Alfio Giomi (foto Colombo/FIDAL)
Alfio Giomi (foto Colombo/FIDAL)

Di Alfio Giomi ho sempre pensato benissimo per tanti motivi a cominciare dalla prima volta in cui ne ho scoperto l’esistenza: era il luglio del 2015 e, dopo qualche anno in cui, per motivi personali, mi ero un po’ allontanato dal mondo dell’atletica, stavo rituffandomi con la passione di sempre.

L’occasione è stata la vittoria di Giovanni Galbieri nei 100 metri dei Campionati Europei under 23 di Tallinn, quando ero stato folgorato, dopo l’arrivo dell’atleta, dall’immagine televisiva che inquadrava Giomi scendere veloce dalle tribune verso il bordo dello stadio confinante con la pista per abbracciare subito il velocista.

Da allora, negli ultimi 5 anni ho avuto l’onore di conoscerlo e parlargli tante volte, scoprire vari aspetti della sua vita da Presidente, rimanere sempre colpito da quell’immane passione per l’Atletica, fondamentale per rivestire quel ruolo.

Sinceramente non so che idee possano avere i tifosi di questo sport in merito al suo massimo rappresentante, ma quel che posso garantire loro è che, nella specifica fattispecie di questa Federazione, si tratta veramente di un “grandissimo onere” inteso come una vita piena di sacrifici.

Il mondo dell’Atletica, infatti, è composto di tantissime categorie, dalle giovanili ai master, di tante discipline, dalla pista alla strada, dalla corsa campestre a quella in montagna e, solo cercare di essere presente, per dare il giusto stimolo proveniente dalla massima carica istituzionale, nelle manifestazioni nazionali principali, è un’impegno enorme.

Ma questa è sola la punta dell’iceberg di un’attività che comincia la mattina in sede FIDAL, a Roma, e finisce la sera tardi tra problematiche organizzative di ogni genere, per poi arrivare a sera distrutti e ritirarsi in una camera all’interno del centro sportivo dell’Acqua Acetosa perché, per essere sempre presenti, bisogna abbandonare la propria dimora abituale, dove si può tornare, occasionalmente, quei rarissimi fine settimana in cui non si è impegnati per qualche manifestazione puntualmente presente in calendario.

Questa, quantomeno, è stata la vita di Alfio Giomi negli ultimi 8 anni in cui ci ha messo una passione, una dedizione e un’energia spaventosa, tre caratteristiche essenziali per fare bene il Presidente.

Certo, ci vuole anche altro a cominciare da una grande esperienza a livello dirigenziale sportiva con l’opportuna conoscenza di tutte le normative in essere, ed anche in questo mi sento di affermare che Giomi abbia espletato al meglio il ruolo rivestito.

Ovviamente, quanto detto non significa che non si possa fare meglio, la perfezione certamente non esiste, ma quello che non tollero è l’ignoranza assoluta di certe critiche pretestuose mossegli da qualche parte, laddove ovviamente mi riferisco al concetto di “ignorare” totalmente la reale entità del lavoro da lui svolto.

I risultati sportivi, poi, che la massa dei tifosi analizzano alla fine, non sono sempre stati esaltanti nel corso dei suoi otto anni di mandato, ma quelli non possono certo essere imputati alla sua gestione, poiché ci sono infinite variabili che partono, in primis, dal fatto che l’atletica non è per cultura sociale/sportiva uno degli sport più seguiti e praticati in Italia, al contrario di altre parti dell’Europa e del mondo.

Peraltro bisogna anche dire che il meglio in tal senso si è visto proprio negli ultimi due/tre anni, con la nascita di promettenti talenti che proprio quest’anno, come non mai, hanno fatto presagire un futuro migliore a livello agonistico e, certamente, la presenza e l’impegno di Giomi a livello giovanile sono state fondamentali e questo non si può certo disconoscere.

Tra meno di quattro mesi, dunque, ci saranno le elezioni per la nomina di un nuovo Presidente e il mio auspicio, al di là dei programmi di ciascuno è che ci sia, in ogni candidato, l’intento di migliorare quanto fatto sinora e non di pensare che tutto vada ricostruito.

Chi impostasse la sua campagna elettorale su propositi di rifondazione e non di continuazione di una certa strada intrapresa, avrebbe a mio avviso già fallito prima ancora di cominciare.

Ho estrapolato, sotto, alcune delle dichiarazioni fatte in conferenza stampa, da Giomi, nel giorno del suo ultimo consiglio federale. Nel suo commiato tutto il meraviglioso entusiasmo che lo ha sempre contraddistinto.

Alcuni mi chiedono ‘ma chi te l’ha fatto fare?’. Io rispondo che per chi ama l’atletica non c’è niente di più bello che fare il presidente della FIDAL”.

Questi otto anni che hanno cambiato l’aspetto della atletica italiana. Sotto tutti i punti di vista, dai tesserati, al bilancio, alla partecipazione olimpica: nel 2012 erano 38, in questo momento ad andare alle Olimpiadi sarebbero in 69.

Abbiamo messo tantissima carne al fuoco. Forse anche troppe cose, tanto che diventa impossibile seguirle tutte. Ma non tornerei indietro e sono contento di consegnare tutto questo: magari, chi verrà, saprà selezionare meglio di me cosa continuare e cosa interrompere.

Abbiamo dato orizzonti nuovi all’atletica italiana. Pensate all’accoglienza che ricevono in atletica gli atleti non italiani. Pensate a come abbiamo riconosciuto le migliori prestazioni nazionali degli atleti che sono in procinto di diventare italiani.

Pensate alla rivoluzione delle corsa su strada, all’invenzione della Runcard. Le tantissime cose fatte ci hanno a volte messo anche in crisi: una federazione che passa da 170mila a 270mila tesserati qualche scotto lo paga. È chiaro che se resti dove sei è molto più semplice”.

 

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