Eliud Kipchoge (foto Sport Senators)
Eliud Kipchoge (foto Sport Senators)

Domani Eliud Kipchoge avrebbe dovuto correre, in una sfida totale con Kenenisa Bekele, la maratona di Londra: tutto rimandato al 4 ottobre ed è inutile chiarire il motivo del rinvio.

Non resta che andare a pescare nella documentazione più fresca finita in archivio per rivivere una delle sue giornate memorabili: l’irruzione sotto le due ore, un viaggio di scoperta: sarà un caso ma era un 12 ottobre, quello dell’anno scorso. A Vienna era ambientato il Terzo Uomo. Eliud è stato il Primo.

La notte, l’attesa. “Mi sveglio alle 3, non riesco più a prender sonno. Alle 5 mi alzo da letto, bevo un bicchiere di latte. Dalle 5 alle 8 vivo le ore più tese della mia vita“.

Le 10 e 14, Hauptallee, viale alberato vicino al Prater, a parlare è sempre lui:

Sono l’uomo più felice della terra. Sono il primo umano ad aver corso una maratona sotto le due ore, ho provato che non ci sono limiti e ora aspetto che qualcun altro ci provi. Tutti ricordano quel che fece sir Roger Bannister 65 anni fa quando superò la barriera dei 4’ nel miglio. Ora anch’io verrò ricordato“.

Sono passati due terzi di secolo e l’impresa di sir Roger è fresca e appassionante, come la scalata di Edmund Hillary e Tenzing Norgai all’Everest.

Non importa, in questi momenti di gioia, che 1h59’40” non verrà omologato: Eliud ha calzato scarpe magiche, ha avuto 41 lepri che, divise in squadre di sette, hanno mantenuto l’uniformità di un ritmo metronomico da 2’50”.

Sull’asfalto era riflesso, più che un raggio, un reticolo verde che indicava l’andatura da tenere per finire anche per un secondo sotto le due ore; i rifornimenti non prevedevano deviazioni, sempre in corsa, senza perdere un secondo.

Rimane il fatto che un uomo con due gambe sottili, una figura all’osso, una scultura in movimento di Alberto Gicometti, due polmoni e un buon cervello, ha corso la maratona 20” sotto le due ore in una successione di segmenti di 5000 tra 14’04” e 14”20. Qualcuno si è divertito a sminuzzare ancora. 420 volte i 100 in 17”. Velocità di crociera, 21,120. L’arte della corsa.

“Quando hai avvertito di poter andare in crisi“, gli hanno domandato. “Mai“.

Molti anni fa quando chiesero a Roberto de Castella, primatista con 2h08’18”, se si potesse correre i 42 chilometri sotto le due ore, l’australiano rispose: “Nella vita si può fare rutto, poi si muore, anche“.

Il 35enne Eliud, invece, è vivissimo: quando, negli ultimi 500 metri, l’ultimo drappello di scanditori di ritmo si allarga e lui rimane solo per vivere il momento più lieto, è fresco come un rosa, vivace come un grillo.

Abbraccia la moglie Grace che per la prima volta l’ha seguito fuori dal Kenya, prende la bandiera con lo scudo e le lance masai, viene portato in trionfo dalla tribù di lepri illustri (Lagat, Barega, la famiglia Ingebrigtsen) e la prima intervista è senza un ansito, senza la ricerca di un respiro profondo.

Le ultime settimane, a 230 chilometri da lunedì a domenica, gli avevano consegnato una buona riserva di carburante.

Kipchoge aveva provato due anni fa a Monza e aveva fallito per 26”. Se i due test venissero inclusi nella lista delle sue dieci maratone più veloci, la media sarebbe sulle 2h02’.

E’ campione olimpico, è primatista del mondo in 2h01’39” (a Berlino, settembre 2018 da quando corre su strada ha perso solo una volta, ma dietro a un Kipsang da record del mondo. Impegnativo a dirsi, ma dovesse vincerà anche a Tokyo 2021, potrebbe far sbiadire il mito Bikila.

L’Ineos, colosso chimico di Jim Ratcliffe, spesso alle prese con le proteste degli ambientalisti, ha speso per l’operazione 20 milioni di dollari, uno e mezzo è andato a Eliud.

Ai vecchi tempi lo avrebbero squalificato per professionismo. Oggi la sua impresa “ufficiosa”, affiancata alla quarta vittoria a Londra, gli ha dato il titolo di Atleta dell’Anno per la seconda volta consecutiva.

Eliud Kipchoge - Kenenisa Bekele
Eliud Kipchoge – Kenenisa Bekele
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