Jacobs si sente sempre fenomeno e rilancia

Il campione olimpico schiva le prime critiche che arrivano dalla più autorevole stampa sportiva italiana e promette fuochi d'artificio a brevissimo

Ho provato, un paio di giorni fa, a fare un’analisi oggettiva su quanto fosse successo a Marcell Jacobs negli ultimi mesi, ponendomi qualche domanda a cui la mia risposta era sottintesa, ma lasciando a chi leggesse di farsi liberamente una propria idea in merito, e ho successivamente notato come gran parte di questi interrogativi se li ponessero anche i più autorevoli esperti di atletica dei maggiori quotidiani italiani, quali il Corriere della Sera, la Gazzetta dello Sport che è la Bibbia in materia sportiva, ed anche La Repubblica.

Nella estrema sintesi di quanto letto in questi giorni, si può certamente affermare che siano state mosse delle critiche, in maniera più o meno costruttiva, su vari aspetti tra cui in particolare la gestione delle gare agonistiche dell’atleta e qualche eccessivo proclama, da parte del velocista e del suo staff, che poi puntualmente è stato disatteso dai vari problemi fisici avuti.

Tutto questo per evidenziare come, dopo la rinuncia di Marcell a disputare la semifinale di Eugene, si sia in qualche modo rotto un certo fronte comune di esaltazione totale, da parte della stampa italiana, verso il campione olimpico e in tal senso è stato certamente interessante il confronto avvenuto ieri, nella conferenza stampa organizzata dalla FIDAL, tra il velocista stesso e il suo tecnico Paolo Camossi con vari giornalisti.

Le domande fatte hanno riguardato quanto sopra e altro ma, sia Marcell che il suo allenatore sono apparsi molto sereni e sorridenti ed hanno risposto a tutto con estrema disinvoltura e sicurezza, mostrandosi all’apparenza totalmente tranquilli per il prossimo futuro, e rigettando totalmente al mittente qualsiasi critica più o meno velata fatta loro.

Ma vediamo quali sono stati i passaggi fondamentali di questa conferenza attraverso alcune delle dichiarazioni di Marcell, riportate direttamente dal sito della Federazione e che cito testualmente per evitare fraintendimenti, fermo restando che sotto ogni passaggio importante ho voluto fare, in rosso, delle mie considerazioni che potranno essere spunto di  riflessione da parte di chi le vorrà leggere.

Le parole di Marcell

Ho già iniziato le terapie, non bisogna affrettare i tempi, l’obiettivo è arrivare agli Europei di Monaco nella migliore condizione della vita”.

Ieri era il 19 luglio e la batteria dei 100 agli Europei sarà il giorno di Ferragosto. Jacobs, nella migliore delle ipotesi, dovrà stare fermo almeno ancora 5 giorni per cui potrà tornare ad allenarsi in pista forse dopo il 25, con 20 giorni di tempo per arrivare a Monaco nella miglior condizione della vita, considerando oltretutto che all’inizio non potrà esagerare con la cosiddetta alta intensità, un termine molto sentito nelle risposte di ieri.

 

Quella corsia vuota (della semifinale dei 100) mi ha fatto rosicare tantissimo e questo mi ha dato più energia per tornare più forte di prima. Diciamo che mi ha fatto solo bene. In questa stagione difficile abbiamo provato tante volte ad accelerare i tempi: non ce la facevo a stare sul divano. Ma ho capito che bisogna avere calma. L’Europeo può essere importante e ci saranno ancora tante gare.

Comprensibile il rosicamento ma la calma giustamente auspicata alla fine, insieme al fatto che dopo l’Europeo ci saranno tante altre gare fa già capire il non senso dell’affermazione che a Monaco lui possa essere all’apice della sua condizione di sempre.

 

Il mio infortunio è collegato a quello che era già successo. Venivo da un’elongazione del tendine del bicipite femorale, che mi ha tenuto fermo da Savona agli Assoluti di Rieti. A Stoccolma il problema è tornato, ero in difficoltà, partiva tutto dalla schiena.

