Nella specialità dei 400 ostacoli maschili, dai mondiali di Londra del 2017 sino all’estate di quest’anno, tutta l’attenzione è stata riposta sul fenomenale norvegese Karsten Warholm capace di vincere, da allora, due titoli iridati con quello di Doha 2019, il titolo europeo di Berlino 2018, quello olimpico di Tokyo 2021 in cui ha anche ottenuto il suo secondo record mondiale con il crono di 45″94, ed anche l’oro continentale di Monaco 2022 in un anno, però, in cui un malaugurato infortunio subito proprio agli inizi di giugno gli ha impedito di presentarsi al meglio ai mondiali di Eugene, dove è arrivato settimo in finale e ha lasciato lo scettro del vincitore al brasiliano Alison Dos Santos che ha ottenuto, nell’occasione, anche il personale nonché record sudamericano con 46″29.
Alison, pur avendo dei tratti del viso molto segnati a causa di un tragico incidente domestico avuto all’età di 10 mesi quando, a casa dei nonni, una padella di olio bollente gli cadde sulla testa provocandogli ustioni di terzo grado che lo costrinsero a rimanere in ospedale per quattro mesi, è in realtà molto giovane essendo nato a São Joaquim da Barra, nello Stato di San Paolo del Brasile, il 3 giugno 2000.
La sua era una famiglia non certo benestante e, pur essendo lui molto amante delle arti marziali con particolare riguardo al judo praticato dai 6 ai 14 anni, era per loro molto difficile fargli praticare tale disciplina agonistica in cui ogni allenamento costava denaro e offriva scarse possibilità di guadagno futuro.
In tale ottica quindi, vista in ogni caso la sua naturale predisposizione fisica allo sport, l’atletica leggera è stata vista come un’opportunità più economica e quindi il ragazzo ha deciso di dedicarcisi ma, in poco tempo, si è anche subito appassionato.
La sua prima grande ribalta internazionale è stata nel 2017 quando, a 17 anni appena compiuti, si è classificato quinto nei 400 ostacoli dei mondiali under 18 disputati in Kenya a Nairobi, mentre poi l’anno successivo in cui era passato di categoria, ha ottenuto il bronzo ai campionati iridati under 20 di Tampere in Finlandia, a soli 18 anni, facendo registrare il crono di 49″78.
Il suo primo importante titolo tra gli assoluti l’ha invece conquistato nel 2019, a Napoli, quando ha vinto le Universiadi con 48″57, mettendosi per la prima volta in grande mostra e poi, sempre da atleta juniores nello stesso anno, è arrivato nella finale mondiale di Doha dove ha chiuso con un brillante settimo posto e il personale di 48″28.
L’esplosione della pandemia mondiale all’inizio del 2020 ha ovviamente, come per tantissimi atleti specie di oltre oceano, condizionato tutta la sua stagione in cui non ha fatto nessuna competizione agonistica, ma Dos Santos ha sfruttato questo periodo per allenarsi e maturare fisicamente e, nel 2021, è realmente esploso presentandosi in una condizione strepitosa che gli ha consentito di battere il record sudamericano nella specialità del giro di pista con barriere per ben sei volte.
L’ultimo di questi primati peraltro, è stato ottenuto il 3 agosto 2021 nella finale olimpica di Tokyo, dove ha ottenuto il bronzo con il fenomenale tempo di 46″72, inferiore al mitico record mondiale di 46″78 dello statunitense Kevin Young ottenuto il 6 agosto 1992, che resistette sino al 1 luglio 2021 quando Warholm lo battè a Oslo con 46″70, crono poi abbondantemente superato con 45″94 per vincere l’oro a cinque cerchi.
Proprio la finale dei 400 ostacoli maschili dei giochi giapponesi è stata, insieme a quella femminile, il momento di maggior contenuto tecnico di tutta la manifestazione olimpica e, in tale ottica, il risultato dei mondiali in Oregon è stata una specie di rivincita dove certamente Dos Santos ha mostrato di essere ulteriormente cresciuto rispetto all’anno precedente, dominando la competizione con il suo nuovo record di 46″29, anche se i suoi due rivali non si sono presentati nelle miglior condizioni, specialmente Warholm che è anche totalmente uscito dal podio.
Interessanti, in ogni caso, le dichiarazioni che hanno rilasciato allora, di Dos Santos, i due grandi sconfitti di quella finale iridata, a cominciare proprio dal primatista del mondo, il quale ricordiamo aver avuto un infortunio al 5 di giugno che gli ha impedito di allenarsi per circa un mese, alla fine del quale ha abbozzato una preparazione non idonea per presentarsi all’apice della forma in Oregon, dove ha chiuso la finale al settimo posto con il crono di 48″42.
Le parole di Warholm: “È stato enorme. Ha corso e ha acquisito molta fiducia in se stesso e oggi si è visto. So cosa ci vuole per fare quel tipo di tempo e, anche se avrei voluto essere io, sono contento per lui. È il suo giorno“.
