Alessia Trost (foto SprintAcademy)
Alessia Trost (foto SprintAcademy)

Ho conosciuto Alessia poco più di due mesi fa, nell’occasione della mia intervista al suo nuovo allenatore Roberto Vanzillotta e, devo ammettere, che sono stato molto colpito dalla sua grande solarità in quanto me la ero sempre immaginata come una ragazza molto chiusa.

Ho avuto allora l’idea, supportata dall’intraprendenza di un giovane videomaker, di realizzare e collaborare al progetto di un docufilm sportivo che potesse raccontare una giornata di un’atleta, dal risveglio sino alla sera, nella fattispecie Alessia.

Finalmente ieri abbiamo fatto la prima giornata di riprese e l’occasione è stata propizia per fare, con lei, un primo bilancio della sua nuova vita sestese/brianzola e per cercare di cogliere, dalle sue parole, le aspettative per questa nuova fondamentale stagione della sua vita agonistica.

Ale, guardandoti negli occhi, è per me facile capire che stai attraversando un periodo molto sereno. Ho avuto il privilegio, in questi primi mesi, di assistere a vari tuoi allenamenti e quel che colpisce subito è l’atmosfera di grande complicità che si è creata con Roberto Vanzillotta, il tuo nuovo allenatore. 

Lo conoscevi già prima di questa esperienza e hai voglia di raccontare qualche aneddoto su di lui?

Robi è, in effetti, una persona molto speciale. In realtà non lo conoscevo particolarmente, salvo averlo incrociato in qualche occasione perché lui allenava Chiara Vitobello.

Devo dirti che avevo un’ottima opinione di lui come tecnico, anche grazie ai racconti di Chiara, ma credevo fosse una persona molto riservata.

Conoscerlo è stata una piacevole scoperta sotto questo aspetto perché è veramente molto simpatico e riesce a creare situazioni divertenti, in ogni momento dell’allenamento, nel senso che rende facili anche i momenti di maggior impegno.

Parlando di Roberto non posso non pensare a Marco Tamberi, colui che ti ha seguito da un punto di vista tecnico per tre anni e per cui ti sei spostata, dalla tua Pordenone, ad Ancona.

La risoluzione del vostro rapporto di collaborazione è stata molto serena. Quali sono stati i motivi, però, di tale decisione?

La risposta è molto semplice nel senso che, quando mi sono trasferita, l’ho fatto con l’intento di dare una svolta alla mia carriera agonistica che si era un po’ arrestata, specie dopo l’infortunio del 2015 che mi impedì di partecipare ai Mondiali di Pechino.

Purtroppo i risultati parlano in senso negativo poiché, di fatto, pur con la conquista del bronzo ai mondiali indoor di Birmingham del 2018, non sono mai andata oltre l’1,94, in questi tre anni.

Chiaramente non si può dare una spiegazione certa a tutto questo ma quel che è scontato è il fatto che, evidentemente, non sia riuscita a recepire nel migliore dei modi, quel che Marco mi ha insegnato per cui era giusto che provassi una nuova esperienza.

Peraltro, ritengo il periodo passato ad Ancona molto positivo per una mia crescita personale, in quanto era la prima volta che mi trovavo fuori dal mio contesto nativo, dal campo di allenamento di Pordenone dove mi sono allenata per anni.

Ho imparato tante cose pratiche che, sicuramente, mi saranno molto utili e che sto mettendo in atto in questa mia nuova esperienza.

Senti Alessia, rievocando gli inizi della tua carriera, il ricordo inevitabile va a Gianfranco Chessa, il tuo storico allenatore che, purtroppo, è venuto a mancare nel luglio del 2017.

Quando nel 2016 decidesti di lasciare la sua guida tecnica ci furono una serie polemiche social, riportate poi da varie testate giornalistiche. Te la senti di raccontarmi in poche parole quel che avvenne realmente?

Quell’anno per me è stato veramente terribile e carico di tensioni di ogni genere. Avevo 23 anni, era l’anno delle mie prime Olimpiadi ed ero reduce dal brutto infortunio dell’anno prima.

Quando è iniziata la stagione agonistica devo ammettere che, per tanti motivi, ho cominciato a perdere un po’ di fiducia in Gianfranco e ho iniziato a fare quel che nessun atleta dovrebbe mai fare, vale a dire contestare determinate sue scelte tecniche.

Considera, oltretutto, che è stato anche il periodo più doloroso della mia vita, perché le condizioni di salute di mia madre stavano peggiorando e poi, alla fine di quel maledetto anno, lei è mancata.

Credo che, anche per questa situazione drammatica che stavo vivendo, ho cercato di buttare tutti i miei pensieri sull’Atletica e sulle gare, quell’anno c’erano pure gli Europei di Amsterdam, per cui credo di non essere stata totalmente trasparente, in qualche frangente, con lui e di questo mi spiace tantissimo.

Pur non avendo avuto il piacere di conoscerlo so che Gianfranco era un uomo di principi estremi per cui forse, vista anche la situazione di salute, che anche lui stava vivendo, penso possa aver vissuto particolarmente male quelle che, a mio avviso, erano tue legittime preoccupazioni da atleta.

Rimane uno splendido connubio che ha prodotto per te e l’atletica italiana ottimi risultati di cui, per ora, il più importante rimane quello di Třinec, nel 2013, quando hai superato i 2 metri. Che ricordo hai di quel giorno?

Ovviamente una memoria splendida anche se, ti devo dire la verità, non ho un ricordo nitidissimo.

Tieni conto, innanzitutto, che era uno di quei meeting che organizzano nella Repubblica Ceca, dove hanno il culto di questi tipi di manifestazioni, specie al coperto, di salto in alto.

