Le emozioni più grandi che provo, occupandomi quotidianamente di Atletica, sono le interviste che faccio agli Atleti ma, ovviamente, non tutte le chiacchierate con ognuno di loro sono uguali e ce ne sono alcune che, per vari motivi, mi colpiscono in particolar modo.
Intervistare Yeman Crippa è stato, per me, veramente molto toccante perchè, dietro i suoi successi, il suo talento, la sua contagiosa simpatia, c’è una incredibile e bellissima storia che fa apparire la sua vita come una sorta di favola continua.
Yeman è nato in Etiopia, penultimo di una famiglia di 6 figli, e vive lì, in maniera spensierata, i primi 6/7 anni della sua vita. Poi, come in un incubo, l’improvvisa morte dei genitori, la guerra civile, l’abbandono da parte degli zii che non potevano prendersi cura di loro e l’orfanotrofio.
Ma, qualche volta, le fiabe esistono anche nella vita reale e due incredibili persone, Roberto e Luisa Crippa, piombano nella sua vita e in quella dei suoi fratelli e, nel giro di pochissimo tempo, adottano e portano in Italia tutti e sei i ragazzi, dandogli il loro cognome.
Un’autentica lezione di vita da due persone, i coniugi Crippa che, non contenti di quanto fatto, hanno adottato, qualche anno dopo, anche 2 cuginetti di Yeman, allargando la loro famiglia ulteriormente. Per tutto questo sono stati anche, quest’anno, insigniti di un’alta onorificenza dal Presidente della Repubblica Italiana.
Dopo questa doverosissima premessa vi racconto il sunto della mia conversazione telefonica con Yeman, reduce dalla splendida impresa di domenica scorsa a Lisbona, dove ha conquistato una prestigiosa medaglia di bronzo agli europei di cross.
Yeman, quando hai tagliato il traguardo ti ho visto particolarmente soddisfatto. Veramente una splendida stagione culminata con questo bronzo. Come hai vissuto la gara?
Ero reduce da quattro settimane di ritiro in Kenia e questo, per me, doveva rappresentare un test di verifica iniziale della condizione atletica. Il ritmo è stato subito molto intenso ed ho cercato di stare con i primi, provando però a correre in agilità massima e risparmiare energie per il finale.
Dopo due terzi di gara, dopo che il turco e lo svedese avevano allungato, mi sono ritrovato terzo e ho gestito la situazione, con un po’ di preoccupazione all’ultimo giro, perchè avevo visto che lo svizzero Wanders, dietro, si era abbastanza avvicinato ed io ero un po’ stanco. Alla fine ce l’ho fatta e, al traguardo, devo confessarti che ero proprio particolarmente felice.
Come sono andate le 4 settimane in Kenia. C’eri già stato e che effetto fa correre e allenarsi su quei mitici altopiani?
Era la seconda volta che andavo e sono stato, come l’altra volta, benissimo. Il Kenia è stupendo e i suoi altopiani affascinanti per il panorama intorno e per tutte le persone, di ogni età, che vedi correre: l’ambiente ideale a 360 gradi.
Tornando alla tua ottima stagione, a Doha è andata benissimo sui 10.000 metri dove hai ottenuto un fantastico ottavo posto e, soprattutto, polverizzato di circa 6 secondi il record italiano di Totò Antibo del 1989.
I 5.000 metri però, non erano andati benissimo. Sei partito con l’idea di puntare tutto sui 10.000 oppure credevi di poter far bene anche sui 5.000?
Non gareggio, mai, tanto per farlo e, certamente, puntavo molto anche sui 5.000 metri. Solo che, durante la semifinale, a un certo punto, mi sono un po’ perso. Considera che era la prima serie, non avevo riferimenti e, nella mia gara, c’erano cinque atleti con un personale sotto i 13 minuti.
Quindi una grande delusione per l’eliminazione che, però, si è tramutata in un ulteriore stimolo, che solo i grandi sanno cogliere, per fare una storica impresa sui 10.000. Alla fine, forse, quell’eliminazione è stata una fortuna, non credi?
