Si è tanto parlato, specialmente da metà febbraio a metà maggio scorso, della vicenda legata al marciatore Alex Schwazer che sta scontando la sua seconda condanna per doping comminatagli nel 2016 con scadenza 2024.
In quel periodo, praticamente tutta la stampa italiana, e non solo in quanto ci sono state anche le televisioni con in particolare modo il Festival di Sanremo, ci ha inondato di servizi in merito alla grandissima ingiustizia subita dal marciatore per il presunto complotto da lui subito che gli impediva di tornare a gareggiare.
Tutto era nato da un’ordinanza di archiviazione, per il procedimento penale a carico di Schwazer per frode sportiva a seguito del doping assunto, redatta da un Giudice per le indagini preliminari di Bolzano che, pur nell’autorevolezza del ruolo da lui rivestito, non poteva avere alcun potere per interferire con la decisione presa dalla giustizia sportiva, unico organo deputato a decidere per le questioni di carattere agonistico.
Ma tanto è bastato per rilanciare definitivamente, da parte dell’atleta stesso con tutto il suo staff ma anche dalla stragrande parte della stampa italiana, la teoria del complotto internazionale che avrebbe portato, in estrema sintesi, World Athletics a WADA, la massima federazione mondiale di atletica e l’agenzia mondiale antidoping, a coalizzarsi per alterare le urine di Schwazer.
Una tesi molto poco probabile che lo stesso Giudice di Bolzano considerava solo un’ipotesi, ma le varie ricostruzioni, sempre e solamente di parte, hanno scatenato un plebiscito generale a favore del marciatore, con interventi anche di politici in Parlamento e addirittura una raccolta firme per mandarlo alle Olimpiadi, una vicenda realmente spettacolare nel senso letterale della parola.
Una comunicazione totalmente a senso unico, senza mai preoccuparsi di sentire voci contrarie a tale teoria che si è trasformata in una sorta di grandissimo tam tam generale dove chiunque, senza conoscere nulla della vicenda, si indignava per quanto un nostro atleta avesse dovuto subire.
In realtà, salvo qualche intervento poi abbastanza modificato da parte del Presidente della FIDAL Stefano Mei che, sull’onda emotiva della famosa ordinanza del Giudice di Bolzano, aveva inizialmente detto che si doveva tornare ad approfondire la questione sportiva, nessun altro addetto ai lavori si è pronunciato e, quei pochi che l’hanno fatto, sono stati totalmente ignorati allorquando hanno espresso le loro convinzioni che non fosse accaduto nulla di nuovo da giustificare tutto quel rumore mediatico.
Poi, verso fine maggio, quando l’ennesima sentenza del TAS di Losanna ha rigettato l’ultima richiesta di sospensiva della squalifica di Schawzer, si è definitivamente chiusa la questione sia pur utopistica legata alla possibilità che il marciatore potesse partecipare alle Olimpiadi, ed è calato sull’argomento il buio quasi totale, ma dobbiamo prendere atto che nessun dubbio sfiora ancora l’opinione pubblica al punto che, anche le dichiarazioni di una campionessa olimpica proprio della marcia quale Antonella Palmisano, sono passate totalmente sotto silenzio.
E’ successo oltre due settimane fa, il 2 settembre, ma abbiamo voluto aspettare per vedere se qualcuno avrebbe evidenziato le parole di Antonella e, invece, a parte un quotidiano on line di Napoli “Il Napolista”, nessuno ha commentato quanto detto dalla campionessa.
Nel pezzo a firma di Mattia Chiusano per “Repubblica“, il giornalista evidentemente in linea con la scelta editoriale del suo giornale totalmente schierato a favore del marciatore altoatesino, fa queste domande alla Palmisano con risposte che potete leggere sotto.
Chiusano: Il doping si è abbattuto sul mondo della marcia, l’Italia ha vissuto il calvario di Schwazer.
Palmisano: Ma lui per me è finito a Londra 2012.
Chiusano: Con la prima squalifica per doping? E tutto quello che è successo dopo, l’archiviazione del Gip di Bolzano che ritiene credibile l’alterazione dei campioni di urina?
Palmisano: Non mi interessa, è tempo di andare oltre, questa Olimpiade è stata mia e di Massimo Stano. Finalmente c’è uno sport pulito, medaglie pulite. Io firmo una carta etica, e la devo rispettare. Da un punto di vista umano posso perdonare, da un punto di vista sportivo lui per me è finito a Londra.”
Insomma parole molto chiare dove, pur se in maniera sintetica e solo perché tirata dentro sull’argomento, Antonella ha espresso il suo pensiero chiaro e cristallino che, poi, non può che essere il pensiero oggettivo di chi legge la storia in maniera neutrale, senza farsi condizionare minimamente dalle affermazioni di parte.