Mi aveva molto colpito il fatto che Třinec fosse una cittadina di pochi abitanti e che, quell’evento, fosse per loro una grande occasione di festa.

Io, quel giorno, ero particolarmente tranquilla e non mi aspettavo certo quel che poi è successo al punto che ero in albergo, a riposare, dopo pranzo e a un certo punto mi sono resa conto che era tardissimo e che dovevo correre al campo dove, di fatto, ho svolto un riscaldamento più corto del solito.

E Gianfranco come ha vissuto quella indimenticabile giornata?

Credimi, il pensiero più bello, di quel pomeriggio, che mi porterò con me per tutta la vita, è stata la sua faccia euforica e la gioia che sono certo lui abbia provata. Per me questo vale tantissimo e sono felice per avergli dato questa soddisfazione che, al di la delle successive incomprensioni, spero si sia portata sempre dentro.

Nelle situazioni difficili che hai dovuto affrontare, specie da quando sei un’atleta, ci sono stati momenti in cui hai pensato di mollare tutto?

La vita è fatta, inevitabilmente, di attimi felici ma anche di drammatici per cui, credo, che la fortuna più grande che mia sia capitata sia l’amore per Albi (Alberto Gasparin), ragazzo che conosco praticamente da quando ho cominciato a fare atletica, a Pordenone, e con cui sono fidanzata da quasi 10 anni.

Lui è un mio coetaneo, che faceva salto in alto ed era arrivato a 2,15, ma poi ha preferito dedicarsi allo studio ed ora è un Ingegnere Informatico che lavora a Chiasso, vivendo a Como.

La sua costante vicinanza e la sua estrema maturità sono per me state fondamentali, specie nei momenti più complicati e puoi immaginare come, oggi, io possa essere felice di sapere che viviamo a poche decine di chilometri di distanza per cui possiamo anche vederci tutti i giorni, quando non abbiamo altri impegni.

Parlando di situazioni complicate, so che negli anni passati hai litigato abbastanza con la bilancia perché si sa che, una saltatrice in alto, deve essere particolarmente magra, anche se ovviamente piena di energia esplosiva.

Ci racconti come hai gestito e risolto questo problema?

Certo, la nostra specialità richiede di avere un peso di un certo tipo ed io, per anni, mi sono scontrata con questa realtà nel senso mi ritrovavo, specie alla ripresa dell’attività dopo la pausa di fine stagione, a fare delle diete ferree perché avevo preso, in poche settimane, 5/6 chilogrammi.

Questo era veramente molto stressante e ricordo come ci fossero delle giornate, in cui il mio pensiero principale non era l’allenamento, ma il momento in cui avrei potuto mangiare e puoi immaginare come ciò non fosse positivo.

A un certo punto ho finalmente capito che non era necessario ridursi nella condizione di dover inseguire un peso ideale, ma che la soluzione era avere un peso ideale sempre, in qualsiasi momento dell’anno, anche quando non mi allenavo.

E’ stata durissima, sono stata aiutata, ma alla fine ho trovato, ormai da un anno, il giusto equilibrio e devo dire che questo mi fa stare benissimo, non ho più bisogno di seguire nessuna dieta e mi sento anche più positiva in ogni manifestazione della mia vita.

Già, adesso vivi a Monza, luogo dove hai scelto di vivere. Allenandoti a Sesto, avresti anche potuto optare per Milano, come mai questa decisione?

Trovo che Monza sia veramente un bel posto. Io vivo in centro e, in due passi, sono nel cuore della città che è sempre molto viva in ogni giorno della settimana.

Poi è anche una località molto verde con il parco che è stupendo, per non dimenticare mai che io vengo da un piccolo centro, perché Pordenone è anche più piccola, in realtà.

In ogni caso devo dirti che Milano mi piace molto, la conosco abbastanza bene perché Albi ci ha anche vissuto per un periodo e lì abbiamo degli amici, in zona Lambrate, che andiamo spesso a trovare.

Tornando alla vita agonistica so che ritieni, giustamente, sia troppo presto per fare un primo bilancio della tua nuova esperienza. Puoi solo dirmi quali sono gli aspetti tecnici nuovi su cui stai lavorando rispetto agli ultimi anni?

La reale novità è che ho ripreso ad allenarmi in maniera più specifica sulla forza, in modo tale da poter allungare leggermente la rincorsa ed arrivare più veloce allo stacco.

In tal senso sono molto curiosa di verificare i primi risultati e, come sai, debutterò il 29 gennaio a Udine in un palazzetto che si trova a 50 chilometri da casa mia e che, ovviamente, mi ricorda tantissime esperienze del mio passato.

Cosa ti aspetti da questa prima gara?

Credo che la cosa importante siano le sensazioni che avrò. Io sono molto concentrata, determinata e, allo stesso tempo, serena e consapevole di poter fare bene ma solo l’adrenalina che da la competizione potrà dire, realmente, a che punto sono nella mia preparazione.

Dopo Udine quali saranno i tuoi impegni?

Gareggerò il 5 Febbraio a Ostrava, l’11 a Banska e poi agli italiani di Ancona. Ovviamente mi piacerebbe partecipare ai Mondiali di Nanchino, ma c’è la finale secca con sole 12 atlete, per cui non sarà semplice andarci.

E noi la seguiremo con particolare attenzione, nelle prossime settimane e vi daremo, in tempo reale, tutti gli aggiornamenti sulla sua stagione indoor.

Alessia Trost (foto SprintAcademy)
Alessia Trost (foto SprintAcademy)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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