Lo statunitense Raj Benjamin, che ha conquistato l’argento a Eugene con il crono di 46″89, di per se eccellente ma ancor di più se si considera che aveva saltato diverse settimane di allenamento a causa di infortuni e di un forte attacco di covid, ha fatto delle considerazioni in prospettiva futura sullo spettacolo che sia lui che i suoi due grandi avversari potranno mettere in scena nella prossima stagione dove, tra l’altro, ci saranno ancora i campionati del mondo, a Budapest dal 19 al 27 agosto.
Le parole di Benjamin: “Sono felice che abbia corso velocemente e il fatto che abbia segnato il crono di 46″29 è il coronamento della sua stagione straordinaria. L’anno prossimo sarà probabilmente ancora molto veloce, Karsten tornerà fortissimo ed io, dopo aver avuto tutto il tempo necessario per risolvere definitivamente ogni mio problema fisico, sarò pronto per affrontarli, fiero di aver contribuito come loro ad elevare a tali livelli la disciplina dei 400 ostacoli“.
L’impresa di Alison ai mondiali di Eugene ha anche rappresentato una pagina storica per lo sport brasiliano, essendo stato il primo oro conquistato da un atleta maschile in una manifestazione iridata di atletica all’aperto, mentre in precedenza solo un’atleta donna del Brasile aveva raggiunto il gradino più alto del podio, la saltatrice con l’asta Fabiana Murer nel 2011 a Taegu nella Corea del Sud e, in tal senso, Dos Santos è ancora più fiero del suo risultato perché sa che potrebbe dare nuova linfa vitale al movimento del suo paese.
“Sono il primo uomo ed è una cosa fantastica, aprire la porta a tutti per far vedere che possono farlo. Possono venire qui e vincere. Non è impossibile“.
La notorietà di Dos Santos era naturalmente esplosa in Brasile l’anno scorso, dopo le Olimpiadi e il bronzo realizzato in quella fantastica finale, e aveva fatto si che quando era tornato a casa fosse stato accolto con grande entusiasmo da chiunque, con il tipico calore che il popolo sudamericano sa trasmettere specialmente negli eventi sportivi.
Tutto questo entusiasmo ha certamente dato all’atleta una carica ulteriore per migliorarsi ancora e, durante i Campionati del Mondo, Alison ha sentito tutto l’affetto dei suoi tifosi attraverso le migliaia di commenti e messaggi che gli arrivavano, e che gli hanno conferito ancor più energia per compiere il capolavoro di una carriera ancora solo in fase iniziale, alla fine di una stagione in cui aveva subito fatto capire che gli allenamenti condotti per la prima volta negli Stati Uniti, a Chula Vista dove si era trasferito alla guida dell’allenatore brasiliano Felipe Siqueira, erano andati particolarmente bene.
I motivi dei suoi ulteriori progressi di quest’anno vanno ricercati anche nella tecnica se si pensa che, sino all’anno scorso, l’atleta peraltro molto alto riusciva a tenere 12 passi solamente sino al secondo ostacolo, mentre adesso riesce in tale difficilissima azione sino al quarto, e questo è certamente un segno di progresso.
Grandissima, oltretutto, la sua stabilità mentale in quanto non si è fatto minimamente condizionare emotivamente dal fatto di essersi presentato a Eugene con il ruolo di favorito, anche per la non perfetta condizione dei suoi due principali avversari, ed anzi ha poi dichiarato che, quando su di lui c’è maggior attenzione e pressione, riesce a dare il meglio del suo potenziale.
Prima della gara, Dos Santos ha ballato sulla pista, ispirandosi a un post sui social media pubblicato da World Athletics la mattina della finale, che sovrapponeva il suo volto e quelli di Benjamin e Warholm a un trio di ballerini, ma poi quando lo starter ha sparato, non si è fatto certo impressionare dalla partenza velocissima del norvegese che gli è stato leggermente davanti sino all’inizio del rettilineo finale e, quando il campione olimpico ha iniziato nettamente a cedere, è volato senza problemi verso il traguardo, battendosi alla fine il petto e facendo un meritato inchino davanti ai tifosi.
Per concludere questo breve omaggio al grandissimo campione brasiliano vogliamo evidenziare le sue dichiarazioni, molto significative, alla domanda che gli hanno fatto dopo il suo successo di Eugene se ritenesse, quella appena vinta, la sua gara perfetta.
Le parole di Dos Santos: “No, no, può essere meglio. Si può sempre migliorare specie i miei ultimi ostacoli e la mia seconda curva. Credo che il mio prossimo obiettivo debba essere il record del mondo per cui la domanda che mi faccio in merito non è se posso batterlo, ma quando, anche se naturalmente non sono il solo a poter raggiungere un simile risultato”.
Il suo ultimo pensiero che vogliamo citare è quello per la sua famiglia che ha sempre nella testa in qualsiasi parte del mondo si trovi.
“Faccio tutto per la mia famiglia, per mio nipote, per mia nipote. Voglio fare una grande vita per loro, scrivendo nuove pagine di storia, e devo correre veloce per aiutarli“.
Il video della finale dei 400 H ai mondiali di Eugene 2022