Alla vigilia di Eugene, in riscaldamento mi sentivo bene, c’era adrenalina e voglia di tornare in pista, era uno degli allenamenti più belli mai fatti. La gamba sinistra era totalmente libera ma non ero abituato a quella alta intensità ed è arrivato il problema dall’altra parte, alla gamba destra. Sono sicuro che lo staff medico della Federazione riuscirà a risolvere tutto”.

Mi fa piacere sapere esattamente, dopo varie settimane, dove abbia avuto l’infortunio a Savona, perché si era sempre parlato genericamente di una distrazione-elongazione senza la specifica di quale massa muscolare ne avesse risentito. In pratica però mi sembra di capire che Marcell abbia corso la sua batteria dei mondiali nel crono di 10″04 con un dolore che lo limitava e questo sinceramente mi appare molto poco credibile.

 

“Il periodo più pieno di impegni extra atletici è stato quello dal post Olimpiadi fino a novembre-dicembre. Ma pochi mesi dopo abbiamo vinto i Mondiali indoor. Dopo Belgrado non ho avuto apparizioni o impegni che mi abbiano portato via tempo, o comunque sono state cose molto limitate.

Anche quando sono andato al Salone del Libro l’ho fatto nel giorno di riposo, oppure a Milano per due pomeriggi: lì mi sono allenato di mattina. Non è stato quello il problema. Fino al Kenya era andato tutto nel migliore dei modi, poi quell’intoppo a inizio maggio a Nairobi ha condizionato la stagione: 4 kg persi in tre giorni in ospedale. E a seguire gli altri infortuni”.

Marcell ha risposto con questa domanda a un giornalista che gli chiedeva se non fosse stato distratto da troppi impegni commerciali, ma interessante è sapere quanto sia uscito debilitato dalla trasferta in Kenya e, inevitabilmente, mi pongo ancor di più la domanda sul perché solo pochi giorni dopo gli abbiano fatto correre due volte i 100 metri a Savona dove, di fatto, si è infortunato.

 

“Ho già iniziato tutte le terapie, mattina e pomeriggio, con il mio fisioterapista Alberto Marcellini, per guarire nel migliore dei modi. Nei prossimi giorni (tra giovedì e venerdì, informa coach Camossi, ndr) rientreremo in Italia e faremo una risonanza per capire dove sono le problematiche e cosa c’è da risolvere per poi tornare in pista verso i Campionati Europei”.

Anche questa risposta conferma la particolare situazione ancora da valutare con chiarezza, e la strana affermazione fatta da Jacobs in merito alla sua intenzione di arrivare a Monaco nella miglior condizione della carriera.

 

“Non sto rivivendo il periodo delle fragilità che avevo quando ero un saltatore in lungo. Sono problematiche diverse. Sono dettagli che fanno la differenza, devo solo cercare di star bene fisicamente, perché se ci sto, anche con 10 allenamenti in meno arrivo in gara e riesco a tirare fuori tutto. Questo è il primo obiettivo”.

Questa risposta è stata seguente a una delle domande forse più provocatorie, citando quelli che un tempo erano considerati i suoi limiti principali, quelli della fragilità mentale, ma ancora una volta Marcell ne esce con sicurezza anche se vorrei evidenziare come, dagli inizi di maggio, gli allenamenti che ha saltato sono almeno tre volte i 10 da lui citati, o almeno questo è quel che risulta da quanto sempre dichiarato dal suo staff o dalla Federazione.

 

“Ci sarà la possibilità di confrontarci nella finale della Diamond League a Zurigo. Quest’anno non ci siamo incontrati per colpa mia, devo tornare nel migliore dei modi e batterlo di nuovo, come è successo due volte l’anno scorso”. 

