brevi?
L’attività in palestra non è preminente nel mio allenamento anche se, ovviamente, la svolgo nell’ambito dei 10 allenamenti settimanali che svolgo, dal lunedi al sabato con quattro giorni in cui doppio.
La mia massa fisica è molto naturale e mi basta poca esercizio con i pesi per mantenerla. Tra l’altro, da un po’ di tempo, ho anche introdotto un regime alimentare specifico che mi viene seguito da Diego Fortuna, (ottimo ex discobolo azzurro n.d.r.) e questo mi aiuta molto a tenera bassa la massa magra perché, ormai, anche per un lanciatore del peso questo particolare è molto importante.
Sull’attività di corsa, invece, faccio spesso delle ripetute sui 100 metri, non distanze più brevi e, per ora, non ho mai fatto attività tipo traino mentre, per il sempre indispensabile miglioramento della coordinazione, faccio tanti lavori tra gli ostacoli.
Tornando all’attività agonistica, purtroppo per ora interrotta, tu sei uno dei pochi atleti, quest’anno, ad avere già avuto grandissimi risultati. Tra l’altro quest’anno, per la prima volta, sei andato in ritiro in Sudafrica. Come ti sei trovato?
Paolo mi aveva detto che questo sarebbe stato l’anno della svolta definitiva e nulla è stato lasciato al caso, a cominciare dal mese di allenamento in Sudafrica che è stato fantastico, sia per il clima caldo e secco che per i risultati ottenuti già li, nelle prime gare.
Avevamo programmato la stagione su due picchi, con il primo che doveva coincidere con i mondiali indoor di Nanchino di marzo e il secondo, dopo un altro ritiro a Los Angeles, in aprile proprio adesso, con gli obiettivi delle Olimpiadi e degli Europei.
Adesso ovviamente nessuno sa bene cosa succederà ma è chiaro che io sono strafelice di quanto accaduto quest’anno, dal mio punto di vista sportivo, anche se a febbraio stavo veramente bene e mi sentivo già nella condizione di poter avvicinare i 22 metri, quota che a cui puntavo in Cina.
A proposito di Cina, in particolare Nanchino. C’è una foto del 2014, che vedo da anni, in cui un sedicenne Filippo Tortu, con entrambe le braccia ingessate per una brutta caduta all’arrivo, ha dietro un giovane molto alto e magro. Mi sono sempre domandato chi fosse. Tu sai aiutarmi?
Certo ero io, l’altezza mi faceva sembrare più grande, ma avevo solo 17 anni e quelle Olimpiadi Giovanili sono veramente un bel ricordo. Forse un po’ meno per Pippo ma, nella foto, si capisce che tipo di carattere avesse sin da allora e come l’avesse presa con filosofia e simpatia.
Un ultimissima domanda sulle tue passioni oltre l’Atletica. So che sei tifosissimo della viola e, quando puoi, vai sempre in curva Fiesole a seguirla. Ma ami molto anche le serie TV, tra cui la “Casa di Carta”, cult degli ultimi anni. Chi è il tuo personaggio preferito?
Ovviamente Tokio…. chi altro potrebbe essere?
Grazie veramente Leo e speriamo di vederci presto su una pista, durante una competizione.