Sono passati quasi 27 anni da quando, il 7 agosto 1995, nel corso dei Campionati del Mondo di Goteborg in Svezia, Jonathan Edwards superò per ben due volte la barriera dei 18 metri nel salto triplo, primo atleta nella storia, per portare il record del mondo peraltro già suo, prima a 18,16 metri, e infine a 18,29 per quello che ancora oggi rappresenta la miglior misura di tutti i tempi.
Nato a Londra il 10 maggio 1966, Edwards ebbe in realtà un inizio di carriera abbastanza modesto al punto che, pur partecipando sia alle Olimpiadi di Seul nel 1988 che in quelle di Barcellona nel 1992, in entrambe le occasioni non riuscì nemmeno ad approdare alla finale, venendo eliminato in qualificazione con misure inferiori ai 16 metri.
La sua grande e sorprendente esplosione avvenne all’improvviso nel 1994, a 28 anni, quando cominciò a migliorare in maniera esponenziale sino appunto al grandissimo risultato ottenuto nel 1995, a Goteborg, ma anche con la conquista della medaglia d’argento, nel 1996, nel corso delle sue terze Olimpiadi disputate ad Atlanta, dove lottò sino alla fine per la conquista del titolo contro lo statunitense Kenny Harrison, e poi finalmente con l’oro a cinque cerchi ottenuto a Sydney nel 2000 e con un’ altra vittoria mondiale, a Edmonton nel 2001.
Edwards che ha anche vinto un Europeo all’aperto e uno al coperto, oltre a un argento mondiale indoor, nel 1995, in quello che si può definire il suo anno magico per quanto riguarda le prestazioni, riuscì a saltare pure la straordinaria misura di 18,43, durante la Coppa Europa sempre a Goteborg, ma l’eccessivo vento a favore (2,4 metri al secondo rispetto al limite consentito di 2 m/s) non permise di omologare quel risultato.
Una particolarità della prima parte della carriera agonistica del leggendario triplista britannico fu quella che, essendo figlio di un pastore anglicano dell’ala evangelica di quella Chiesa, professò l’insegnamento di non esercitare nella giornata della domenica alcuna forma di lavoro, e quindi anche l’attività sportiva professionale.
Per questo motivo, Edwards non partecipò a prove di qualificazioni o finali della sua disciplina, perdendo la possibilità ad esempio di gareggiare nei Mondiali del 1991 ma, dal 1993, dopo lunga riflessione e dibattito anche con il padre, cambiò opinione e decise che era lecito gareggiare anche di domenica.
Dopo il ritiro dall’attività agonistica, ha continuato a vivere nel mondo dello sport, sia come commentatore di eventi ma soprattutto facendo parte, tra l’altro, del comitato organizzatore per i Giochi olimpici di Londra 2012, in rappresentazione degli atleti.
Nell’agosto 2010, si è peraltro pentito della sua fede cattolica, sfociata anche in estrema rigidità all’inizio e si è dichiarato addirittura ateo, evoluzionista e darwinista, definendosi stupido della sua ingenuità per aver creduto nell’esistenza di un essere superiore ma, sostanzialmente, di essere stato aiutato nella sua nuova convinzione proprio dal mondo dello sport.
Pochi mesi fa Edwards, poco dopo la celebrazione dei 26 anni dal suo fantastico record del mondo di 18,29, che gli regalò naturalmente anche il suo primo titolo di campione del mondo a Goteborg 1995, ha rivissuto quel magico 7 agosto con i suoi ricordi partendo anche dalle ragioni che gli avevano fatto fare dall’anno prima uno straordinario miglioramento.
“La cosa più importante di quella stagione fu che la mia tecnica era eccezionale e l’equilibrio che avevo durante le fasi, ottenuto grazie al cambiamento della mia tecnica e all’uso di una doppia azione del braccio, mi ha dato una posizione molto migliore, in particolare nell’ultima fase“.
Peraltro Edwards in quell’anno, prima di superare la quota magica dei 18 metri, aveva già ottenuto in precedenza il record del mondo con 17,98 realizzato il 18 luglio a Salamanca, in Spagna, superando il primato di 17,97 fatto dieci anni prima, 1985, dello statunitense Willie Banks, ma i Campionati del Mondo di Goteborg rappresentavano comunque una tappa fondamentale della sua carriera, e questo è il suo ricordo.
“Anche se avevo già battuto il record del mondo quell’anno, nella mia mente se non avessi vinto i Campionati del Mondo, la mia stagione sarebbe stata considerata fallimentare. Così ho sentito un’enorme pressione perché non ero mai andato in un campionato importante aspettandomi di vincere. E non solo tutti aspettavano che vincessi, ma anche che battessi di nuovo il record del mondo, quindi ero pietrificato.