A una domanda sul campione del mondo dei 100 metri Fred Kerley, Marcell veste i panni da fenomeno e lo sfida subito senza problemi, compiaciuto del fatto di averlo già battuto nelle due precedenti occasioni agonistiche.
Ora, al di là della condizione attuale dei due atleti, credo che sarebbe meglio che Jacobs andasse a rileggersi la media dei risultati sui 100 nella stagione all’aperto dello statunitense che, tra l’altro, è uno dei soli tre velocisti al mondo che vanta un personale sotto i 10 nei 100, sotto i 20 nei 200 e sotto i 44 nei 400 e, sinceramente, penso non sia definibile neppure lui un fenomeno.

 

“Devo fare le cose con più calma possibile per arrivare a Monaco nella migliore condizione mai avuta nella vita. L’obiettivo è spaccare tutto e correre più forte di quanto abbiano fatto a Eugene. E poi farò altre gare a seguire. Prima torniamo a posto fisicamente, poi ritroviamo la forma perfetta”.

Questa risposta è l’ennesima sintesi della contraddizione di certe sue risposte, nel senso che vuole giustamente fare tutto nei tempi giusti del recupero, ma poi deve stupire il mondo già agli Europei dove non gli basta vincere, evidentemente, ma vuole lanciare la sfida ai tre statunitensi sul podio di Eugene e fare un crono migliore del loro.

 

“Col senno di poi si possono fare tantissime cose. Quando sei lì che stai gareggiando e sai di star bene, perché non dovresti fare anche la seconda gara, la finale? Stessa cosa agli Assoluti di Rieti, avevo bisogno di ritrovare la forma che mi mancava: dopo la batteria mi sono reso conto che stavo bene, perché non correre la finale?”

Si parla dell’opportunità dell’aver corso due volte, nello spazio di poco tempo, sia a Savona che a Rieti. Ovviamente non sono in linea con tale valutazione, che poi anche Camossi ha totalmente condiviso affermando che avrebbe ripetuto la scelta, specie nell’occasione della città ligure in un meeting di limitata importanza, con la sfida di Diamond a Eugene che avrebbe dovuto essere 10 giorni dopo e, a maggior ragione, avendo saputo adesso che aveva perso 4 kg per l’infezione intestinale di Nairobi.

 

“Ai Mondiali ero qui per 100 e staffetta. Nessuno poteva immaginare che il giorno prima, e il giorno della gara, potessi avere questo problema. Rispetto a De Grasse, non è un problema di condizione ma un problema fisico. Con la condizione che avevo, il 10″04 in batteria a intensità ridotta fa capire che potevamo fare molto bene nei 100 e in staffetta”.

Scusatemi ma qui mi perdo totalmente perché proprio non capisco. Innanzitutto nel paragone con De Grasse si parla di condizione che Marcell avrebbe avuto a Eugene ma, in considerazione degli almeno 45 giorni di allenamenti persi in due mesi e mezzo, come è possibile che avesse tutta questa condizione?  E poi, insisto su quanto già scritto sopra, come fa un velocista che ha un problema fisico che gli si evidenzia il giorno prima della gara ma anche durante la gara stessa, correre ugualmente in 10″04 i 100 metri, senza poi nemmeno la necessaria preparazione?

 

“Il ‘rosicamento’ è stato ancora di più per quello. Ma a prescindere dal tempo avrei rosicato lo stesso, perché avrei voluto giocarmi le medaglie e infilarmi in mezzo alla tripletta americana. È andata così, bisogna guardare avanti: l’anno prossimo c’è un altro Mondiale per riconfermare quello che sono”.

La risposta alle mie domande sopra sta però in questa affermazione di Marcell che si riferisce poi alle prestazioni cronometriche avute dai tre statunitensi sul podio mondiale, i quali hanno chiuso con crono da 9″86 a 9″88 ritenuti evidentemente da Marcell ampiamente alla sua portata, visto che senza un’adeguata preparazione e con un dolore in corso, come scritto e dichiarato, è riuscito poi a correre in un più che significativo 10″04.