Penso che tu abbia colto esattamente il punto. Non correre la finale dei 5.000 mi ha fatto, certamente, risparmiare energie e accumulare ulteriore rabbia agonistica che poi ho sfogato in quello che reputo, sino ad oggi, il giorno più bello della mia vita agonistica.
Già, ma come è nato lo Yeman Crippa atleta di mezzofondo. Raccontami i tuoi inizi, da ragazzino, hai fatto anche altri sport?
Da piccolo ho giocato a calcio ma ero una pippa. Stavo a centrocampo e correvo come un matto avanti indietro e guardandomi, qualcuno ha capito che ero portato per altro.
Dai 12 anni in avanti, circa, mi sono dedicato totalmente all’atletica seguendo tutte le varie categorie, da cadetto in avanti, e correndo le varie discipline relative, del mezzofondo, a cominciare dai 1.000 metri di quando ero cadetto.
Una crescita atletica costante che credo abbia, oltre al tuo indiscutibile talento, un mentore che è il tuo allenatore Massimo Pegoretti. Ti ha sempre seguito lui, sin dall’inizio?
In realtà il mio primissimo tecnico è stato un altro che, purtroppo poi, è venuto a mancare. Massimo, in effetti, per me è come un altro padre e sono veramente legato a lui e grato per tutto quello che mi ha insegnato e per la carica che riesce a trasmettermi prima di ogni gara.
Quali sono vostri programmi immediati adesso, ti vedremo ancora gareggiare a breve?
Si certo. Il 31 dicembre, per cominciare, farò una gara sui 10 chilometri in strada, la BO Classic a Bolzano, poi correrò il Campaccio e la Cinque Mulini. Non credo parteciperò ai Campionati Italiani di Cross e, quindi, dopo la Cinque Mulini terminerò la stagione autunno/inverno e salterò completamente le gare indoor.
Tra l’altro, il 9 Gennaio, tre giorni dopo il Campaccio, partirò alla volta del Portogallo, dove rimarrò in ritiro sino al 6 Febbraio, per altre 4 settimane di stage che saranno intervallate, appunto, dalla mia ultima gara di questo periodo, la Cinque Mulini.
Devo pensare che i cross ti piacciono proprio tanto, o sbaglio?
Insomma, dipende anche dalle condizioni atmosferiche. Li faccio perché mi trovo a mio agio anche sui terreni un po’ instabili ma, certe volte, quando fa freddissimo, devo ammettere che ne farei anche a meno, ma mi ha sempre portato bene farne qualcuno durante la stagione invernale.
Pensando al futuro, al ritorno dal Portogallo, ti fermi in Italia o, prima della stagione outdoor, farai ancora un ritiro all’estero?
Dal 15 marzo al 15 aprile saremo in Arizona, per completare al meglio la preparazione con un mese di allenamento in altura.
Immagino tu non abbia ancora programmato, insieme al tuo staff, le gare all’aperto ma un appuntamento è certo ed è quello più importante: la tua prima Olimpiade.
Come vivi l’avvicinamento a quella data di agosto e su quale gara credi di puntare?
Sicuramente è una grande emozione pensare di poter partecipare ad un’Olimpiade, il desiderio di qualsiasi atleta. Sono tranquillo, però e convinto di poter arrivare nelle migliori condizioni possibili, di sempre. Credo punteremo sui 10.000 metri, gara che ormai riesco a gestire con una buona dose di esperienza ma non escludo, ancora una volta, di doppiare le distanze.
Yeman hai citato il tuo allenatore, Massimo Pegoretti, a cui hai detto di dovere tutto, tecnicamente parlando. Ci sono altre persone che vuoi ringraziare?
Ovviamente la mia famiglia, senza di loro tutto questo non esisterebbe e, in particolare, sono molto grato a mio padre Roberto che è il mio più grande tifoso e mi segue ovunque nel mondo.
Un grazie di cuore a Yeman a cui, sinceramente, auguro tutto il bene possibile. La sua è una bellissima storia, che emoziona come quella di ogni atleta che intervisto ma, in questa situazione, c’è veramente qualcosa di magico.