Rammento che il vento mi aiutava e sapevo che le condizioni erano buone. Ma ero spaventato e pensavo che avrei potuto rovinare tutto, e che non c’era alcuna garanzia che avrei vinto.
Ma accanto a quella sensazione di essere pietrificato, c’era anche la sensazione di poter saltare una distanza enorme qui. Avevo già saltato quel 18,43m aiutato dal vento, e avevo ottenuto un record mondiale di 17,98m a Salamanca poche settimane prima, che era molto meno di quanto ero certo di di essere capace. Quindi c’era anche un vero senso di eccitazione.”
Nella qualificazione Edwards saltò facilmente 17,46m e i suoi avversari più temibili erano lo statunitense Mike Conley, che aveva vinto il titolo olimpico tre anni prima, il dominicano Jerome Romain, Brian Wellman delle Bermuda e il duo cubano Yoel Garcia e Yoelbi Quesada.
Tornando alla finale Edwards ha poi raccontato: “Con un evento tecnico come il salto triplo, quando hai tre fasi e il decollo, ci sono un sacco di cose che potrebbero andare male, e non importa quanto bene sei in forma, ma in quella gara, non c’era nessun freno, nessun possibile salto di sicurezza, bisognava solo correre e saltare, sperando di non fare nullo.”
Il suo primo salto fu già eccezionale e l’atleta decollò oltre i 18 metri. Ci vollero alcuni momenti prima che la sua distanza fosse confermata a 18,16m, un record mondiale e il primo salto oltre i 18 metri valido della storia.
“È stata una celebrazione ma anche un’enorme sollievo. Quello che mi colpisce ora è quanto fossi veloce e piatto. Avevo così tanta velocità sulla rincorsa che mi ha portato molto più in direzione orizzontale che verticale quando sono decollato. La gente l’ha paragonato a sfiorare le pietre, e i salti di quel giorno furono tutti molto simili.
Tutto quello che posso ricordare è la sensazione di avere ancora tanto da dare in quella competizione. Normalmente una volta che saltavo una grande misura come quella, finivo. Ma sentivo ancora che c’era altro da fare“.
Circa 20 minuti dopo, Edwards era di nuovo in pista per il secondo turno.
“Avevo un sorriso sulla faccia e ho puntato il dito. Volevo solo godermi il salto perché sapevo che probabilmente non ne avrei avuto un altro simile. In realtà mi emoziono abbastanza a guardarlo“.
Ancora una volta ha inchiodato un grande salto, questa volta migliorando il suo sforzo iniziale. Non appena ha toccato la sabbia, è uscito ancora una volta dalla fossa, con le braccia in alto e festeggiando, sapendo che era andato più lontano di prima.
Ci fu un’altra attesa per la distanza, anche se questa volta meno ansiosa perché la pressione era diminuita e Edwards sapeva di aver battuto il record. Voleva semplicemente la conferma. E poi lampeggiò sul tabellone: 18.29m.
“Il momento in cui ho capito che era meglio è stato durante il passo perché dovevo solo aspettare e poi mettere il piede a terra. C’è solo un breve momento in cui il mio piede anteriore piuma un po’ perché il trasferimento dal salto al passo era migliore e dovevo solo stabilizzarmi un po’.
Non appena sono atterrato, sapevo che era un record mondiale, sapevo che era più lontano. Ecco perché mi sono alzato e ho scrollato le spalle come per dire ‘questo è un altro record‘.
Avevo ancora 11 centimetri in più sulla tavola. Quindi, se qualcuno dovesse mai battere il mio record mondiale, dirò che in realtà ho fatto 18,40 m dal decollo all’atterraggio.
“Quello che sapevo anche in quell’istante, perché l’avevo già visto prima, è che 18,29 metri erano poco più di 60 piedi. Così avevo rotto la barriera metrica di 18 metri e la barriera imperiale di 60 piedi.”
Soddisfatto dei suoi due sforzi di apertura, Edwards ha superato il terzo e quarto turno. Ha preso il suo salto del quinto turno, atterrando a 17,49m, ma poi ha superato il suo tentativo finale, la sua vittoria a quel punto era assicurata.
Significative le sue considerazioni finali in merito: “C’è sempre stato un senso di incredulità. Cresci seguendo i tuoi eroi in TV, e se sei abbastanza fortunato puoi vederli allo stadio, e ti senti molto nella norma. Quando stai effettivamente facendo qualcosa di straordinario, è difficile equiparare le due cose.
Lo apprezzo quasi più ora di quanto non lo facessi all’epoca. Ero al massimo della forma e ho preso tutto al volo. Mi sono goduto tutto ed è stato fantastico, ma non credo di aver apprezzato quanto fosse incredibile.
“Fare qualcosa nella vita ed essere assolutamente il migliore, è sconvolgente ad essere onesti. Non riesco ancora a credere che sia successo proprio a me“.