Le mie personali considerazioni finali

Tralasciando gli altri passaggi della conferenza stampa con anche gli interventi del suo allenatore Camossi che non aggiunge o toglie molto a quanto dichiarato dal suo atleta, è indubbio come Jacobs abbia rispedito al mittente ogni tentativo di critica e parli ancora da uomo più veloce del mondo o, comunque, da atleta che ci abbia abituato negli anni a imprese memorabili, come potrebbe essere stato Usain Bolt o, parlando di velociste in attività, le sue connazionali Elaine Thompson-Herah Shelly e Ann Fraser-Pryce che si sono divise, da oltre 10 anni, quasi tutti i titoli mondiali e olimpici su 100, 200 e staffette, oppure cambiando specialità i primatisti del mondo e campioni olimpici di asta maschile e triplo femminile, Armand Duplantis e Yulimar Rojas, che quando gareggiano lo fanno quasi sempre contro se stessi perché gli avversari lottano per il secondo posto.

La mia idea di fenomeno è legata a questo genere di atleti, contraddistinti da una continuità di risultati negli anni, a partire da quelli giovanili, mentre la sensazionalità reale di quanto realizzato da Marcell è durata esattamente le 26 ore di Tokyo quando, dapprima ha corso una batteria in totale scioltezza in 9″94, battendo il suo record italiano e poi, 24 ore dopo ha corso la semifinale arrivando terzo ma con il nuovo record europeo di 9″84 che gli è valso il ripescaggio, per poi nella finale, due ore dopo quando in tanti sono crollati di testa e di muscoli, superarsi ancora e vincere con il tempo stratosferico di 9″80, in pratica in due ore ha fatto due record europei.

Un’impresa pazzesca, oltretutto nella specialità della pista certamente più seguita a livello mediatico ma, sino a quel momento della sua carriera, quasi 27 anni, Marcell era stato solo un buon velocista, quantomeno sino alla fine del 2020, per poi ottenere nella stagione indoor 2021 un brillante titolo europeo sui 60 indoor con il record nazionale, che poi ha strappato a Tortu, all’inizio della stagione all’aperto, anche sui 100 metri, e per lui era scattata certamente una maturazione agonistica da ottimo velocista, uno tra i 10 migliori al mondo, con buone possibilità di conquistare una prestigiosa finale olimpica, l’obiettivo che tutti pensavano potesse raggiungere senza credere in niente altro di meglio.

Certo, essere fenomeni ha dei privilegi di vario genere, ma conquistarsi tale titolo presuppone una continuità di imprese clamorose e tale non può certo essere stata nemmeno la vittoria da parte di Jacobs, per pochi millesimi, del titolo mondiale indoor sui 60 metri ai danni dell’ex campione del mondo Coleman, appena rientrato da una squalifica di due anni, ma può essere considerato certamente il risultato di un ottimo velocista, sia pur con un altro record europeo di 6″41, in una disciplina al coperto peraltro poco corsa dai grandi del mondo.

Quel che è successo dopo per un motivo o per un altro, è ben noto, o quantomeno è stato scritto in maniera chiara per cui, tra critiche o giustificazioni varie, rimane il fatto che del fenomeno Jacobs quel che emerge per ora, oltre quelle straordinarie 26 ore di Tokyo, sono i vari proclami di quello che farà o che avrebbe potuto fare se…..

Credo sarebbe quindi meglio pensare, veramente per il suo bene e per la sua maturazione, che il velocista desenzanese sia per ora solo un ottimo velocista che, per una sorta di tempesta perfetta, ha vinto il titolo olimpico sui 100 metri con un grande crono, fermo restando che ha ancora davanti vari anni di carriera per dimostrare che quelle 26 ore di Tokyo non siano state solo la magia di una serata giapponese di mezza estate.

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